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BORGO Croce è sotto attacco, Borgo Croce siamo noi. A chi non piace? È luogo di porte aperte, di paesani che mettono la sedia fuori e si godono il passeggio. Il torrente di gente che arriva durante le feste fino a qui, dove il murale non è fine a se stesso, ma è recupero della storia comune, il dialetto. Borgo Croce è luogo d’artista in cima a una collina, lungo le strade sconnesse che da Reggio Nord vanno in Aspromonte, con lo sguardo sull’eterno cantiere della superstrada Gallico-Gambarie. È un’impresa cresciuta sottovoce, angoli rianimati, usci riaperti, musica popolare, cittadinanza attiva e innamorata.
Si arriva fino a Borgo Croce superando punti di immenso degrado, case sghembe e abusive, rifiuti a cielo aperto: e infatti la sorpresa qui è doppia, e all’inizio non si spiega nemmeno l’ingorgo. Un’idea di un’architetta – Reggio ha pur sempre uno dei migliori corsi di laurea in Italia – un’idea che ha coinvolto a livello volontario tanti uomini di cultura. Maria Grazia Chirico ha sempre detto: «L’ho fatto semplicemente perché non volevo che il paese morisse». E ci è riuscita. Ora – da oggi ancor di più – il paese è una destinazione, vicina alla Fiumara di Muro da cui partirono i fratelli Reitano in cerca di fortuna. Qui dal basso – senza partiti e senza assessori – vive e cresce un’esperienza di valore assoluto, una case-history, un modello che finisce sulle tesi di laurea. Non piace ai vili, a quelli delle lampadine fulminate e delle case abbandonate. In questi anni Borgo Croce ha ricevuto molti premi, le presenze si sono moltiplicate, probabile che tutto questo movimento abbia dato fastidio a qualcuno (LEGGI LA NOTIZIA DELL’INCENDIO AL PULMINO DELL’ASSOCIAZIONE BORGO CROCE)
Ma non bisogna rassegnarsi. E tanto per essere chiari, nel tentativo presuntuoso di interpretare il pensiero dell’opinione pubblica – è questo il compito arduo dei giornali – , l’appello va fatto anche alle forze dell’ordine e alle istituzioni: signor Procuratore uscente, signor Procuratore entrante chiunque lei sia, ci aspettiamo attenzione a gravissimi fatti come questo e risultati. Queste piccole grandi violenze colpiscono il cuore de vivere civile, i posti dove la gente va per divertirsi, per confrontarsi. Ad Arghillà come a Pellaro come a Borgo Croce come a Catona, viene colpito il diritto allo stare insieme, rischia di vincere chi vuole i paesi spopolati e senza servizi. Hanno bruciato il centro operativo di Ecolandia (LEGGI), provocando per fortuna una grande risposta popolare. È andato in fumo il prato sintetico del campo di Catona (LEGGI). Hanno danneggiato un playground a Pellaro. Ma in tutta la Calabria – nell’alto Jonio, nell’alto Tirreno – il linguaggio del fuoco, il linguaggio dei vigliacchi continua a ferire. E non sono forse dolosi gli incendi nei boschi di questi giorni? La stragrande maggioranza dei cittadini è per la Restanza, per i paesi colorati, per le partite di calcio la sera, per i concerti. Contro il buio dove rischiano di sopravvivere solo le guardie e i ladri, come ha detto con una felicissima espressione lo scrittore Santo Gioffrè.
La reazione di disgusto, la rabbia di queste ore per l’attentato a Borgo Croce è la spinta, a moltiplicare le iniziative a dare voci alle persone sane. Si parla di sottoscrizione, di concerti, già molti cantanti si sono offerti: ma immagino che queste ore siano il momento dello shock. Borgo Croce, con i suoi 45 abitanti, deve sapere che siamo tutti con loro. Il terrore non deve vincere, già in questo momento ha più paura chi quel gesto odioso lo ha compiuto. Stanotte non ha dormito di sicuro.
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