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REGGIO CALABRIA – Blitz dei finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria e dei colleghi del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) di Roma, coordinati della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria diretta dal procuratore Federico Cafiero De Raho. I militari hanno dato esecuzione a due provvedimenti emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, che dispongono l’applicazione da misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 5,5 milioni di euro.

In particolare, si tratta dei beni che sono direttamente intestati o indirettamente riconducibili a Francesco Gattuso e Demetrio Meniti. Complessivamente i sigilli sono stati posti su imprese commerciali, 2 edifici (composti complessivamente da 14 unità immobiliari – di cui 10 adibite ad abitazione e 4 a deposito commerciale), 2 fabbricati in costruzione, 9 terreni, nonché 4 polizze e 66 rapporti bancari.

I due soggetti erano stati coinvolti nelle indagini legate all’operazione “Crimine” (LEGGI I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE CRIMINE E DEI SUCCESSIVI PROCESSI NEL FASCICOLO AD AGGIORNAMENTO DINAMICO) in forza delle quali, nel corso del 2010, entrambi erano stati arrestati in esecuzione di misura cautelare personale, poiché ritenuti responsabili, unitamente ad altre 119 persone di associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto partecipi alla “locale” di ‘ndrangheta operante nelle frazioni del capoluogo reggino di “Croce Valanidi – Oliveto – Trunca – Allai”.

Nel dettaglio, Francesco Gattuso «è indicato – spiegano i finanzieri – quale personaggio di altissimo livello della “Società Maggiore” della ‘ndrangheta, con il ruolo di direttore e organizzatore della “locale” e con il potere di attribuire le cosiddette “doti di ‘ndrangheta”».

In esito a tali attività, veniva delegata dalla Dda di Reggio Calabria. Una indagine a carattere patrimoniale volta all’individuazione, ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione, del patrimonio riconducibile ai due soggetti.

Al termine delle indagini, condotte dalla Guardia di Finanza attraverso la ricostruzione e l’analisi delle transazioni economiche e finanziarie operate negli ultimi trent’anni dai due imputati, dalle società a loro riconducibili e dai rispettivi nuclei familiari, sono stati individuati dei patrimoni il cui valore «era decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale dichiarata ai fini delle imposte sui redditi. Nell’occasione –  proseguono i militari – si è altresì proceduto ad indicare le fonti illecite dalle quali i proposti avevano tratto le risorse per la loro acquisizione».

Alla luce delle indagini, «che hanno altresì evidenziato, ai sensi della normativa antimafia, la pericolosità sociale “qualificata” dall’appartenenza ad un’associazione mafiosa di entrambi i proposti già condannati per associazione di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.)» e su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro di prevenzione di beni immobili, attività commerciali nonché disponibilità finanziarie riconducibili ai due soggetti».

Quanto sequestrato è stato affidato alla gestione di amministratori giudiziari appositamente nominati dal Tribunalee

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