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La corte di Cassazione

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GIOIA TAURO (REGGIO CALABRIA) – Dopo la sentenza di appello che si esprimeva con una condanna arriva la sentenza della sesta sezione della Cassazione che ha confermato la condanna ad un anno, con pena sospesa e non menzione, nei confronti di don Antonio Scordo, attuale parroco di Gioia Tauro accusato di falsa testimonianza nel processo di violenza sessuale di gruppo contro una ragazza di Amato di Taurianova, Anna Maria Scarfò.

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Don Scordo, era parroco di San Martino di Taurianova quando la ragazza, allora appena tredicenne, si rivolse a lui per chiedergli aiuto. Nel processo contro gli autori delle violenze, il sacerdote, avrebbe detto il falso, assieme ad una suora, in merito a quanto aveva saputo dalla ragazza sulle violenze.

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PER I CINQUE AGUZZINI DI ANNA MARIA SCARFÓ

La vicenda aveva suscitato le reazioni di alcuni gruppi di cittadini che avevano protestato anche davanti alla sede della diocesi a Palmi chiedendo al vescovo che rimuovesse il sacerdote che nel frattempo era stato trasferito a Gioia Tauro. Per la difesa del sacerdote la vicenda giudiziaria non può ritenersi completamente conclusa.

L’avvocato Antonino Napoli che, insieme all’avvocato Guido Contestabile, difende il sacerdote ha, infatti, comunicato, dopo essersi consultato con il proprio assistito, che «nonostante occorra attendere le motivazioni della sentenza della Suprema Corte, avverso la pronuncia della Cassazione la difesa ricorrerà certamente alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo poiché riteniamo che nel processo contro don Antonio siano stati violati i diritti stabiliti dalla Convenzione».

«Siamo fermamente convinti – ha aggiunto – dell’innocenza di don Antonio poiché vi è una chiara omissione da parte dei giudici nella valutazione della scansione cronologica degli eventi: don Antonio è stato chiamato a deporre in un processo che ha visto imputati alcuni giovani per violenze sessuali di gruppo che sarebbero state commesse negli anni 2001 e 2002 mentre la confidenza che il prete avrebbe ricevuto da parte della ragazza abusata e per la quale ha subito il processo, sarebbe avvenuta nel periodo di Pasqua del 1999. È evidente che nel 1999 la vittima non avrebbe potuto conoscere né riferire a don Antonio i nomi delle persone che l’avrebbero poi violentata nel 2001-2002».

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