Carabinieri
3 minuti per la letturaAl centro dell’operazione la cosca di ‘ndrangheta dei Ruga di Monasterace. Le accuse vanno dall’associazione a delinquere di tipo mafioso all’omicidio e alle estorsioni
REGGIO CALABRIA – Lo strapotere della cosca Ruga di Monasterace, tra estorsioni, omicidi e controllo del territorio. Tutto ricostruito grazie all’operazione “Confine 2” portata a termine dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Tra gli arrestati c’é anche il boss Giuseppe Cosimo Ruga, di 65 anni, che era libero dopo avere scontato una condanna a 26 anni.
I reati contestati alle persone destinatarie dell’ordinanza di custodia cautelare vanno dall’associazione per delinquere di tipo mafioso e dall’omicidio al favoreggiamento personale, danneggiamento, rapina, estorsione, detenzione e porto illegali di armi e detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.
LE INTIMIDAZIONI ALL’EX MINISTRO
Le indagini hanno preso spunto anche dall’attentato incendiario che fu compiuto nel giugno del 2011 ai danni della farmacia dell’allora sindaco di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, successivamente nominata ministro degli Affari regionali, intimidita anche dai colpi di pistola che furono sparati il 29 marzo del 2012 contro la sua automobile. Le intimidazioni, pur rientrando nell’indagine che ha portato stamattina all’arresto di 14 persone, non vengono contestate formalmente alle persone coinvolte nell’operazione.
«Le indagini sugli episodi ai danni dell’ex ministro Lanzetta – ha detto in conferenza stampa il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – sono state stralciate da questa operazione ed affidate per il prosieguo alla Procura della Repubblica di Locri».
L’OMICIDIO IN FAMIGLIA
I particolari dell’accusa contestata al boss sono stati illustrati nel corso della conferenza stampa tenuta dal Procuratore della Repubblica, Federico Cafiero de Raho, e dal comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Giancarlo Scafuri. Ruga, in particolare, é accusato dell’omicidio del fratello Andrea, ucciso nel 2011 dal boss dopo che era tornato in libertà, per vendicarsi del fatto che aveva approfittato della sua detenzione per prenderne il posto a capo della cosca. Andrea Ruga, secondo quanto riferito dagli investigatori, venne soffocato con un cuscino dal fratello, che poi tentò di fare attribuire il decesso ad un malore. Per evitare di essere scoperto, tra l’altro, Giuseppe Cosimo Ruga fece sabotare il sistema di videosorveglianza della casa del fratello.
IL “PADRINO” DEL PAESE
Le indagini hanno evidenziato che il boss Cosimo Giuseppe Ruga era una sorta di “padrino” a cui molti cittadini di Monasterace si rivolgevano anche per fargli dirimere questioni di carattere privato.
Ruga riceveva le persone nel locale riservato di un supermercato di Monasterace, cittadina che considerava come un suo «feudo», e interveniva per risolvere le questioni più svariate, comprese quelle legate a vicende sentimentali. In un caso, tra l’altro, si era interessato del caso di un ragazzo picchiato gravemente da alcuni elementi della cosca Ruga perché non si rassegnava alla fine del rapporto sentimentale con una giovane. Il boss avrebbe anche tentato di condizionare la gestione del Comune di Monasterace all’epoca in cui era sindaco l’ex ministro Maria Carmela Lanzetta.
Le indagini dei carabinieri si sono protratte dal gennaio del 2011 al marzo di quest’anno ed hanno consentito di individuare il mandante dell’assassinio di Andrea Ruga, rivelando anche, riferiscono i carabinieri, «la violenza criminale della cosca ed il livello di assoggettamento e sottomissione in cui era costretta a vivere la gente del posto».
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