Rocco Morabito detto "Tamunga"
4 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – L’inchiesta “Eureka” ha fatto luce anche sulla latitanza di Rocco Morabito detto “Tamunga“, latitante di massima pericolosità inserito nel programma speciale di ricerca del ministero dell’Interno, tratto in arresto in Brasile nel maggio 202 dall’Arma dei Carabinieri, insieme a Vincenzo Pasquino, all’epoca latitante per la Dda di Torino.
Le investigazioni si sono avvalse di un’ampia collaborazione internazionale, tra gli altri, con la Polizia Federale Brasiliana, Fbi, Dea e Interpol. Sia Morabito che Pasquino sono stati raggiunti dal provvedimento restrittivo di ieri. Con i due ex latitanti sono finiti nelle mani della giustizia quanti, nel corso dell’indagine, hanno continuato a favorire la latitanza del “Tamunga” e ai suoi traffici illeciti di droga. Esisteva ed era operativa una stabile associazione criminale dedita al narcotraffico facente capo a Rocco Morabito, originario di Africo, latitante in Sudamerica sin dagli anni novanta e ivi tratto in arresto da qualche anno, a seguito di complesse vicende.
L’associazione capeggiata da Morabito, operava attraverso una stabile articolazione in Sudamerica, rappresentata da Vincenzo Pasquino, dov’era latitante dal 5 novembre 2019, quando si era reso irreperibile all’atto dell’esecuzione dell’operazione “Cerbero” del Nucleo Investigativo di Torino, poiché destinatario di una misura cautelare per i delitti di associazione mafiosa, quale affiliato al “locale” di ‘ndrangheta di Volpiano e per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.
La sera del 24 maggio 2021, la Polizia locale faceva irruzione in un’abitazione della città di Joao Pessoa in Brasile, ove si nascondeva Pasquino insieme a Rocco Morabito detto “Tamunga“, quest’ultimo figura centrale dell’indagine della Dda guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Morabito risulta essere uno storico esponente di spicco della famiglia omonima di ‘ndrangheta facente riferimento a Peppe “Tiradritto” di Africo, nonché uno dei più importanti broker del narcotraffico internazionale. Tale consorteria era in origine guidata da Giuseppe Morabito (alias “Tiradritto”), cugino di secondo grado di Rocco, arrestato in data 18 febbraio 2004, dopo prolungata latitanza.
A seguito di tale arresto, spiegano gli investigatori, aveva evidentemente assunto maggior rilievo la figura di Rocco Morabito, latitante per più di un ventennio, circostanza che già di per sé permette di ritenere, come poi effettivamente accertato, che egli abbia intrattenuto rapporti e si sia assicurato un’ampia rete di appoggi da parte di gruppi criminali organizzati (nazionali ed internazionali), tali da consentire la sua irreperibilità. In relazione al suo trascorso criminale, Rocco Morabito era stato inserito nella lista dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del “programma speciale di ricerca” del Ministero dell’Interno. Sempre dalla citata informativa emerge che, dopo 23 anni di latitanza, il 3 settembre 2017, Morabito veniva rintracciato e tratto in arresto dalla polizia uruguayana in un albergo della città di Montevideo. In data 24 giugno 2019, lo stesso evadeva dal carcere di Montevideo presso cui era detenuto, unitamente ad altri tre compagni di cella, facendo così nuovamente perdere le sue tracce. Dopo quasi due ulteriori anni di latitanza, in data 24 maggio 2021, Rocco Morabito veniva rintracciato e arrestato in Brasile, unitamente a Vincenzo Pasquino.
Le indagini di Eureka, consistite prevalentemente nell’analisi delle chat “SkyEcc” hanno permesso di accertare che Morabito dopo l’evasione, si nascondeva in Paraguay, Perù e in ultimo in Brasile, si procurava documenti d’identità falsi anche col supporto dei suoi familiari in Italia, da cui riceveva costante supporto economico e logistico; nel corso della latitanza, gestiva un’imponente attività di narcotraffico dal Sud America all’Europa, nonché quantomeno un’operazione di traffico di armi da guerra destinate a guerriglieri e gruppi paramilitari collegati con cartelli di narcotrafficanti. In particolare, nel corso dell’indagine è stata documentata l’organizzazione da parte di “Tamunga” (unitamente a Pietro Fotia e Francesco Gligora) di una spedizione in Brasile di un container carico di armi da guerra, provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica, fornite che da un ‘organizzazione criminale operante in Italia e Pakistan.
Dalle indagini è emersa la capacità di Rocco Morabito di muoversi abilmente nel contesto del narcotraffico sudamericano, riuscendo a sfuggire alle ricerche delle forze di polizia ed intrattenendo rapporti con le organizzazioni locali, collegate a gruppi paramilitari dediti contestualmente a ingenti traffici di stupefacenti. Poco dopo l’evasione dal carcere di Montevideo, egli già disponeva di appoggi (non completamente disvelati dalle indagini), soldi e telefoni criptati, mezzi con i quali provvedeva immediatamente a riorganizzarsi, come emerge dall’importazione di 200 kg di cocaina dopo appena tre mesi, nel settembre 2019.
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