Antonino Pesce
3 minuti per la letturaCOSENZA – «Vi è arrivata la chiamata?». Antonino Pesce, latitante dal 2016 dopo essere sfuggito all’arresto durante l’operazione Vulcano, si è rivolto così ai carabinieri che hanno fatto irruzione nell’appartamento in cui si trovava, pensando di essere stato tradito da qualcuno. In realtà, nessuna soffiata è giunta ai carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro che sono risaliti a lui grazie alla conoscenza del territorio e accurate indagini.
Tradito solo dall’amore per la famiglia
Stava andando a trovare i figli, tre anni uno, sei mesi l’altro e la compagna quando è stato arrestato dai carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria insieme ai militari della locale Compagnia, coadiuvati dai militari dello Squadrone Cacciatori Calabria. L’arresto, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, è avvenuto durante la nottata a Gioia Tauro (RC).
Le indagini che hanno portato all’arresto
Gli investigatori già dal luglio scorso, avevano iniziato a controllare i movimenti di familiari e conoscenti tra Rosarno, suo paese natale, e Gioia Tauro, dove era il centro dei suoi interessi criminali per via dell’importazione di cocaina. È stato così che i carabinieri hanno individuato l’appartamento, nella zona marina di Gioia Tauro, in cui è stato poi, arrestato. La svolta c’è stata negli ultimi due giorni, quando sono stati notati strani movimenti nei pressi dell’abitazione dove i carabinieri sapevano dovesse vivere solo Tonino Belcastro, di 53 anni, proprietario della casa. Gli investigatori hanno così iniziato servizi di osservazione a distanza con l’uso delle telecamere e della zona circostante. Avuta la quasi certezza della presenza di Pesce, la notte scorsa è scattato il blitz.
Le accuse
Antonino Pesce, 34 anni, è accusato dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Al momento dell’irruzione dei carabinieri nell’appartamento ha cercato di disfarsi disfarsi, lanciandola dalla finestra dell’abitazione, di una pistola, poi recuperata dai carabinieri. L’arma è risultata essere una pistola semiautomatica in ottimo stato e perfettamente efficiente, completa di caricatore e munizioni, frutto di furto commesso a Civitanova Marche (MC) nel 2015. Successivamente non ha opposto ulteriore resistenza.
Pesce è ritenuto, anche come conseguenza dello stato di detenzione di altri familiari, il reggente dell’omonima cosca, nonché colui che si occupava dell’approvvigionamento delle risorse finanziarie, principalmente gestendo l’attività di importazione di cocaina dal Sudamerica e curando l’esfiltrazione della stessa quando importata da altri e stoccata in container sbarcati al porto di Gioia Tauro, amministrando tali risorse finanziarie e distribuendole ai vertici della cosca detenuti ed ai loro familiari. Inoltre lo stesso curava i rapporti con le altre cosche in particolare quella dei Bellocco e dei Molè, più in generale svolgendo le funzioni di organizzatore e promotore della cosca.
Con Pesce viene arrestato anche, per il reato di favoreggiamento personale, Tonino Belcastro, di anni 53, nullafacente, già noto alle forze dell’ordine, proprietario dell’abitazione e presente al momento dell’irruzione dei Carabinieri. Gli arrestati, al termine delle formalità di rito, sono stati portati nella casa circondariale di Palmi.
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