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La denuncia da parte dei Medici per i diritti umani (Medu) del degrado e abbandono in cui versano i migranti nella piana di Gioia Tauro

ROSARNO (REGGIO CALABRIA) –  L’organizzazione Medici per i diritti Umani torna per il decimo anno consecutivo nella Piana di Gioia Tauro. Una missione «per portare assistenza medica e supporto legale ai braccianti impiegati nella raccolta agrumicola». Negli insediamenti della Piana, per tre giorni a settimana, è presente «un team che fornisce assistenza medica e orientamento legale. Con il supporto di due mediatori culturali, raggiunge con una clinica mobile i circa 1500 braccianti agricoli stranieri che popolano i casali abbandonati, la fatiscente tendopoli ministeriale e i vecchi container sparsi tra i Comuni di Rosarno, San Ferdinando e Taurianova».

L’organizzazione di supporto e volontariato sanitario riferisce come «la popolazione degli insediamenti è composta da giovani uomini con un’età media di 35 anni. Provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana occidentale, in particolare Mali, Gambia, Senegal, Ghana e Costa D′avorio. Molti di loro vivono in Italia da diversi anni, l′88% da più di 3. Ma nonostante la lunga permanenza, continuano a trovarsi in una condizione di esclusione, precarietà occupazionale e sfruttamento».

Analizzando la situazione dei migranti, per i Medici per i diritti umani «è significativo notare che il 92% delle 94 persone assistite nel primo trimestre del 2023 era in possesso di regolari documenti di soggiorno in Italia. Nello specifico, i lavoratori disponevano di un permesso di soggiorno per richiesta asilo (39%), protezione sussidiaria (22%), protezione speciale (22%), lavoro subordinato (15%) o stagionale. L’1% era titolare dello status di rifugiato e un ulteriore 1% di un permesso di soggiorno per attesa occupazione».

Ma se in genere il tempo allevia le ferite, nel caso della Piana di Gioia le cose sono un po’ diverse. «Le drammatiche condizioni descritte negli anni precedenti – scrive MEDU – appaiono oggi ancor più grottesche e paradossali, se si accostano le immagini disumane della vita negli insediamenti informali a quelle dei campi container ultimati e mai aperti o delle palazzine disabitate confiscate alla mafia e recentemente ristrutturate per promuovere un abitare dignitoso».

Riguardo la situazione dei migranti, Medici per i diritti umani denuncia veri e propri sprechi incomprensibili. «Cinque milioni e mezzo di euro spesi ad oggi per la realizzazione di alloggi che non hanno mai aperto i battenti. Di questi, 3 milioni provengono dall’Unione Europea destinati alla costruzione di sei edifici per un totale di 36 appartamenti a Rosarno. Ulteriori 2 milioni stanziati dal Ministero dell’Interno per la creazione del “Villaggio della Solidarietà” su un terreno confiscato al clan Bellocco. Infine, 650.000 euro investiti per la realizzazione di un Centro Polifunzionale mai attivato in Contrada Donna Livia, nel comune di Taurianova».

Non usano mezzi termini i volontari di Medu che però evidenziano anche un esempio “coraggioso e lungimirante” proposto dalla società civile «a fronte dei ritardi e della timidezza delle iniziative istituzionali». Da due anni, ha infatti aperto i battenti a San Ferdinando l’ostello per i braccianti “Dambe So”. Nato su iniziativa del progetto Mediterranean Hope, della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI). A due anni dall’avvio, il progetto ha dato ospitalità a decine di persone in diversi appartamenti. Da un mese ha aperto un nuovo alloggio nel Comune di Taurianova. Si tratta di un progetto ambizioso, ma al contempo sostenibile dal punto di vista economico e sociale. Dal momento che coniuga i temi dell’abitare e del lavoro, prevedendo il coinvolgimento attivo dei lavoratori come soggetti di diritti e cittadinanza ma anche della comunità locale».

Per l’organizzazione «tra commissariamenti, crisi economica e demografica, lavoro nero, illegalità diffusa, sanità al collasso, quella dei migranti e richiedenti asilo costretti a vivere in condizioni disumane per poter lavorare, spesso in nero e in condizioni di sfruttamento, alla raccolta stagionale degli agrumi, appare come una piaga vergognosa e apparentemente inguaribile. Un elemento contestuale che si ripete come le stagioni. E così, presso la tendopoli di San Ferdinando, oltre mille braccianti dormono da ottobre a marzo in tende ministeriali divenute ormai baracche coperte di plastica, senza acqua, luce e riscaldamento e a rischio continuo di incendi a causa dei fuochi accesi quotidianamente per riscaldarsi e cucinare. Estreme sono anche le condizioni in cui versa il casolare fatiscente in Contrada Russo, nel Comune di Taurianova, a pochi metri del “Villaggio della Solidarietà” pronto e mai aperto, dove circa 200 persone vivono tra spazzatura e ratti».

A quanto detto si aggiunge che «resta in piedi il campo container allestito all’indomani della rivolta del 2010 nel Comune di Rosarno, dove trovano riparo circa 300 persone, le più fortunate, nonostante il degrado, perché gli alloggi sono quantomeno dotati di allaccio elettrico e all’acqua. Queste drammatiche condizioni di vita forniscono lo sfondo per giornate lavorative estenuanti, in leggero miglioramento dal punto di vista della retribuzione giornaliera, comunque caratterizzate nella maggior parte dei casi da irregolarità contrattuali e contributive, con il lavoro grigio che rappresenta la norma e il lavoro nero ampiamente diffuso (36% dei lavoratori assistiti)».

In conclusione Medu si chiede «perché, dal 7 gennaio 2010, giorno della rivolta di Rosarno, nulla è cambiato? Perché milioni di euro sono stati investiti in unità abitative mai utilizzate? E perché si sfrutta la forza lavoro su cui poggia in misura determinante il settore agricolo locale, ma non vengono attuate politiche abitative e di inserimento socio-lavorativo a loro tutela? Perché un’emergenza decennale ha assunto i contorni di una crisi cronica?».

E, quindi, assieme ai partner del progetto “Campagne Aperte”, chiede «con forza una soluzione immediata e definitiva. È essenziale eliminare rapidamente gli ostacoli burocratici che impediscono l’apertura degli alloggi destinati ai braccianti e investire, in futuro, su iniziative che, come Dambe So, siano in grado di coniugare abitare e lavoro, garantendo al contempo la sostenibilità economica e sociale. In aggiunta, è urgente adottare misure concrete per proteggere i diritti dei lavoratori agricoli, che troppo spesso sono vittime di sfruttamento, a partire dai meccanismi di controllo e dalla regolamentazione delle politiche di filiera».

Inoltre, «nel breve termine, è di vitale importanza ripristinare un presidio dei vigili del fuoco nelle vicinanze della tendopoli di San Ferdinando così come servizi essenziali quali acqua potabile, luce e raccolta rifiuti, per evitare che la sicurezza degli abitanti venga ulteriormente compromessa».

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