Giovanni Bombardieri
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Sono 12 le misure cautelari, in Italia e all’estero, dell’operazione “Malea”: un duro colpo contro la ‘Ndrangheta eseguito dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Un duro colpo contro la ‘Ndrangheta nel Reggino: sono 12 i provvedimenti restrittivi (8 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) disposti da G.I.P. di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia eseguiti dalla Polizia di Stato, per associazione mafiosa e altri reati.
I soggetti arrestati sono indiziati, a diverso titolo, e allo stato del procedimento in fase di indagini preliminari, dei reati di associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, detenzione illegale di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e violenza privata. Oltre ai destinatari dei provvedimenti restrittivi, nel procedimento penale risultano indagati, in stato di libertà, altre sette persone.
Gli indagati sono ritenuti affiliati alla Locale di Mammola, di cui è stata ricostruita tutta la catena di comando. Una parte di diramava anche in Lussemburgo, dove con il coordinamento di Eurojust e il supporto dell’Unità I-CAN del Servizio Cooperazione Internazionale di polizia, il fast team della Polizia nazionale ha eseguito 3 delle 12 misure cautelari, per le quali è stato emesso un Mandato di Arresto Europeo.
L’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, in corso dalle prime ore dell’alba, è stata denominata “Malea”, dall’antico nome del piccolo centro ionico.
I nomi
In particolare, le indagini della squadra mobile hanno messo in luce come la locale ‘ndrangheta di Mammola fosse capace di controllare quel territorio, di condizionarne l’imprenditoria e le attività nel settore boschivo con il metodo delle estorsioni, nonché di finanziarsi anche mediante la produzione ed il traffico di sostanze stupefacenti.
Anche se in passato alcuni degli arrestati erano stati già coinvolti in inchieste antimafia, per la prima volta viene censita e riconosciuta, sebbene in fase cautelare, l’operatività di una vera propria cellula mafiosa nel piccolo centro dell’area ionica.
Al vertice della cella, con il ruolo di Capo Locale, ci sarebbe Rodolfo Scali, già coinvolto in passato nelle indagini “Prima Luce”, “Crimine” e “Minotauro”. Al suo fianco, con il ruolo di Capo Società, c’era il cognato Damiano Abbate e, con il ruolo di Crimine Isodoro Cosimo Callà.
Dello stesso sodalizio facevano parte anche Nicodemo Deciso, Nicodemo Fiorenzi, Raffaele Romeo, Domenico Spanò e Ferdinando Cimino.
Attraverso le intercettazioni e grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia è stata scoperta anche una proiezione della locale di Mammola in Lussemburgo, dove risiedono stabilmente e sono stati arrestati alcuni degli indagati. In Lussemburgo il referente del gruppo era Nicodemo Fiorenzi, che doveva comunque riferire e concordare con i vertici della locale di Mammola ogni decisione.
LA SCHEDA – Operazione Malea, i nomi degli indagati arrestati
I reati
Tra i reati contestati agli arrestati ci sono diverse condotte (tentate e consumate) di natura estorsiva. Tra le vittime, una ditta esecutrice di lavori pubblici sul tratto stradale ricadente tra Mammola e Cinque frondi della Strada Grande Comunicazione Jonio/Tirreno e una ditta che si era aggiudicata l’appalto per i lavori di messa in sicurezza della Scuola Media di Mammola.
Contestato anche il reato di estorsione nei confronti dei titolari delle giostre installate a Mammola in occasione della festa patronale di San Nicodemo. In particolare, attraverso le minacce avrebbero imposto di corrispondere un numero elevato di biglietti e gettoni per poter usufruire gratuitamente delle giostre.
In altre circostanze, invece, agli indagati si sarebbero rivolte persone interessate ad ottenere, mediante violenza o minaccia, somme non corrisposte per prestazioni lavorative.
Tra gli altri reati ci sono anche l’acquisto e la detenzione abusiva di armi ed il traffico di stupefacenti.
L’accusa di tentato omicidio
Per uno degli indagati, Francesco Antonio Staltari, agli arresti domiciliari, c’è anche un’accusa di tentato omicidio. Sarebbe stato lui, la sera del 26 agosto 2016, sul lungomare di Siderno, all’uscita del lido “Kalahari” a sparare ad Antonio Pasqualino, titolare del lido.
L’uomo venne colpito dai rimbalzo da tre colpi d’arma da fuoco a distanza ravvicinata. Si sarebbe trattato di un atto vendicativo, per l’aggressione subita da Mirko Staltari, figlio dell’arrestato. Pasqualino prima di essere sparato era anche stato colpito alla testa con una bottiglia da parte di un complice di Staltari.
Il sovrintendente della Polizia di Stato
Tra gli indagati e destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari c’è anche un Sovrintendente della Polizia di Stato, Domenico Sità. Attualmente in servizio presso il Commissariato di Siderno, Sità è accusato di aver fornito, in passato, a Rodolfo Scali e più recentemente a una persona indagato dalla Procura Distrettuale Antimafia di Torino notizie riservate, anche in cambio di alcune regalie. A carico di Sità viene ipotizzato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
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