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Totò Bellocco con Salvatore Paolillo: preparavano il rapimento di Berretta

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Intercettata appena arrivata a Milano, Emanuela Gentile, suocera di Totò Bellocco, dopo l’omicidio del genero dice: “Dovete fare una strage”


MILANO – «Non posso rassegnarmi, dove ti rassegni, e dove?… che ho la rabbia per davvero, ti giuro…devi andare a combinare lo sai che?…devi combinare una strage, ce l’ha tolto davanti un giovane figlio senza un perché…senza un perché…».
Emanuela Gentile è la suocera di Totò Bellocco ed è appena arrivata a Milano dopo l’omicidio del genero. Lì nella casa di via Genova è intercettata dalla Squadra Mobile e della Guardia di Finanza di Milano. Davanti a lei c’è il fratello minore di Totò Berto, accompagnato da moglie e figlia, un nipote, Emanuele Cosentino e altri familiari.
Sono arrivati dalla Calabria subito dopo il delitto. Poco prima la donna, sempre nell’abitazione di Cernusco sul Naviglio, sempre intercettata, dice: «…Berto non ti rassegnare…non ci possiamo rassegnare».
Parole che, secondo gli investigatori, esprimono un evidente desiderio di vendetta contro Beretta e la sua famiglia.

L’indagine della Procura di Milano sulle due curve di Milan e Inter – che lunedì, scorso ha portato all’arresto di 19 ultrà – svela importanti legami tra Antonio Bellocco, e il capo del tifo organizzato rossonero Luca Lucci a sua volta legato a Antonio Rosario Trimboli e Rosario Calabria. Entrambi aderiscono alla famiglia Papalia Carciuto, Ma emerge anche l’interesse di alcuni degli arrestati nella gestione di affari legati allo spaccio. In particolare, dalle intercettazioni relative al cellulare di Bellocco, documentati «contatti e incontri che appaiono essere prodromici a movimentazioni di partite di droga». Come quello avvenuto il 3 settembre del 2023 tra Bellocco, Marco Ferdico ed una terza persona.

In quell’incontro, si legge nella carte dell’inchiesta «gli indagati hanno mostrato l’interesse all’acquisto di un non meglio precisato quantitativo di sostanza stupefacente». E «il tenore della conversazione ha evidenziato la capacità di Antonio Bellocco di muoversi anche nel campo del narcotraffico in maniera apicale, essendo in grado di concludere le compravendite ‘senza sporcarsi le mani’, attraverso suoi uomini fidati».

Affari in tutti i sensi, loschi, illegali sui quali Bellocco si era buttato a capo fitto con l’obiettivo di prendersi tutto. E minacciava di usare una pistola calibro 38 contro chi si opponeva ai suoi disegni. Poco importava se era “un gobbo” (tifoso della Juve; ndr) come lo accusavano in una lettera anonima che qualcuno aveva spedito alla Curva nord. «Questo che scrive – dice Belllocco – deve essere uno che mi conosce». In effetti a San Ferdinando e a Rosarno tutti sanno che lui e la sua famiglia sono per davvero juventini. O lo erano dopo che lui si trasferisce a Milano e viene cooptato nel direttivo della Curva Nord.

Le indagini dei pm milanesi continuano, perché ci sono troppi lati oscuri ancora da chiarire e molte ipotesi di reato che dovranno essere comprovate. Le forze dell’ordine dovranno cercare in tutti i modi di proteggere quella persona (che sarebbe già stata individuata) che avrebbe confidato a Beretta il disegno di Bellocco di ucciderlo. Poi c’è da proteggere lo stesso Beretta. Sulla cui testa pende una sentenza di morte, sin dall’inizio dell’estate e soprattutto adesso dopo che ha ucciso Bellocco.

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Già in estate, infatti, due “emissari” del clan dei Bellocco si sarebbero mossi a fine luglio per minacciare il capo curva interista, che non voleva mollare i suoi guadagni nella gestione del merchandising e che, temendo di essere drogato, ucciso e “sotterrato”, arriva lui ad ammazzare il rampollo della cosca.

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