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La doppia operazione, Blu notte e Ritorno, dei carabinieri di Reggio e dei Ros di Brescia, ha delineato i nuovi assetti dei Bellocco di Rosarno nel Nord Italia. Tutti i dettagli
REGGIO CALABRIA – Sono 93 complessivamente gli indagati nell’inchiesta “Blu Notte” che stamani, nel filone reggino, ha portato all’arresto di 63 persone di cui 47 in carcere e 16 ai domiciliari e 2 all’obbligo di dimora.
Sono indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, concorso esterno, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, estorsioni, usura e danneggiamenti aggravati dalle finalità mafiose, riciclaggio e autoriciclaggio, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Il principale indagato è Umberto Bellocco, di 39 anni, detto “Chiacchiera” e ritenuto il boss reggente dell’omonima cosca di Rosarno. L’indagine della Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha svelato gli interessi della consorteria mafiosa della Piana.
In particolare i carabinieri del gruppo di Gioia Tauro hanno ricostruito le dinamiche interne alla cosca Bellocco, attiva nel narcotraffico, nel traffico delle armi, nelle estorsioni e nel controllo delle attività commerciali e imprenditoriali soprattutto nei territori dei Comuni di Rosarno e San Ferdinando.
L’inchiesta ha dimostrato, inoltre, non solo gli interessi della famiglia mafiosa in molte zone del Paese ma anche il dato che i Bellocco potevano contare su importanti ramificazioni all’estero.
Operazione “Ritorno” dei Ros e della Gdf di Brescia
Contestualmente agli arresti eseguiti in Calabria e collegata all’indagine della Dda di Reggio, è scattata l’operazione “Ritorno” della Dda di Brescia, condotta dai carabinieri del Ros insieme allo Scico ed al Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia della Guardia di finanza. Il gip lombardo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare per altri 13 soggetti accusati di associazione mafiosa, concorso
esterno e tentata estorsione. Sei sono accusati anche di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e in materia di lavoro.
Su richiesta del procuratore Francesco Prete è stato anche disposto il sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per oltre 4 milioni di euro, quale profitto dei reati in materia di imposte sui redditi ed iva.
L’indagine, secondo gli investigatori, costituisce un esempio di collaborazione e coordinamento delle Dda di Reggio e Brescia sotto l’egida della Dna, che hanno consentito alle due Procure, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, di ridisegnato i nuovi equilibri della cosca Bellocco e le sue proiezioni nel Nord Italia.
Operazione “Blu notte”: cellulari e sim in carcere per il boss Bellocco
L’indagine «Blu notte» ha fotografato il cambio di vertice della cosca di Rosarno un tempo guidata dal vecchio patriarca Umberto Bellocco, detto «Assi i mazzi», deceduto il 22 ottobre scorso.
A lui viene ricondotta anche la nascita della Sacra Corona Unita pugliese, fatta risalire alla notte di Natale del 1981 nel carcere di Bari. Grazie alle intercettazioni fatte dai carabinieri, il procuratore Giovanni Bombardieri e i pm Francesco Ponzetta e Andrea Sodani sono riusciti a registrare il “passaggio di mano” al nipote omonimo Umberto Bellocco, di 39 anni detto “Chiacchiera”.
L’uomo ha dimostrato di avere la completa gestione del sodalizio e il conseguente controllo di tutti i consociati e ha dato prova, secondo i pm, di essere un leader temuto: le persone ammesse a confrontarsi con lui hanno esternato sempre atteggiamenti ossequiosi ed accondiscendenti, dimostrando il loro assoggettamento.
“Chiacchiera” era in grado di comunicare anche dal carcere. Dopo la condanna per associazione mafiosa, definitiva dal 2014, Bellocco è stato detenuto a Lanciano ma questo non gli ha impedito di rimanere «in comunicazione – scrive il gip – con l’esterno mediante una serie di telefoni e schede forniti grazie alla collaborazione di alcuni soggetti sia interni che esterni all’istituto».
Belloco partecipava ai summit dal carcere
In questo modo Bellocco avrebbe potuto partecipare ai summit mafiosi, potendo espletare tutte quelle funzioni che gli sono state riconosciute come capocosca. Gli approfondimenti dei carabinieri hanno permesso alla Dda di accertare anche le responsabilità di coloro che hanno costituito la filiera necessaria a fornire microtelefoni cellulari, sim-card e ricariche.
Gli investigatori sono riusciti a documentare anche l’affiliazione di due soggetti arrestati oggi. Il loro ingresso è avvenuto nonostante alcune frizioni che minavano gli equilibri interni. Le affiliazioni, infatti, sono state effettuate con l’avallo di un altro esponente di vertice della cosca Bellocco, Francesco Nocera. Recluso nel carcere di Saluzzo (Cuneo), anche lui aveva un cellulare attraverso il quale ha concesso il suo benestare che si aggiungeva a quello di Vincenzo Lombardo, uno degli esponenti della cosca Bellocco riconducibile al ramo dei “Testazza”.
Operazione Blu Notte, così i Bellocco hanno colonizzato il Nord
Le indagini della Dda di Brescia sono partite dall’attività del Ros iniziata nel 2018 e che, sulla scia di quanto già accertato nell’indagine ‘Nduja del 2005, ha confermato la presenza della cosca ‘Belloccò nelle province di Brescia e Bergamo, «delineandone assetti organizzativi – spiegano carabinieri e GdF -, collegamenti con le omologhe strutture presenti in Calabria e attività delittuose principalmente legate all’infiltrazione dell’economia legale».
Per la Dda, è Umberto Bellocco, 39 anni, già condannato in via definitiva nel 2009 per associazione mafiosa nell’ambito dell’indagine ‘Nduja e nipote dell’omonimo storico capo della cosca di Rosarno morto quest’anno, «l’elemento di vertice della proiezione operante in Lombardia» il quale, nonostante fosse detenuto, avrebbe continuato a dirigere le attività illecite “veicolando direttive ai propri familiari, concorrenti nei reati».
Nell’operazione sono stati individuati «i terminali calabresi (stanziali a Rosarno) della struttura criminale lombarda i quali concorrevano nella gestione delle molteplici attività economiche di interesse del sodalizio realizzate prevalentemente tramite un imprenditore» attivo tra Brescia e Bergamo nei settori edile e immobiliare. L’uomo avrebbe «fornito un fattivo contributo anche mediante la commissione di delitti tributari e di somministrazione fraudolenta di manodopera, attuati attraverso un articolato circuito di società cartiere deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti» ricostruito dalla GdF.
Per Ros e GdF l’indagine documenta nuovamente «l’esistenza di proiezioni della ‘ndrangheta in regioni diverse dalla Calabria” e consente di «confermare l’esistenza di un fenomeno di colonizzazione dovuto al trasferimento di affiliati calabresi in altri territori precedentemente immuni da tali manifestazioni criminali, soprattutto in quei territori caratterizzati da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale».
Le attività di polizia giudiziaria sono state estese – col supporto dei comandi provinciali dei Carabinieri e GdF – nelle province di Brescia, Bergamo, Como, Varese, Monza Brianza, Roma, Chieti, Reggio Calabria e Siracusa.
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