Alcuni dei contanti sequestrati nell'operazione
4 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – Militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Reggio Calabria e dello Scico, il Servizio centrale investigazioni criminalità organizzata, ha eseguito, su ordine della Procura antimafia reggina, «il sequestro dell’ingente patrimonio riconducibile a primari imprenditori della Piana, operanti nel settore degli appalti pubblici».
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In un comunicato la guardia di finanza di Reggio Calabria si evidenzia che «nel corso degli anni gli imprenditori destinatari del provvedimento avevano accumulato la loro fortuna imprenditoriale grazie all’abbraccio affaristico e di interesse con la maggiore cosca di ‘ndrangheta del mandamento tirrenico, quella dei Piromalli».
Gli appalti “truccati”
Secondo le indagini, gare per appalti pubblici sarebbero state alterate grazie anche alla “complicità sistematica di dipendenti infedeli delle due stazioni appaltanti, con modalità di alterazione delle gare che mutavano a seconda della stazione appaltante coinvolta”.
Gli appalti erano banditi, in particolare, dalla Stazione unica appaltante di Reggio Calabria e dalla Sorical Spa di Catanzaro, la società che gestisce il servizio idrico integrato della Calabria. Era questa la potenza criminale delle società riconducibili a Giuseppe Bagalà, 61 anni, e Carmelo Bagalà, 59, a cui la guardia di finanza del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata ha sequestrato beni per un valore che si attesta intorno ai 115 milioni di euro.
Secondo l’accusa, ai due fratelli Bagalà si aggiungerebbero anche gli altri congiunti a cui sono riconducibili i beni sequestrati: Francesco Bagalà, 28 anni, Luigi Bagalà, 71, Francesco Bagalà, 41. Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri. Il patrimonio sequestrato è costituito da imprese commerciali, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie.
In particolare, è stato disposto il sequestro di cinque imprese commerciali che operano nel settore della realizzazione di grandi opere edili e infrastrutture; quote societarie relative a sei imprese; 161 immobili (fabbricati e terreni); sette autovetture e beni di lusso, tra cui quattro orologi; rapporti finanziari e assicurativi, nonché disponibilità finanziarie.
I legami con le cosche
Imprenditori i cui profili criminali sarebbero emersi nel corso di diverse operazioni di polizia condotte negli ultimi anni a Reggio Calabria. E’ questo il profilo degli esponenti della famiglia Bagalà, imprenditori con diverse società impegnate nella gestione di appalti pubblici a cui sono stati sequestrati beni per un ammontare complessivo di circa 115 milioni di euro.
Tra le operazioni che evidenziano il profilo criminale di questi imprenditori, c’è l’operazione “Ceralacca”, conclusa tra il 2012 e il 2014 con 25 provvedimenti restrittivi personali nei confronti di soggetti ritenuti responsabili dei reati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio. Tra queste persone ci sono anche Giuseppe Baglà, 61 anni, e Francesco Bagalà, 28, nonché di provvedimenti cautelari reali su 15 imprese, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore stimato in circa 48 milioni di euro. Nell’ambito delle indagini si riteneva che il gruppo criminale guidato dai fratelli Bagalà, insieme ai rispettivi figli, avesse alterato numerose gare indette sia dalla Suap di Reggio Calabria che dalla Sorical Spa di Catanzaro.
Nel 2017 l’operazione “Cumbertazione” ha permesso di contestare i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’art. 7 L. 203/1991, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in atti pubblici, tra cui gli esponenti del gruppo Bagalà, con provvedimenti reali cautelari su 44 aziende, per un valore complessivo pari a 224 milioni di euro.
L’operazione ha permesso di svelare i legami di gruppi imprenditoriali di Gioia Tauro (in particolare, collegati alla famiglia Bagalà) con l’articolazione di ‘ndrangheta dei Piromalli, operativa nel relativo territorio. In particolare, attraverso questi rapporti, sarebbe stato acquisito il controllo del settore degli appalti indetti dal Comune di Gioia Tauro e da quelli limitrofi, nonché da altri enti quali l’Anas Spa. Infine, l’operazione “Martingala” ha permesso di ricostruire reati quali associazione mafiosa, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, con l’aggravante, per alcuni di essi, del metodo mafioso.
Nell’operazione furono coinvolti Giuseppe Bagalà, 61 anni, e Francesco Bagalà, 28, facendo emergere anche rapporti con esponenti delle cosche di Platì e San Luca.
Secondo quanto emerso, dunque, il tribunale ha evidenziato: “A fronte di rapporti consolidati nel tempo ed intrapresi dai soggetti storici della famiglia Bagalà, Giuseppe e Luigi, con i vertici del clan Piromalli, su cui hanno in modo convergente riferito tutti i collaboratori, l’attività imprenditoriale del proposto e prima di lui del padre Luigi, forte di tale indissolubile legame sedimentato nel tempo è risultata certamente funzionale alle finalità associative di monopolio economico del territorio nel settore delle pubbliche commesse, assumendo il rapporto con la cosca un carattere biunivoco stabile, continuativo e fortemente personalizzato”.
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