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REGGIO CALABRIA – Colpo agli esponenti della ‘ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti, con l’aggravante delle finalità mafiose.

A Torino e nell’hinterland piemontese, nonché a Reggio Calabria, Milano e Catania, 400 carabinieri del Comando provinciale di Torino hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale torinese su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia.

Contestualmente la guardia di finanza di Torino sta procedendo alla notifica del medesimo provvedimento per ulteriori 6 indagati, ritenuti responsabili, nell’ambito della medesima associazione, anche di riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sottoposti a sequestro beni mobili ed immobili, nonché conti correnti e quote societarie per un valore in corso di quantificazione.

A quanto si apprende, nel corso delle indagini, con l’esecuzione di 70 misure cautelari, 64 eseguite dai carabinieri e 6 dalla guardia di finanza, si è provveduto a sequestrare beni mobili e immobili, quote societarie e conti contenti sarebbero stati sequestrati anche 80 kg di droga.

Il noto avvocato

Nell’indagine è coinvolto anche Pierfranco Bertolino, noto penalista torinese. Per l’avvocato, accusato di favoreggiamento personale, il gip Luca Fidelio ha disposto il divieto temporaneo di sei mesi dell’esercizio dell’attività. Secondo le accuse, il legale, già coinvolto in una vicenda di presunti favori nella Procura di Torino, avrebbe svelato ad alcuni suoi clienti notizie riservate su indagini ed intercettazioni in corso.

L’inchiesta

Sono «emersi plurimi indici di esteriorizzazione del metodo mafioso». Lo rileva il gip nell’ordinanza che ha portato a 70 misure cautelari nell’ambito del blitz contro la ‘ndrangheta.

«Preme ad ogni modo evidenziare che nel presente procedimento sono emersi plurimi indici di esteriorizzazione del metodo mafioso e concreti elementi di operatività delle strutture in esame – si sottolinea – tenuto conto della disponibilità di armi da fuoco in capo a diversi affiliati, della creazione e messa in esercizio di due potenti associazioni dedite al narcotraffico (costituenti una branca dei locali mafiosi e deputate a realizzare uno degli scopi delle cellule di ‘ndrangheta), della disponibilità di ingenti risorse illecite e della commissione di plurimi delitti in materia di spaccio, aventi ad oggetto ingenti quantitativi di droga».

Durante l’indagine sono stati catturati tre latitanti, tutti componenti della famiglia Assisi: Pasquale, bloccato in un appartamento con attico nel centro di Torino; Nicola e Patrick, inseriti nell’elenco dei latitanti “pericolosi” e localizzati lo scorso 8 luglio in appartamenti di lusso a San Paolo del Brasile.

Cittadini terrorizzati

Cittadini terrorizzati costretti a vivere in stato sudditanza. E’ quanto rileva il gip nell’ordinanza di misure cautelari.

Il cittadino «per tutelare i propri interessi personali e/o patrimoniali, è portato a non denunciare i soggetti facenti parte dell’associazione di stampo mafioso – si osserva nell’ordinanza – Egli, nel momento in cui viene in contatto con esponenti dell’organizzazione mafiosa, è pervaso da un sentimento di paura, e terrorizzato da ciò che potrebbe capitargli in conseguenza della collaborazione con gli organi statuali, e costretto a vivere in uno stato di sudditanza e di sottomissione, preferisce tacere e non collaborare con lo Stato, essendo portato a subire e a piegarsi alle richieste – esplicite ed implicite- degli appartenenti all’associazione».

Le dichiarazioni degli inquirenti

Il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo ha sottolineato: «Il mafioso non cessa mai di essere tale se non nel momento in cui inizia a collaborare. Per questo motivo, non legare i premi, che sono l’unico incentivo, alla collaborazione è profondamente sbagliato».

«Queste persone – ha aggiunto Saluzzo riferendosi alle polemiche sull’ergastolo ostativo – riprendono l’attività mafiosa non appena riacquistano la possibilità di agire sul territorio, dopo rilasci e scarcerazioni la ripresa è immediata».

Nell’operazione di stamattina è stato accertato che Antonio Agresta, padrino della ’ndrangheta attualmente recluso a Torino, dal carcere continuava a comunicare mediante “pizzini” con il resto dell’associazione.

Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ha spiegato: «Il concetto di una ‘ndrangheta frammentata è superato, l’associazione tende sempre più ad aggregarsi muovendosi con padrini e capi società che operano sul territorio globale».

«L’attività criminale delle locali di Volpiano e San Giusto Canavese – ha aggiunto il magistrato – dimostra quanto sia pervasiva e pericolosa questa organizzazione che, nonostante i provvedimenti giudiziari, continua a operare e allargare le proprie capacità sul territorio non solo piemontese. Vi è un asse che lega la ‘ndrangheta del centro e del nord Italia con i luoghi di origine in Calabria, senza dimenticare il traffico internazionale di stupefacenti, con rotte che sono la Spagna da un lato e dall’altra i porti del nord Europa, come Anversa e Amsterdam, dove l’associazione ha delle vere e proprie basi. Si muovono come una holding che ha riferimenti ovunque».

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