Un'operazione della polizia a Reggio Calabria
3 minuti per la letturaREGGIO CALABRIA – La Squadra Mobile di Reggio Calabria, con il supporto degli equipaggi dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, nel corso dell’operazione “Pedigree 3”, ha arrestato Francesco Doldo, 38 anni, e Domenico Russo, 22 anni, accusati di associazione mafiosa.
Il provvedimento di arresto, emesso dal Gip di Reggio Calabria, è avvenuto a conclusione delle indagini coordinate dalla Dda reggina diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri.
L’inchiesta “Pedigree 3” è la prosecuzione delle operazioni “Pedigree” e “Pedigree 2” eseguite rispettivamente il 9 luglio del 2020 e il 15 ottobre del 2020, e ha permesso di disarticolare ulteriormente la cosca Serraino operante nei quartieri di San Sperato, nelle frazioni Arangea e Gallina, nonché nel comune di Cardeto e nelle aree aspromontane della provincia reggina.
Le indagini svolte dalla Squadra Mobile sotto le direttive dei Sostituti procuratori della Dda di Reggio Calabria Stefano Musolino, Walter Ignazitto, Paola D’Ambrosio e Diego Capece Minutolo, si sono avvalse anche delle dichiarazioni di alcuni soggetti, arrestati nelle precedenti operazioni, che nel frattempo hanno scelto di collaborare con la giustizia.
Tali dichiarazioni, puntualmente riscontrate dalle attività tecniche di intercettazioni, hanno permesso di acquisire un grave quadro indiziario a carico dei due arrestati quali partecipi, a pieno titolo, del programma criminoso della cosca Serraino attiva nel settore delle estorsioni a danno di imprenditori e commercianti locali, nell’imposizione, con violenza e minaccia, di beni e servizi, e nell’impiego dei proventi delle attività delittuose in esercizi commerciali nel campo della ristorazione e della vendita di frutta, intestati a compiacenti prestanomi allo scopo di eludere l’applicazione delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e il sequestro delle imprese ai sensi della normativa antimafia.
In particolare, l’indagine ha consentito di accertare che Francesco Doldo, pur non essendo stato formalmente “battezzato”, è di fatto un “accoscato” e fornisce al sodalizio un prezioso contributo rendendosi disponibile per conservare e custodire armi della cosca e mettendo a disposizione gli uffici della propria agenzia di assicurazioni per riunioni di ‘ndrangheta. Riunioni in cui sono state assunte importanti decisioni relative a fatti estorsivi e paventati progetti omicidiari ai danni di un esponente della cosca sospettato di avere rapporti ambigui con esponenti delle forze dell’ordine.
E’ emerso, inoltre, che esisteva un rapporto di strettissima sinergia tra Doldo e Francesco “Ciccio” Russo, alias ‘u scazzu, capo locale della cosca Serraino fino al suo arresto avvenuto nell’ottobre 2020. Doldo, infatti, si attivava per individuare un’autovettura da destinare al trasporto dei familiari di Francesco Russo, ristretto in carcere dopo l’esecuzione dell’ordinanza custodiale emessa a suo carico nel procedimento Pedigree 2; e per ricercare somme di denaro, su sollecitazione di Domenico Russo, da destinare al pagamento delle spese legali in favore di Francesco “Ciccio” Russo, all’epoca esponente apicale della consorteria mafiosa.
Quanto a Domenico Russo, secondo gli inquirenti ha fornito, nel tempo, sistematica e fattiva collaborazione al padre Francesco Russo, detto “Ciccio lo scalzo”, che a sua volta era stato indicato dai collaboratori di giustizia come storico componente della cosca Serraino con il ruolo direttivo in seno alla consorteria mafiosa di ‘capo società’ (aveva presieduto i riti di affiliazione e, dopo la sua recente scarcerazione nel 2017, aveva mantenuto un ruolo apicale interloquendo direttamente con il capo della ‘ndrina Nino Serraino).
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