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La tendopoli di San Ferdinando

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SAN FERDINANDO (REGGIO CALABRIA) – Un migrante proveniente dal Gambia è morto la scorsa notte in un incendio sviluppatosi nella tendopoli di San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro, dove vivono centinaia di extracomunitari. Secondo quanto si è appreso, il rogo, che ha distrutto due baracche, si sarebbe sviluppato in seguito ad un fuoco acceso in una delle baracche da qualcuno tra i migranti per riscaldarsi dal freddo della notte. 

Souaro Jaiteh

La vittima è morta carbonizzata. Si tratta di Souaro Jaiteh (nella foto a lato), diciottenne che prima viveva nel centro Sprar di Gioiosa Jonica. Il giovane, dunque, non abitava nella tendopoli ed era in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Ieri era andato a trovare degli amici nella tendopoli di San Ferdinando e vi era rimasto a dormire. Probabilmente, secondo i soccorritori, l’uomo stava dormendo in una delle due baracche distrutte dal fuoco e non si è accorto delle fiamme che divampavano. Il rogo è stato spento dai vigili del fuoco che stazionano nella zona e dagli stessi migranti. Sul posto sono intervenuti carabinieri, polizia e guardia di finanza.

Dopo l’incendio, c’è stata tensione tra i circa mille migranti che vivono nella tendopoli di San Ferdinando. Nel Comune di San Ferdinando si è svolta una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e sicurezza pubblica di Reggio Calabria, convocata dal prefetto, Michele di Bari, per fare il punto sulla situazione.

L’unico segno rimasto della tensione di stamattina sono alcuni cassonetti rovesciati all’ingresso del campo. Una cinquantina di migranti, a conclusione dell’incontro che hanno avuto insieme a sindacalisti della Flai Cgil col Prefetto di Reggio Calabria dopo la riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, sono rientrati senza problemi nella tendopoli.

Le testimonianze ed i dubbi

Il fratello della vittima ha dichiarato: «Era venuto in Italia un anno fa. La sua ambizione era studiare. E adesso non c’è più». Soumbu ha gli occhi gonfi e arrossati, segno delle lacrime versate per la morte del fratello. Non ha molta voglia di parlare all’uscita dalla tendopoli. A fargli forza gli amici del fratello che gli sono vicini. Lui vive a Catania ed è arrivato in Calabria dopo avere saputo della tragedia.

Hanno un sospetto, invece, gli amici di Souaro Jaiteh, rispetto all’ipotesi che l’incendio in cui é morto il giovane possa non essere stato accidentale. «Ieri sera – raccontano due di loro – due persone che vivono nel campo sono venute a cercarlo. Quando è stato chiesto loro perché, hanno risposto: ‘niente, nientè, e se ne sono andati. Poco dopo è scoppiato l’incendio». I loro dubbi i migranti hanno intenzione di manifestarli anche alle forze dell’ordine. «Adesso andiamo a parlare con la polizia» dicono, e se ne vanno. Dubbi anche sul fatto che il giovane non si trovasse nel centro, considerato che fosse minorenne e non aveva ancora compiuto i 18 anni.

Vertice in Comune

Il prefetto ha sottolineato che «è indubbio che il percorso messo in campo con tutti i soggetti interessati ha fatto registrare passi in avanti, ma non ancora esaustivi, poiché l’obiettivo finale è lo smantellamento della baraccopoli».

«In tal senso, come ribadito nel corso dell’odierna riunione del Comitato provinciale per l’Ordine e la sicurezza pubblica – ha aggiunto di Bari – non si può che continuare nell’attuazione delle azioni che sono state più volte esaminate e approfondite in Prefettura».

Nel corso della riunione del Comitato provinciale, «si è preso atto che il numero dei migranti nella struttura è drasticamente diminuito grazie ai controlli ed ai servizi continui delle forze di polizia. Alcune delle strutture abusive, inoltre, sono state demolite nel corso del tempo». É quanto si afferma nel comunicato diramato dalla Prefettura di Reggio Calabria a conclusione del Comitato.

«Durante i numerosi incontri tenutisi in Prefettura, ed anche nel corso del Tavolo permanente appositamente istituito – si aggiunge – è stata presa in considerazione la possibilità di trasferire gli immigrati presenti nella baraccopoli in un altro sito da allestire con strutture temporanee per l’accoglienza. In tale ottica, concretamene perseguita, è stata avanzata l’ipotesi di utilizzare un’area alternativa a quella attualmente occupata e, al riguardo, si attendono le verifiche previste sull’individuazione di un sito idoneo».

«Sempre nella direzione di individuare idonee soluzioni alloggiative – é detto ancora nella nota – era stata reperita una sistemazione in ambito Sprar per un considerevole numero di migranti beneficiari di protezione internazionale, i quali, tuttavia, inseriti nella banca dati al fine di provvedere alla notifica del provvedimento, non sono stati rintracciati». 

Il precedente nella tendopoli

Nel gennaio 2018, un altro rogo aveva distrutto circa 200 baracche uccidendo Becky Moses, una donna nigeriana di 26 anni. Il rogo della notte scorsa è divampato nonostante sulla zona stesse piovendo. Le baracche, costruite ad alcune centinaia di metri dalla tendopoli “ufficiale» in cui vivono altri 800 migranti, sono adesso in mezzo al fango. Una situazione che crea tensione tra i migranti che annualmente, in questo periodo, arrivano nella piana di Gioia Tauro per cercare lavoro nei campi per la raccolta di agrumi.

Il cordoglio di Oliverio

Il presidente della Regione, Mario Oliverio, ha espresso il proprio cordoglio per «una giovane vita distrutta. La tendopoli della morte continua a seminare vittime innocenti mentre viene assurdamente sancita la fine dei progetti Sprar e liquidata una esperienza come quella di Riace che costituisce un esempio concreto di accoglienza e di integrazione civile. La morte del giovane Suruwa – ha aggiunto – impone una netta inversione di rotta. La baraccopoli della morte e della mortificazione della vita deve essere smantellata. Il Governo, il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, assumano immediate iniziative per soluzioni adeguate ad una accoglienza degna di un Paese Civile».

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