L'operazione dei carabinieri
6 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno portato a termine un’operazione notificando un provvedimento di fermo emesso dalla Dda nei confronti di appartenenti alla cosca Alvaro di Sinopoli, accusati di associazione di tipo mafioso, estorsione, truffa aggravata, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.
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Tra i fermati c’è anche un sindaco di un Comune aspromontano e due imprenditori. Nell’operazione denominata “Iris” è coinvolto il sindaco di Delianuova, Francesco Rossi, eletto tre anni fa a capo di una lista civica. Complessivamente le persone fermate sono 18.
SCHEDA: I NOMI DELLE PERSONE FERMATE E LE AZIENDE SEQUESTRATE
Rossi è accusato di associazione mafiosa. Secondo gli investigatori sarebbe stato a tutti gli effetti partecipe della cosca le cui principali attività di arricchimento illecito sarebbero state legate ad appalti per lavori pubblici. L’indagine ha permesso di evidenziare il ruolo egemone della famiglia Alvaro nell’area ricompresa tra i comuni di Oppido Mamertina, Sinopoli, Delianuova e Cosoleto.
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L’operazione ha permesso di scoprire anche il luogo dove si svolgevano i summit di ‘ndrangheta, ricostruendo anche l’organigramma del potente clan (LEGGI TUTTI I PARTICOLARI). Inoltre è stato scoperto che c’era un accordo fra la cosca Alvaro ed un candidato alle elezioni regionali del 2014, ma il referente del clan non fu eletto, nonostante l’appoggio della “famiglia”. Gli uomini dell’Arma hanno captato le conversazioni fra i sodali del clan da cui emergerebbero l’esistenza del patto con l’aspirante consigliere regionale e la delusione per la sua mancata elezione. L’uomo e’ fra gli indagati, ma non fra i destinatari dei provvedimenti di fermo ordinati dalla Dda reggina.
Dalle estorsioni agli appalti pubblici
L’indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo ha permesso di documentare gli interessi criminali della cosca “ALVARO” e di quelle che con esse si sono accordate. È il caso, in particolare, della riscossione del “pizzo” per i “lavori di difesa costiera tra Cannitello e Santa Trada ed in particolare in difesa del centro abitato di Porticello” nel comune di Villa San Giovanni, bandito dalla Provincia per un importo complessivo pari a 1,7 milioni di euro, per la ricarica della barriera soffolta già esistente e la realizzazione di nuovi tratti a protezione dell’abitato, particolarmente esposto alle mareggiate e al fenomeno erosivo della costa.
Aspetto di particolare valenza investigativa è il documentato accordo tra diverse compagini ‘ndranghetiste: i soldi dell’estorsione sono infatti spartiti tra famiglie mafiose che si estendono su un territorio vasto che va da Sinopoli, passando per Villa San Giovanni fino a raggiungere Archi di Reggio Calabria. protagonista della vicenda è Domenico Calabrese – già coinvolto nell’indagine “Sansone”, uomo inserito nella cosca “Zito Bertuca” ma vicino agli Alvaro – che, in qualità di diretto esecutore delle disposizioni impartite da Raffaele Alvaro, per conto di Carmine Alvaro “u pulice”, ha riscosso i proventi dell’estorsione ai danni della ditta aggiudicataria dell’appalto provinciale e ne ha consegnato materialmente quota parte proprio alle “famiglie” di Sinopoli e di Archi.
L’episodio, però, che maggiormente testimonia la capacità di infiltrazione della cosca Alvaro è quello inerente i lavori di realizzazione dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi, opera pubblica di interesse nazionale in ragione della finalità di garantire la sicurezza della connessione della rete elettrica siciliana a quella peninsulare per ridurre il rischio di black out in Sicilia, incrementando la capacità di trasporto tra la Sicilia e il continente.
In questo caso, le mire imprenditoriali del sodalizio criminale sono state estremamente pervasive e rivolte direttamente ai settori più remunerativi – movimento terra, trasporto, fornitura di inerti, mezzi e manodopera – arrivando ad assicurare il controllo del cantiere ed ottenendo introiti diretti e indiretti, attraverso le ditte riconducibili al sodalizio, incaricate delle varie forniture e dei numerosi noli.
L’indagine ha evidenziato l’esistenza di un vero e proprio “accordo” tra la Roda Spa, impresa aggiudicatrice dei contratti da Terna Spa, e alcune ditte di Sinopoli, Sant’Eufemia e San Procopio, tutte collegate o riconducibili agli Alvaro. Emissari della cosca sono due imprenditori, Saverio Napoli (amministratore di fatto della impresa della ditta Costruzioni Flores Eufemia srl) e Rocco Rugnetta (amministratore di fatto della RR Appalti & Costruzioni srl), che hanno tenuto i contatti con i rappresentanti della Roda Spa e hanno materialmente imposto le ditte subappaltatrici, i fornitori di ferro e calcestruzzo e i servizi di cantiere in genere, assegnati, su disposizione del clan, a ditte “gradite” e ovviamente a prezzi e condizioni più sfavorevoli rispetto a quelli di mercato.
In particolare, Rugnetta assume il ruolo di garante della “sicurezza ambientale”, “proteggendo” le ditte Terna e Roda – rispettivamente committente e appaltatrice – da danneggiamenti o intimidazioni; ma è anche il “mediatore” con la pubblica amministrazione per la risoluzione di problematiche legate a violazioni di carattere amministrativo riscontrate dal Comune di Sinopoli nel cantiere, intervenendo e, in definitiva, facendo distruggere i relativi verbali di accertamento e contestazione di alcune infrazioni elevate a carico della Roda Spa.
A conferma dell’elevata caratura criminale raggiunta dagli Alvaro è il dato relativo alla totale assenza, nel corso dei lavori relativi all’appalto, di episodi di danneggiamento e atti intimidatori; aspetto, quest’ultimo, tanto più emblematico in considerazione dell’alta densità mafiosa dell’ampio contesto territoriale interessato dall’appalto. In più occasioni sono le ditte del territorio a rivolgersi agli Alvaro per chiedere di essere incluse nelle imprese interessate dalle forniture di beni e servizi, così riconoscendo di fatto alla ‘ndrangheta il potere di regolamentazione dell’accesso ai subcontratti e, più in generale, il controllo sulle attività economico-produttive nei territori in cui insiste la realizzazione dell’opera pubblica.
I legami nei Comuni della zona
Le indagini hanno documentato la capacità degli Alvaro di influenzare le scelte della pubblica amministrazione, in relazione all’attività dei Comuni di Sinopoli e, soprattutto, di Delianuova.
A Sinopoli il riferimento è legato all’intervento di Rocco Rugnetta per la distruzione dei verbali di contestazione elevati alla ditta impegnata nella realizzazione dell’elettrodotto, mentre a Delianuova, centrale si rivela la figura di Francesco Rossi, all’epoca vicesindaco e assessore ai lavori pubblici (oggi sindaco di Delianuova e consigliere della Città Metropolitana di Reggio Calabria), anch’egli tra i frequentatori della “casetta” di contrada Scifà.
In particolare, nell’ottobre 2013 partecipava ad una riunione in cui affrontava con gli Alvaro, in un clima di piena sintonia e unità di intenti con i vertici del sodalizio, questioni relative agli appalti e finanziamenti pubblici e, più in generale, a problematiche del centro urbano di Delianuova su cui la cosca esercitava la propria influenza mafiosa. Rossi aveva richiesto un intervento degli Alvaro su alcuni soggetti che ostacolavano la sua gestione amministrativa adducendo presunte violazioni dei patti pre-elettorali da parte di Rossi nella definizione del piano regolatore comunale e della lottizzazione della zona di Carmelia, per condurre alla caduta del governo locale nel tentativo di porsi poi in prima persona alla guida di quella amministrazione comunale.
Rossi, in pratica, aveva deciso di portare sul tavolo dei suoi interlocutori mafiosi le diverse questioni che avevano generato gli attriti in seno all’amministrazione comunale, affinché le figure apicali della cosca si esprimessero nel merito, rinnovando il sostegno a Rossi e interrompendo le condotte ostruzionistiche dei suoi oppositori. In definitiva, l’allora vicesindaco e assessore Rossi ha incarnato il ruolo di referente politico della cosca Alvaro in seno all’amministrazione comunale di Delianuova, “collocato” nella carica pubblica dalla ‘ndrangheta per farne gli interessi.
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