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Parte del denaro confiscato

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REGGIO CALABRIA – Una nuova maxi confisca da oltre 2,5 milioni di euro è stato messo a segno dalla Finanza nei confronti di un imprenditore ritenuto contiguo alla ‘ndrangheta. I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, coordinati dalla Procura della Repubblica diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno, infatti eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, che dispone la confisca del patrimonio stimato in circa 2,5 milioni di euro riconducibile a Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, già Sorvegliato Speciale e «ritenuto intraneo alla cosca di ‘ndrangheta reggina “Rosmini”, egemone nei quartieri Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra di Reggio Calabria».

Il provvedimento «trae origine – spiega una nota della Finanza – dalle attività investigative eseguite nell’ambito dell’operazione “Araba Fenice”, condotta dal Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria di Reggio Calabria e conclusa nel 2013 con l’esecuzione di 47 provvedimenti restrittivi personali, nonché reali su 14 imprese e società, unità immobiliari, terreni, autoveicoli e conti correnti bancari per un totale di circa 90 milioni di euro».

In questo contesto «Liuzzo è stato destinatario di misura cautelare personale, poiché ritenuto responsabile, tra l’altro, di associazione per delinquere di tipo mafioso. Le indagini esperite avevano confermato l’appartenenza di Liuzzo, alla ‘ndrangheta reggina per conto della quale aveva curato gli illeciti interessi economici, circostanza confermata anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, con particolare riferimento a quelli nel settore dell’edilizia privata. Nel dettaglio, aveva coordinato la “equa” spartizione mafiosa dei lavori di completamento di un complesso immobiliare costruito nel quartiere reggino di Ravagnese, nonché partecipato al summit relativo alla spartizione e conseguente assegnazione dei lavori alle imprese riconducibili alle famiglie di ‘ndrangheta dei “Condello”, “Rosmini”, “Ficareddi”, “Ficara-Latella”, “Nicolò-Serraino”, “Fontana-Saraceno” e “Musolino”».

Successivamente si è svolta una indagine da parte del Gico «volta all’individuazione dei beni riconducibili a Luzzo al cui esito, nel 2017 (LEGGI LA NOTIZIA), la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della DDA, disponeva la misura cautelare del sequestro sul patrimonio illecitamente accumulato dal proposto».

La Finanza, quindi, avrebbe accertato «la notevole sproporzione degli investimenti rispetto alle risorse lecite, nella formazione del patrimonio a loro riconducibile. Le investigazioni a carattere patrimoniale hanno consentito, altresì, di acquisire concreti e solidi elementi in ordine alla volontaria e consapevole intestazione fittizia di beni (imprese, fabbricati, terreni e autovetture) riconducibili a Liuzzo, reale dominus, ma formalmente attribuiti a soggetti terzi».

A conclusione delle indagini è stata disposta la confisca del patrimonio pari a 2,5 milioni di euro «costituito da un’impresa individuale esercente l’attività di commercio all’ingrosso di materiale da costruzione, 6 immobili, 2 veicoli, rapporti bancari/assicurativi e disponibilità finanziarie (di importo complessivo superiore a 110.000 euro)». 

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