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PALERMO – La scoperta della Guardia di Finanza appare quasi come la trama di un film noire-poliziesco ma la drammaticità dei fatti lascia poco spazio alla finzione cinematografica. Secondo i finanzieri, infatti, quella scoperta in Sicilia, ma con diramazioni anche in Calabria e Campania, era una vera e propria tratta di esseri umani che ha portato in carcere tre nigeriani e un ghanese.
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Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’organizzazione per tenere sotto scacco le proprie vittime metteva in atto riti voodoo con l’obiettivo di obbligare delle ragazze a prostituirsi. Un caso, ade esempio ha riguardato una giovane nigeriana appena arrivata a Lampedusa con il sogno di una vita normale che è stata, poi, anche la vittima, oggi sotto protezione, che con la sua denuncia ha portato a svelare l’intera organizzazione criminale attiva in tre regioni.
Quattro persone, tre nigeriani e un ghanese, sono state fermate dalla Guardia di Finanza quali indiziate di delitto su disposizione della Procura di Palermo con l’accusa di associazione a delinquere transnazionale, finalizzata alla riduzione in schiavitù, alla tratta di persone e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Le indagini sono coordinate dal Procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Maurizio Scalia e dai sostituti procuratori Geri Ferrara e Annamaria Picozzi.
L’operazione, come detto, è stata condotta tra Agrigento, Reggio Calabria e Napoli. L’associazione per delinquere transnazionale, che secondo gli inquirenti era operante tra Nigeria, i paesi del Maghreb (soprattutto la Libia) e l’Italia (Lampedusa, Agrigento, Palermo, Reggio Calabria, Napoli e Padova) era «finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e alla tratta di esseri umani nonché alla commissione di altri gravi reati contro la persona, in relazione al trattamento inumano cui erano sottoposti i migranti prima e durante il viaggio, e allo sfruttamento della prostituzione delle giovani donne nigeriane introdotte nel territorio italiano».
Secondo l’accusa l’associazione per delinquere «introduceva in territorio italiano cittadine nigeriane, al fine di indurle, una volta arrivate, a prestazioni sessuali sino a determinare il loro sfruttamento». In particolare, «a fronte della ingannevole promessa di opportunità lavorative in Italia», le vittime «erano indotte ad assumersi un debito di 30 mila euro, quale pagamento del viaggio e per l’avviamento al lavoro, approfittando, tra l’altro, della situazione di vulnerabilità psicologica determinata dalla celebrazione di un rito ”Voodoo”, quale garanzia del debito – spiegano gli investigatori – Nel trasferimento dalla Nigeria alla Libia, erano costrette contro la loro volontà a permanere presso strutture di detenzione libiche nella disponibilità dell’associazione criminale, per poi essere imbarcate alla volta dell’Italia».
Una volta arrivate in Italia «le donne erano costrette a prestazioni sessuali e alla prostituzione con l’obbligo di riscattare progressivamente la somma concordata per riottenere la libertà ed evitare conseguenze lesive per loro ed i familiari in Nigeria. Tra i responsabili spicca la figura di una maman che, oltre a gestire le risorse logistiche funzionali all’associazione, assumeva la veste di vero e proprio “collettore” delle somme di denaro guadagnate dalle vittime e di dominus del vincolo di assoggettamento, determinato dai riti Voodoo».
La vicenda è inoltre emblematica in quanto, accanto alle dinamiche attuali del traffico di migranti, «in cui i criminali svolgono una funzione assimilabile a quella di un’agenzia di viaggio che assicura il solo arrivo nel posto pattuito, disinteressandosi del futuro della persona introdotta in Italia», se ne è affiancata, conclude il Gico nelle sue informative, un’altra «quella della tratta degli esseri umani, in cui, di norma, il destino della persona introdotta illegalmente in Italia ha una rilevanza fondamentale per il trafficante, in quanto i suoi guadagni deriveranno dal futuro impiego del migrante stesso».
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