Il senatore Antonio Caridi e Giuseppe Scopelliti
5 minuti per la letturaTutti gli interessi intorno alla città di Reggio Calabria per controllare affari e decidere le sorti della politica
REGGIO CALABRIA – Giuseppe Scopelliti e Pietro Fuda sarebbero stati eletti, rispettivamente, sindaco e presidente della Provincia di Reggio Calabria, nel 2002, grazie ai voti della ‘ndrangheta. È quanto rilevano gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che sottolineano «il ruolo determinante svolto per le due elezioni, dagli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano», arrestati stamani quali soggetti di primo piano della struttura direttiva occulta che sovrintendeva ai vertici della ‘ndrangheta reggina (LEGGI I PARTICOLI DELL’OPERAZIONE).
Interessi sino in Parlamento
La struttura segreta scoperta dal Ros al vertice della ‘ndrangheta mirava, in proiezione, all’infiltrazione degli organi di governo regionale sino al parlamento nazionale ed europeo. L’obiettivo, perseguito dall’ex deputato Psdi Paolo Romeo, si articolava in tre momenti: l’elezione di Scopelliti a sindaco di Reggio Calabria che, dimettendosi dall’incarico di assessore regionale in Calabria, consentì a Sarra, primo dei non eletti nella tornata del 2000, di approdare in Consiglio regionale; il secondo, da concretizzarsi nel 2004, per effetto dell’elezione di Umberto Pirilli al Parlamento Europeo, cosa realmente avvenuta e che consentì a Sarra di subentrargli come assessore regionale e il terzo avrebbe trovato compimento nel 2005, con la candidatura di Pietro Fuda alla Presidenza della Regione Calabria, intento vanificato da vicende giudiziarie che coinvolsero l’interessato oltre che lo stesso Romeo.
Anche Alberto Sarra avrebbe influenzato le competizioni elettorali, sostenendo alle Europee Gianni Alemanno e Umberto Pirilli, mentre i De Stefano avrebbero avuto un ruolo attivo nei “moti di Reggio” (LEGGI TUTTI I PARTICOLARI)
IL VIDEO: LE INTERVISTE AL PROCURATORE CAFIERO DE RAHO E AL COMANDANTE DEI ROS
Caridi come strumento dei clan
Secondo il capo della Procura distrettuale di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, «il sen. Antonio Stefano Caridi è una figura politica costruita in tutto lo sviluppo della sua carriera e fino al Parlamento nazionale e, di volta in volta, si pone come strumento per eseguire gli ordini della ‘cupolà e conseguirne le finalità». (LEGGI IL PROFILO DI CARIDI)
Il procuratore ha tratteggiato il rapporto tra esponenti della politica calabrese e nazionale con la ‘ndrangheta degli invisibili al cui vertice gli inquirenti pongono l’ex parlamentare del Psdi Paolo Romeo, l’avv. Giorgio De Stefano, Francesco Chirico e l’avv. Alberto Sarra, evidenziando che con una struttura direttiva occulta al vertice la ‘ndrangheta «ha evoluto il proprio modello fondato non più solo sull’utilizzo di soggetti che si mettono a disposizione, ma anche su soggetti di propria estrazione che meglio di tutti possono garantire gli interessi dell’organizzazione».
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Le scelte strategiche
L’inchiesta ha evidenziato che la struttura direttiva occulta che opera in sinergia con l’organo collegiale denominato provincia fornisce alla stessa indicazioni e scelte strategiche. I suoi componenti sono definiti «segreti» da alcune intercettazioni e infiltrano, sempre secondo l’accusa, gli ambiti di maggior rilievo in cui si articola la società. La struttura occulta individuata dalla Dda di Reggio Calabria e dai carabinieri curava il coordinamento delle operazioni del sistema criminale complessivo comprendendo non solo la ‘ndrangheta ma anche Cosa nostra, Camorra e Sacra corona unita.
Alla struttura segreta sarebbe stato affidato anche il ruolo di «definire le strategie criminali di massimo livello» per «estendere il programma criminoso negli ambiti di maggiore interesse, con particolare riferimento a quelli informativi, imprenditoriali, economici-finanziari-bancari, amministrativi – politici – istituzionali» interferendo, in questo ultimo caso, con «enti pubblici locali territoriali e singoli membri di organi politici di rilievo costituzionale».
Le perquisizioni
I carabinieri del Ros e quelli del Reparto operativo di Reggio Calabria hanno anche eseguito una trentina di perquisizioni. Interessati anche la casa e l’ufficio dell’ex presidente della Giunta regionale di centrodestra Giuseppe Scopelliti. Scopelliti, secondo i magistrati della Dda reggina, sarebbe stato sostenuto in più elezioni dal direttorio della ‘ndrangheta in quanto ritenuto «gestibile». Gli inquirenti non hanno voluto dire se Scopelliti sia indagato o meno.
‘Ndrangheta e massoneria
«La ‘ndrangheta non esiste più», ora «fa parte della massoneria». Sono alcune delle frasi intercettate dai carabinieri del Ros che, insieme ad alcuni riferimenti a livello «visibile» e a quello «invisibile», hanno portato gli investigatori ad individuare la struttura direttiva occulta che sovrintendeva all’organizzazione della ‘ndrangheta sgominata oggi con l’operazione Mammasantissima. In un’altra intercettazione si fa riferimento al fatto che gli inquirenti, quanto a conoscenze, «sono arrivati fino ad un certo punto, in effetti sapevano dell’Australia, dell’America. C’è un’altra cosa ancora che non la sanno nemmeno loro… Qui a Reggio contano i segreti. Giorgio De Stefano gliela ha calata la questione, sei-sette erano in totale».
La componente elitaria
Il procuratore Cafiero de Raho ha anche sostenuto: «La ‘ndrangheta è così forte perché ha potuto contare a lungo su una componente elitaria e riservata che si muove simbioticamente per condizionare e infiltrare la politica e l’economia. Non sarebbe infatti così forte senza l’appoggio del cosiddetto mondo visibile».
«La componente riservata che ha guidato finora la ‘ndrangheta a Reggio e nella sua provincia – ha aggiunto De Raho – è stata costituita da persone ignote alla base e quindi in grado di operare liberamente. Un gruppo verticisticamente chiuso in cui sono state elaborate le varie strategie, indicando di volta in volta e seguendone l’evoluzione, gli elementi da fare eleggere al Comune, alla Provincia, alla Regione ed al Parlamento, come appunto il senatore Stefano Antonio Caridi. Inoltre l’indagine è basata anche sull’apporto delle dichiarazioni dei collaboratori Moio, Villani, Marino, Fiume e Fracapane che hanno contribuito a rendere più nitido il livello di infiltrazione della ‘ndrangheta nelle istituzioni».
Secondo il gen. Giuseppe Governale, comandate del Ros dei carabinieri, «la ndrangheta – ha sottolineato Governale – oggi esprime una forte capacità di destabilizzare l’ordine democratico del nostro Paese. Il Raggruppamento operativo ha ricostruito minuziosamente oltre cinquanta provvedimenti precedenti, unendone i lembi, fino a darne una strutturazione unica a ciò che appariva frammentato e invece non lo era. La ‘ndrangheta si conferma struttura verticistica governata unitariamente da un ‘direttoriò occulto in grado di interloquire pragmaticamente con la politica, l’economia e le istituzioni e coordinare tutti i “locali” fondati in varie parti del mondo».
«Per la prima volta – ha concluso Governale – abbiamo certezza che qui non è la politica a offrirsi “a disposizione”, ma che c’è una struttura che con piglio manageriale promuove uomini nelle istituzioni attraverso incarichi e passaggi elettorali, nei comuni, nella Provincia, nella Regione, e finanche in Parlamento, costruendo percorsi armonici finalizzati al raggiungimento degli obiettivi criminali».
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