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Giuseppe Cosentino

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PALMI (REGGIO CALABRIA) – Con il coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi, militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di 8 persone.

L’operazione, denominata “Money gate”, ha portato anche ad un sequestro di beni per quattro milioni di euro. Le indagini, secondo quanto riferisce la Guardia di finanza, hanno portato alla luce un’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita di ingenti somme di denaro ai danni di una società del settore import/export.

L’arresto di Cosentino e della figlia

Tra le persone coinvolte ci sono anche il presidente del Catanzaro Calcio, Giuseppe Cosentino, e sua figlia Ambra, posti agli arresti domiciliari in esecuzione di ordinanza emessa dal Gip di Palmi. Cosentino è accusato di appropriazione indebita e di reati tributari mentre la figlia e gli altri 2 arrestati, dipendenti della società di import-export dell’imprenditore, sono accusati di riciclaggio. Per l’accusa avrebbero trasferito in Svizzera ingenti somme di denaro. L’operazione ha portato anche al sequestro di beni per 4 milioni di euro. Il Catanzaro Calcio, secondo quanto si è appreso, è estraneo ai fatti di riciclaggio.

La notizia del coinvolgimento del presidente, arriva a poche ore dalla vittoria nei play out che hanno decretato la salvezza del Catanzaro nel campionato di Lega Pro (LEGGI), determinando così nuove ombre sul futuro della squadra giallorossa. 

L’illecito del Catanzaro calcio

Nel fascicolo sarebbe anche citato un presunto caso di illecito sportivo risalente al 2013 che riguarda il Catanzaro Calcio, accertato dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria nel corso delle indagini che hanno portato all’arresto del presidente Cosentino.

LEGGI I PARTICOLARI SUL PRESUNTO ILLECITO

L’illecito è emerso casualmente nel corso dell’inchiesta che non ha per oggetto il Catanzaro Calcio, estraneo alle vicende di riciclaggio contestate agli indagati. Il fatto viene considerato marginale dagli investigatori per quanto riguarda l’inchiesta ma, secondo quanto si è appreso, sarà comunque segnalato alla Procura della Figc.

I reati con la Gicos

 Secondo quanto avrebbero accertato i militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria, coordinati dalla Procura della Repubblica di Palmi, il provvedimento eseguito oggi scaturisce dall’avvio, nel giugno del 2011, di una verifica fiscale da parte dei militari del Nucleo di polizia tributaria di Reggio Calabria nei confronti della “Gicos”, nel cui ambito erano emerse numerose irregolarità in relazione alla presenza di anomale transazioni finanziarie verso l’estero nonché ad un ingente utilizzo di denaro contante. Le conseguenti attività investigative, condotte sotto la direzione della Procura della Repubblica di Palmi ed esperite attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche, acquisizione di documentazione bancaria e fiscale, escussione di persone informate sui fatti, attività di perquisizione e sequestro nonché mediante rogatorie internazionali, hanno accertato l’esistenza di un’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione dei reati di appropriazione indebita, di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, di dichiarazione infedele, nonché di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

È stata inoltre accertata, a vario titolo, la commissione di ulteriori delitti di riciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte, tra gli altri, della stessa moglie del Cosentino, Francesca Muscatelli, di due cittadini elvetici, amministratori di società fiduciarie svizzere e di alcuni rappresentanti legali di imprese commerciali che hanno emesso fatture false. Nel dettaglio, Cosentino, nella qualità di rappresentante legale della ”Gicos Import-Export Srl”, si avvaleva di sistemi collaudati per realizzare reati di natura fiscale (utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti ed altro) ed appropriarsi indebitamente in danno della compagine societaria e dei creditori della società, di ingentissime somme di denaro, ammontanti a 8.873.664,56 euro, accumulate nel corso degli anni attraverso i seguenti meccanismi: versamenti e depositi di denaro contante su conti correnti svizzeri, derivanti da vendite in nero e da utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. In particolare è emerso che la Gicos, negli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008 si è avvalsa di fatture false per quasi 2 milioni di euro.

La maggior parte di dette fatture sono state emesse da una società con sede negli Stati Uniti che ha effettivamente ricevuto i pagamenti dovuti. Gli accertamenti hanno tuttavia dimostrato che pochi giorni dopo l’avvenuto accredito delle somme, le stesse venivano restituite (trattenendo una percentuale intorno al 5%) con bonifico su una serie di conti correnti in Svizzera intestati a società con sede in paradisi fiscali (Isole Vergini Britanniche, Panama, ecc.) di fatto riconducibili al Cosentino.

Le stesse somme sono state trasferite inoltre su ulteriori conti correnti svizzeri intestati a società estere riferibili sempre a Cosentino, ovvero trasferiti su conti correnti cifrati; proventi derivanti da “vendite in nero”, fatti transitare sui conti correnti aperti da dipendenti della Gicos al fine di essere prelevati in contanti (prevalentemente con banconote da 500 euro), successivamente versati sui conti correnti personali di Cosentino e dei suoi familiari, o depositati in cassette di sicurezza intestate a Cosentino e alla figlia Ambra e trasferiti in Svizzera su conti riconducibili all’imprenditore. In particolare, è stato accertato che la Gicos ometteva di fatturare una quota parte dei propri ricavi e faceva confluire i relativi pagamenti sui conti correnti intestati ai propri dipendenti. Questi ultimi, successivamente, emettevano assegni a favore di ulteriori dipendenti, che, infine, li incassavano in contanti. 

Milioni di euro e scudo fiscale

Poco meno di nove milioni di euro transitati verso i paradisi fiscali di Panama e Hong Kong, e rientrati successivamente in una banca di Lugano dentro conti cifrati. E quando non bastavano le triangolazioni, si ricorreva al classico “spallone” per convogliare il danaro liquido verso la Svizzera. Sono queste le attività della Gicos import-export srl ricostruite nell’indagine.

L’operazione ha coinvolto altre quindici persone, tra le quali un broker di Como, Stefano Noschese, il cui studio professionale sarebbe servito ai Cosentino per riciclare il danaro occultato alle verifiche fiscali e ricollocarlo all’estero. Una quota dei capitali riciclati, infatti, come accertato dalle Fiamme Gialle, era stata ripulita da una società finanziaria con sede nel Wyoming, negli Usa, e da lì riversata successivamente in Svizzera, operazione costata ai Cosentino il 5% del capitale investito.

«E’ un’indagine – ha detto Sferlazza – scaturita da un lavoro minuzioso condotto dalla Guardia di finanza e coordinato dal pm Gianluca Gelso. Emerge un quadro indiziario di appropriazione indebita per somme ingenti sottratte alle attività sociali della Gicos dai Cosentino, che finivano alle dirette disponibilità della famiglia. Il denaro in ‘nerò proveniva da passivi di bilancio inesistenti e fatturazioni di comodo, soldi che passavano in taluni casi anche dai conti privati dei dipendenti della società, i quali, dopo gli incassi, riversavano ai Cosentino le somme finite sui loro conti. Utilizzando lo “scudo fiscale ter” – ha rilevato Sferlazza – i Cosentino avevano condonato circa sette milioni di euro depositati su conti a Panama, Nassau e Lugano. Pur non riscontrando le indagini alcun nesso con la criminalità il contrasto alla criminalità economica si conferma come un avamposto efficace utile anche a combattere le mafie».

Il comandante regionale della Guardia di Finanza, gen. Gianluigi Miglioli, ha parlato di «mezzi di evasione fiscale raffinati, i cui fili sono tirati da personaggi in grado di muoversi su scenari internazionali senza difficoltà». Per il comandante provinciale, gen. Alessandro Barbera, «l’operazione coglie anche il senso comune dell’opinione pubblica sul tema dell’evasione fiscale».

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