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Nuoco colpo ai clan del Reggino messo a segno dalla Polizia che ha proceduto all’esecuzione di 19 ordinanze cautelari a carico di esponenti di spicco dei clan De Stefano, Serraino, Franco, Araniti e Rosmini

REGGIO CALABRIA – Nuova operazione contro le cosche di ‘ndrangheta messa a segno a Reggio Calabria. Fin dalle prime luci dell’alba la Polizia di stato ha eseguito 19 provvedimenti cautelari, tra cui 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere, sei agli arresti domiciliari e due obblighi di dimora, su ordine della Direzione distrettuale antimafia. L’operazione è stata condotta dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, diretta da Francesco Rattà, su direttive del questore, Raffaele Grassi ed ha coinvolto oltre 250 uomini.

Ad essere state colpite sono le cosche della ‘ndrangheta reggina facenti capo alle famiglie De Stefano, Franco, Rosmini, Serraino e Araniti aderenti al cartello Condelliano, uniti nella spartizione dei proventi derivanti dalle attività estorsive in danno di commercianti ed operatori economici. I reati contestati gli arrestati vanno dall’associazione mafiosa, al concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di materiale esplosivo, intestazione fittizia di beni e rivelazione del segreto d’ufficio. Eseguite anche numerose perquisizioni e l’arresto di una ex dipendente dell’Ufficio Gip-Gup del tribunale di Reggio Calabria (LEGGI LA NOTIZIA).

«A Reggio Calabria, chiunque voglia intraprendere un’attività economica o commerciale, non deve rivolgersi soltanto allo Stato o agli enti locali per le relative autorizzazioni amministrative, ma deve ottenere soprattutto il nulla osta da parte delle cosche che controllano il territorio e che formano il cosiddetto ‘sistema Reggio’». Ha affermato all’Ansa un investigatore della Polizia di Stato commentando l’operazione. 

LA GENESI DELL’INDAGINE – L’indagine che ha portato agli arresti è partita dai due attentati compiuti nel 2014 ai danni del “Bar Malavenda” di Reggio Calabria, uno dei locali storici della città. Nel 2014, il locale, che si accingeva a riaprire con una nuova gestione, subì gravi danni a causa di un attentato dinamitardo. Successivamente all’interno del locale, ancora in fase di ristrutturazione, fu collocato un altro ordigno che restò però inesploso. L’indagine condotta dalla Squadra mobile ha consentito di accertare che le due intimidazioni sarebbero da collegare al rifiuto da parte dei nuovi proprietari del locale di sottostare al cosiddetto “sistema Reggio”, l’organizzazione criminale composta dalle cosche di ‘ndrangheta cittadine che impone il pagamento del “pizzo” a qualsiasi attività economica o commerciale avviata in città. Un sistema al quale gli investigatori, con l’operazione eseguita stamattina, sperano di avere assestato un duro colpo. Dall’inchiesta è emerso che le cosche della ‘ndrangheta esercitano sistematicamente anche il potere di regolamentazione dell’accesso al lavoro privato, facendo assumere agli esercizi commerciali dipendenti graditi alle organizzazioni criminali, nonché la potestà di regolamentazione dell’esercizio del commercio, autorizzando o meno l’apertura di esercizi commerciali nei quartieri da esse controllati

I SEQUESTRI – Noti bar della città, una stazione di servizio per l’erogazione di carburante, una concessionaria di autovetture ed esercizi commerciali per la distribuzione di prodotti ittici surgelati per un valore complessivo di dieci milioni di euro. Sono numerosi gli esercizi commerciali sequestrati dalla Polizia di Stato. Secondo quanto emerso dalle indagini gli esponenti delle cosche avevano costituito e gestito, direttamente o per interposta persona, una serie di attività economiche, operanti in diversi settori imprenditoriali, attribuendone la titolarità formale a terzi soggetti, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione. 

L’ARRESTO DEL BOSS – C’è anche il presunto boss Giorgio De Stefano, di 68 anni, capo dell’omonima cosca della ‘ndrangheta, tra le persone arrestate. De Stefano, avvocato da alcuni anni in pensione, è il cugino di Paolo De Stefano, capo storico della cosca ucciso nel 1985 nella “guerra di mafia” di Reggio Calabria. La stessa sorte toccò all’epoca anche al fratello di Paolo, Giorgio (omonimo dell’arrestato di oggi), ucciso in un agguato in Aspromonte. Giorgio De Stefano, dopo avere scontato una condanna a tre anni e mezzo di reclusione inflittagli nel 2001 per concorso esterno in associazione mafiosa, attualmente era libero. Secondo gli investigatori, ha sempre rappresentato, e rappresentava tuttora, “l’intellighenzia” della cosca De Stefano, capace di elaborarne alleanze e strategie, con un impronta tipicamente manageriale, individuando le attività criminali più lucrose da mettere in atto. 

LA SODDISFAZIONE DEL MINISTRO ALFANO – «L’ulteriore segno di uno Stato forte e capace di controllare il territorio». È soddisfatto il ministro del’Interno, Angelino Alfano per il blitz di Reggio Calabria: «Gli uomini della Polizia di Stato, coordinati eccellentemente dai magistrati, hanno inferto un colpo durissimo al crimine organizzato, con una serie di arresti e di importanti sequestri. I destinatari di questi provvedimenti – aggiunge – sono tutti esponenti di cosche di spicco locali e in particolare, tra le persone ai domiciliari, figura pure una donna di 50 anni, indagata per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio con l’aggravante di finalità mafiosa, commesso durante il periodo nel quale era un impiegata interinale presso l’Ufficio del Gip di Reggio Calabria». 

LA “GESTIONE” DELLA ‘NDRANGHETA – «L’operazione – ha detto il capo della Squadra mobile di Reggio Calabria, Francesco Rattà – mette il sigillo su un dato condiviso dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Domenico Minniti: la ‘ndrangheta asfissia il territorio gestendo percorsi che ne simboleggiano il forte potere di interdizione».

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