X
<
>

Share
3 minuti per la lettura

C’è anche l’ammissione di aver finanziato la costruzione di una chiesa tra le cose che un pentito ha ricostruito agli inquirenti dell’antimafia per l’inchiesta sulle ‘ndrine della ionica

di FRANCESCO SORGIOVANNI

GIOIOSA JONICA – «Per la costruzione della chiesa la ‘ndrangheta ha messo dei soldi». È il pentito Antonio “Titta” Femia a dichiararlo al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Paolo Sirleo, nel corso di uno dei tanti interrogatori, dopo la decisione dell’ex ‘ndranghetista di Gioiosa Jonica di iniziare la sua collaborazione con la giustizia.

Nel verbale del 25 agosto del 2015, riportato nel provvedimento di fermo dell’operazione della Guardia di Finanza e Carabinieri “Typographic-Acero bis” di giovedì scorso, il magistrato Sirleo (quando ancora era in forza alla Procura di Reggio) continua a sentire il pentito Femia sul ruolo del 66enne Nicola Antonio Simonetta all’interno della ‘ndrangheta.

“Titta” indicava ‘Ntoni Simonetta come appartenente alla ‘ndrina di Prisdarello, avente grado o dote di rilievo. Suoi erano, secondo il collaboratore, alcuni dei locali, tra cui un ristorante, dove avevano luogo riunioni di ‘ndrangheta e mangiate in occasione di incontri tra affiliati.

Questa la trascrizione integrale dell’interrogatorio.

Sirleo: «senta e lei prima ha parlato di Antonio Simonetta».

Femia: «Antonio Simonetta e pure a Prisdarello».

Sirleo: «qual’è? Quello che ha il ristorante?»

Femia: «bravissimo, perfetto, lì alla chiesa, c’è la chiesa e il ristorante là».

Sirleo: «insomma aveva diversi, diversi beni, come campava diciamo come ha».

Femia: «aveva il ristorante e che io sappia aveva un ristorante dottore, faceva i mercati anche poi ha avuto un periodo pure il bar di Brunello, di Palermo lo ha avuto lui per un periodo».

Sirleo: «e nella droga lavorava lui? Se lo sa»

Femia: «che, no no, non abbiamo mai parlato con me personalmente di queste cose qua di droga, con me personalmente non abbiamo mai parlato».

Sirleo: «ho capito, lui com’era, dunque ha detto che è ndranghetista colonna, che grado aveva?».

Femia: «questo non glielo so dire però era sempre una».

Sirleo: «Pisdarello chi comandava?»

Femia: «che era capo locale a Pisdarello risaputo era Peppe Lupoi».

Sirleo: «Peppe Lupoi, l’aveva già detto prima sì».

Femia: «sì, sì». Sirleo: «okay, va bene, facciamo…omissis…».

Poi il pm procede con il collaboratore al riconoscimento fotografico di Simonetta: «Fa parte della ‘ndrangheta nel locale di Prisdarello…omissis…Presso un capannone vicino alla sua proprietà facevamo riunioni di ‘ndrangheta. Nel suo ristorante abbiamo fatto delle mangiate. So che il ristorante era una scuola e che è stato dato dal Comune. So che Simonetta aveva sostanzialmente gratis questa struttura che poi lui ha trasformato. Per la costruzione della chiesa la ‘ndrangheta ha messo dei soldi».

La chiesa della frazione Prisdarello di Gioiosa Jonica, dedicata a Sant’Antonio, è stata costruita alla fine degli anni ‘90. Nel 1996 è stato costituito un apposito comitato di cittadini del luogo. Le maestranze locali diedero l’anima, con il loro lavoro, per realizzare la costruzione, che venne portata a compimento in poco meno di un anno, grazie al contributo finanziario di ogni abitante, degli emigranti e della Provincia di Reggio Calabria, presieduta allora da Pietro Fuda, ma anche grazie al sostegno e la condivisione di don Vincenzo Nadile, ora defunto, allora vicario della diocesi di Locri Gerace, e dello stesso vescovo del tempo, Giancarlo Bregantini.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE