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Domenico Lucano

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REGGIO CALABRIA – Il tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha parzialmente accolto il ricorso della difesa di Mimmo Lucano pur confermando però la sussistenza dell’impianto accusatorio. I giudici, infatti, hanno attenuato la misura cautelare disposta nei confronti del sindaco di Riace revocando gli arresti domiciliari e applicando la misura del divieto di dimora così come era stato inizialmente disposto nei confronti della moglie. Il divieto di dimora presuppone che adesso il sindaco dovrà lasciare Riace fissando la propria dimora nel territorio di un altro comune.

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«Riace rappresenta un’idea che va contro la civiltà della barbarie. Anche senza contributi pubblici andiamo avanti lo stesso, da soli, perché negli anni abbiamo costruito dei supporti all’integrazione che oggi fanno la differenza. Faremo non uno Sprar ma un’accoglienza spontanea così com’era cominciata, senza soldi pubblici. Voglio trasmettere questo messaggio al Governo, vogliamo uscire dallo Sprar. Faremo ricorso al Tar come fatto morale». Nel corso del pomeriggio il sindaco di Riace Domenico Lucano ha ribadito la propria posizione: non molla e rilancia rispetto al “modello” di accoglienza dei migranti a Riace. 

Un impegno ribadito con forza all’uscita dal Palazzo di giustizia di Reggio Calabria dopo l’udienza del Tribunale del riesame che ha deciso di revocare gli arresti domiciliari ai quali si trovava dal 2 ottobre scorso disponendo il divieto di dimora.

«Riace – ha detto Lucano – rappresenta un’idea che va contro la civiltà della barbarie. Anche senza contributi pubblici andiamo avanti lo stesso, da soli, perché negli anni abbiamo costruito dei supporti all’integrazione che oggi fanno la differenza». La chiusura dello Sprar, decisa dal ministero dell’Interno e la conseguente possibilità che i migranti che vivono a Riace – alcuni da anni – se ne possano andare, non lo spaventa. 

«Voglio trasmettere questo messaggio – dice – al Governo: vogliamo uscire dallo Sprar. Lo voglio io come volontà politica. Non voglio avere a che fare con chi non ha fiducia e con questo Governo che spesso non rispetta i diritti umani». Su come andare avanti senza i soldi del Viminale, Lucano un’idea ce l’ha già. E si tratta di puntare sui laboratori artigiani avviati in questi anni dai migranti che si sono stabiliti in paese e sul frantoio. Rendere produttive, in definitiva, le attività di un borgo ormai conosciuto in tutto il mondo. In sintesi, spiega Lucano, fare un’accoglienza spontanea «così com’era cominciata» nel 1998 con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan.

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DELL’ACCOGLIENZA DOMENICO (MIMMO) LUCANO

Per poter proseguire nella sua opera di integrazione, però, Mimmo Lucano ha la necessità di essere libero. Lui, al termine dell’udienza si è detto fiducioso, ma i giudici del riesame hanno confermato la sussistenza degli indizi pur attenuando la misura cautelare. Alla loro attenzione, tra l’altro, non c’era solo il ricorso dei difensori di Lucano, ma anche quello della Procura di Locri che, al contrario, chiedeva un aggravamento delle contestazioni mosse al sindaco ora sospeso di Riace.

Il gip di Locri infatti, nella sua ordinanza di custodia cautelare, ha contestato i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, lasciando cadere le accuse più gravi mosse dai pm: associazione a delinquere, concussione, truffa aggravata, abuso e malversazione. «Penso che l’udienza sia andata bene», era la sensazione manifestata da Lucano all’uscita dall’aula. Per lui è «talmente distante quello che ha detto l’avvocato da quello che ha detto il pm», che essere fiducioso è scontato, «se esiste un diritto».

In serata, alcune centinaia di persone hanno manifestato solidarietà e vicinanza al sindaco di Riace Domenico Mimmo Lucano, partecipando ad un sit in in piazza Italia a Reggio Calabria, davanti la Prefettura. Fanno parte di un coordinamento di associazioni e movimenti che sostengono l’esperienza di integrazione ed ospitalità messi in atto a Riace.

«Mimmo Lucano è un obiettore di coscienza, non un criminale», lo slogan più gridato dai manifestanti. «Reo soltanto – è stato detto nel corso della manifestazione – di aver cercato di interpretare i valori della Costituzione e della solidarietà nel piccolo centro dell’Aspromonte Orientale».

La manifestazione era stata inizialmente convocata nell’area del Cedir, sede della Procura, della Dda e del tribunale ma la Questura ha disposto il divieto di qualsiasi iniziativa.

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