Alberto Sarra
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – In occasione delle elezioni europee del 2004 Alberto Sarra, indicato come dirigente ed organizzatore della componente «riservata» della ‘Ndrangheta, aveva chiesto ed ottenuto che alcune delle principali cosche della provincia sostenessero Gianni Alemanno e Umberto Pirilli. E’ quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Domenico Santoro su richiesta del pm della Dda reggina Giuseppe Lombardo.
L’interesse di Sarra, secondo l’accusa, era duplice: da un lato impedire a Giuseppe Scopelliti di candidarsi a sua volta abbandonando la carica di sindaco di Reggio e di ottenere un assessorato alla Regione Calabria così come aveva stabilito con l’altro componente la «cupola», l’ex deputato del Psdi Paolo Romeo. Cosa realmente avvenuta dato che Pirilli fu eletto all’europarlamento dopo le rinunce di Fini, Alemanno e Gasparri e Sarra gli subentrò come assessore regionale.
Ma l’inchiesta “Mammasantissima” ha fatto tornare di nuovo alla ribalta quella che può definirsi la «genesi» politico-mafiosa dei De Stefano e i loro collegamenti consolidati con l’eversione nera, con la banda della Magliana, il forte interesse perché il capoluogo di Regione rimanga a Reggio Calabria e non si sposti a Catanzaro.
«Sapevano tutto con largo anticipo – hanno detto all’unisono i pentiti Giacomo Lauro e Stefano Serpa – tant’è che da loro parte l’idea di convocare il summit di Montalto, nel cuore dell’Aspromonte nell’ottobre del 1969, per spiegare ai rappresentanti delle cosche della provincia di Reggio i motivi per cui aderire con ‘uomini, mezzi, armi e risorse finanziariè alla prevedibile ribellione popolare al momento della nomina di Catanzaro a capoluogo della Regione».
«Con Vincenzo Saraceno, Natino Valle ed altri giovanissimi picciotti in funzione di vedetta – ha raccontato Stefano Serpa – ascoltammo le parole del “presidente” dell’assemblea, il boss di San Martino di Taurianova Giuseppe Zappia, che comunicò che da lì a poco avremmo incontrato personaggi della politica accompagnati dai De Stefano. E così avvenne: da un bosco vicino alla radura in cui si svolgeva il summit si avvicinarono questi personaggi che riconobbi per il marchese Fefè Zerbi, uno dei fondatori di Avanguardia Nazionale, Stefano Saccucci, Stefano Delle Chiaie, Borghese junior, Pierluigi Concutelli, quest’ultimo legatissimo ai Santapaola di Catania. Qualcuno protestò per queste presenze ma fu zittito in malo modo da Zappia (‘ma tu cu cazzu si chi parli?’), un incontro che fu interrotto immediatamente dall’avvicinarsi della polizia guidata dall’allora capo della squadra mobile Alberto Sabatino, avvertita da chissà chi, a cui seguì un fuggi fuggi generale».
Serpa ha raccontato anche di una festa nel carcere di San Pietro a Reggio Calabria negli anni ’80, in onore del boss Domenico Libri che festeggiava l’onomastico. «Eravamo tutti con la giacca nonostante il caldo – dice Serpa – e c’erano tutti i capi in testa della ‘ndrangheta in quel momento. A conclusione della festa, Paolo De Stefano, davanti a tutti, apostrofò Domenico Libri come infame per avere detto a Sica (Giandomenico Sica, ex capo dei servizi segreti civili) che l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio era stato organizzato da loro, dai De Stefano. Seguirono momenti di imbarazzante silenzio ed alla fine ognuno tornò nella propria cella».
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