INDICE DEI CONTENUTI
- 0.1 MASSIMO RAZZI – La prima domanda è anche un po’ “emozionale”, perché sono rimasto colpito dalla scena che ho visto a San Giovanni in Fiore durante la manifestazione per la sanità. Ad un certo punto ha preso la parola un signore anziano: “Io sono quello che ha avuto un infarto un’ora prima di Serafino – ha detto – e sono stato salvato dall’ambulanza. Un’ora dopo sarei morto al posto suo”. Perché succedono queste cose? E che cosa dobbiamo fare perché non si ripetano?
- 0.2 M. R. – Lei ha parlato di incentivi ai giovani medici. A Polistena, per esempio, mancano quattro anestesisti e questo fa sì che le sale operatorie lavorino a ritmo ridotto. Hanno fatto i bandi ma non viene nessuno. Si possono incentivare i giovani medici che vengono negli ospedali calabresi come si è fatto per i cubani?
- 0.3 VALERIO PANETTIERI – A proposito di Lea, si diceva che il nostro sistema di trasmissione dei flussi fosse incomprensibile, scadente e il principale motivo della nostra bassa posizione. Una delle cose che veniva detta spesso era che il problema non era la Calabria e cosa faceva in termini di offerta sanitaria ma come comunicava la sua produzione. La Calabria è davvero una regione con i Lea a posto? L’insufficienza è un dato tecnico soltanto?
- 0.4 M. R. – C’erano solo aspetti tecnici da migliorare o ci sono anche dei problemi di burocrazia, di organizzazione del lavoro o, forse, di mentalità?
- 0.5 V. P.- A proposito di Lea e ambulanze. Prendiamo l’allarme target e quello che abbiamo visto. Vale a dire le ambulanze nuove parcheggiate non solo all’Asp di Cosenza, il problema dei medici e quello degli autisti e gli infermieri, nonostante numeri a favore perché restano ferme?
- 0.6 M. R. – Come quello che è successo a Vibo?
- 0.7 M. R. – Su Vibo i cronisti hanno detto che “bastava andare all’ospedale e vedere” però c’è voluto un mese e mezzo o quasi. Come è possibile? Altra cosa a proposito dell’Assistenza domiciliare di Crotone. Le persone sono venute da noi a mostrare foto impossibili da pubblicare dei loro cari. Queste persone avevano avuto dai medici dell’Asp l’indicazione di un certo numero di ore di assistenza fornite dai privati perché il pubblico non ha i mezzi per l’ADI. A un certo punto, per giustificate questioni economiche, il commissario dell’Asp di Crotone, Brambilla (che è un bravissimo professionista), ha deciso un taglio lineare. Molte persone si sono trovate in condizioni disperate. Io ho chiesto a Brambilla “Ma come facevate in Emilia?”, mi ha detto “Lì il sistema di assistenza domiciliare è pubblico”. Neanch’io credo sia giusto dare tutti quei soldi ai privati per l’ADI. Cosa ci vorrebbe in termini di tempo e risorse per arrivare ad avere un sistema pubblico ADI che a Crotone oggi non c’è?
- 1 LA NOTIZIA
- 1.1 MARIA FRANCESCA FORTUNATO – Quindi ritirerà anche l’emendamento dei rettori?
- 1.2 M. F. F. – C’è da dire però che questo emendamento è legato in parte al commissariamento e al piano di rientro. Si è molto parlato di questo tentativo sui rettori anche come una ingerenza della politica. Ci spiega la ratio?
- 1.3 M. F. F – Il testo però lega la proroga al fatto che la regione è commissariata e in piano di rientro. Se usciamo dal commissariamento mancherebbe il requisito?
- 1.4 V. P. – Parliamo di bilanci e factoring. Nella relazione sui pregressi approvati a Reggio, Kpmg, che è la società di revisione dei bilanci, lascia intendere che ci sono aree grigie. Una di queste riguarda proprio le società di factoring e il loro metodo. Quello di prendere crediti a tutto spiano e farli gonfiare. Poi si arriva alle transazioni. Nonostante gli avvertimenti degli uffici interni dell’Asp di Cosenza che dicevano “alcune di queste cause le stiamo vincendo, perché pagarle?”. E poi ci siamo ritrovati che la trattativa è stata gestita da una persona esterna all’azienda. È stata una scelta giusta o bisognava lavorare all’interno dell’azienda per arrivare ad un accordo? Anche perché in mezzo c’è questa inchiesta della Gdf di Milano che indaga su un metodo nazionale. Queste società sono ancora presenti e si danno da fare. È stato giusto agire in questo modo?
- 1.5 V. P. Sulla questione dei vecchi bilanci, Kpmg dice che ci sono debiti che non sono quantificabili in maniera chiara.
Il forum con il presidente Roberto Occhiuto e il direttore generale di Azienda zero Gandolfo Miserendino, dal problema soccorsi al caso factoring, le questioni sospese
Un annuncio epocale: «Entro due o tre settimane, la sanità calabrese uscirà dal commissariamento». Il governatore Roberto Occhiuto ha scelto di farlo durante il forum nella redazione del QdS. Col direttore dell’Azienda Zero, Gandolfo Miserendino, Occhiuto ha risposto alle nostre domande. Si è difeso, ha attaccato, ha rivendicato e spiegato quello che c’è ancora da fare a cominciare dal piano di rientro economico. Ecco l’intervista.
MASSIMO RAZZI – La prima domanda è anche un po’ “emozionale”, perché sono rimasto colpito dalla scena che ho visto a San Giovanni in Fiore durante la manifestazione per la sanità. Ad un certo punto ha preso la parola un signore anziano: “Io sono quello che ha avuto un infarto un’ora prima di Serafino – ha detto – e sono stato salvato dall’ambulanza. Un’ora dopo sarei morto al posto suo”. Perché succedono queste cose? E che cosa dobbiamo fare perché non si ripetano?
ROBERTO OCCHIUTO – «Anche a me ha colpito questa testimonianza. Ogni volta che accadono tragedie come quella di San Giovanni in Fiore, per chi come me ha la responsabilità di governare la sanità, è una ferita. Nel sistema di emergenza urgenza, purtroppo, episodi del genere accadono. Il rischio non si può annullare. Spesso, però, si fa informazione senza conoscere il sistema. In tutta Italia solo il 23% delle ambulanze è dotato di medico a bordo. È evidente che in una regione come la Calabria questa percentuale dovrebbe essere molto più alta, e più efficiente il meccanismo dalla chiamata all’arrivo sul posto. Quando mi sono insediato ho trovato un sistema che di fatto non esisteva. Le ambulanze che soccorrevano i pazienti erano costrette a telefonare ai vari ospedali, ho trovato centrali operative senza collegamento internet. Anche sui tempi di risposta, siamo partiti da 31 minuti ora siamo a 27. Stiamo migliorando. Per la verità sarebbe stato difficile non migliorare la sanità calabrese. È un po’ come avessimo presa in serie D. L’ho portata in C1, mentre i sistemi sanitari delle regioni eccellenti che prima erano in serie A ora sono in serie B. C’è stato uno scadimento dell’offerta sanitaria in tutta Italia e paradossalmente la nostra è l’unica in controtendenza. Siamo partiti dal fatto che non si potevano fare assunzioni e investimenti perché non c’erano i bilanci, non c’era contezza su stati patrimoniali e conti economici delle aziende. Poi, anche con l’aiuto del governo ho potuto chiudere i bilanci e siamo cresciuti nel punteggio Lea, che Agenas ha cominciato a evidenziare e sarà testimoniato anche dal Ministero nei prossimi mesi. Purtroppo il sistema sanitario, italiano, è fatiscente e andrebbe riformato. Certo, servono risorse, ma se hai un motore che non funziona puoi mettere benzina ma non è detto che vada meglio.
Faccio l’esempio dei medici di medicina generale che guadagnano tre volte più quelli del pronto soccorso. Certo, hanno più spese: lo studio, la segretaria ecc., ma faccio questo esempio per indicare i ritardi delle riforme. Non mi stupisce che un medico giovane scelga di fare medicina generale e non pronto soccorso se non si danno incentivi, se per loro non c’è l’intramoenia. Sul tema del lavoro nella Sanità forse qualche riforma andava fatta in passato. Io sono stato tra i primi in Italia a denunciare le storture dei medici a gettone, l’ho fatto quando, esponendomi alle critiche di tutti e anche dell’Ordine dei medici, ho chiamato i medici cubani. C’è uno scontro ideologico tra sanità pubblica e privata, ma non ci si rende conto che negli anni in Italia si è privatizzato il lavoro sanitario. Un medico che nel pubblico fra netto e contributi costa 5mila euro al mese, quando si dimette e va fare il gettonista ne costa 50mila. Vuol dire che 45mila non sono spesi per i Lea. In Italia si è sempre data troppo poca importanza alla Sanità»
M. R. – Lei ha parlato di incentivi ai giovani medici. A Polistena, per esempio, mancano quattro anestesisti e questo fa sì che le sale operatorie lavorino a ritmo ridotto. Hanno fatto i bandi ma non viene nessuno. Si possono incentivare i giovani medici che vengono negli ospedali calabresi come si è fatto per i cubani?
R.O. «Non è possibile riconoscere stipendi più alti. Il contratto di lavoro è nazionale. Per fortuna, direi, per certi aspetti. Una delle ragioni per le quali ho contestato nelle riunioni di partito l’autonomia differenziata è anche questa. Se ci fosse questa leva per la Calabria sarebbe ancora peggio. Altre regioni, con capacità fiscale maggiore, potrebbero pagare di più i medici. Io sto chiedendo ai governi di valutare la possibilità di fare per i medici ciò che si fa per magistrati e poliziotti. Se inviati in zone disagiate hanno incentivi economici e di carriera. Una sanità come la nostra, commissariata da 15 anni e con tre decreti Calabria, meriterebbe un’azione di questo tipo, ma non con fondi regionali. Si potrebbe stabilire che se un medico sta due anni e mezzo in pronto soccorso in Calabria gliene vengono riconosciuti cinque. Noi stiamo sfruttando tutto quello che le innovazioni normative consentono: specializzandi, anche nei pronto soccorso con contratto libero professionale per i codici bianchi e verdi. Ma il governo dovrebbe intervenire come per magistrati e poliziotti».
VALERIO PANETTIERI – A proposito di Lea, si diceva che il nostro sistema di trasmissione dei flussi fosse incomprensibile, scadente e il principale motivo della nostra bassa posizione. Una delle cose che veniva detta spesso era che il problema non era la Calabria e cosa faceva in termini di offerta sanitaria ma come comunicava la sua produzione. La Calabria è davvero una regione con i Lea a posto? L’insufficienza è un dato tecnico soltanto?
R.O. – «È vero: c’è stato difetto di trasmissione dati e quindi un enorme ritardo, con flussi in alcuni casi mai alimentati. Questo descriveva una situazione ancor peggiore della realtà. Vero però che in alcuni ambiti c’erano ritardi strutturali. In molti abbiamo recuperato, sui tre indicatori Lea: ospedaliero, territoriale e prevenzione. E in più abbiamo rafforzato la qualità del dato, il sistema di trasmissione».
GANDOLFO MISERENDINO: – «Uno dei primi elementi del mio mandato era verificare lo stato dell’arte: ciò che veniva prodotto e cosa risultava ai ministeri. Un esempio: sulle vaccinazioni pediatriche il dato che risultava era zero, in altre parole la Calabria non vaccinava. Evidentemente non era così. Siamo partiti da un miglioramento puramente tecnologico per rendicontare correttamente ciò che la Calabria ha fatto. Poi implementeremo misure organizzative per migliorare questo dato. Così, nel 2024 è emerso che non eravamo a zero, ma al 70% di copertura vaccinale. Ancora poco rispetto al dato nazionale che è 91%. Dietro ai tre indicatori “core” (ospedaliero, distrettuale e prevenzione) ce ne sono altri 160 da verificare. Stiamo lavorando su tutti e i miglioramenti sono evidenti. L’area ospedaliera è già verde e stanno crescendo anche la distrettuale e la prevenzione. La tendenza, ora, è positiva».
M. R. – C’erano solo aspetti tecnici da migliorare o ci sono anche dei problemi di burocrazia, di organizzazione del lavoro o, forse, di mentalità?
G. M. – «Io dico sempre che è un sistema di concause. Rifaccio l’esempio sulle vaccinazioni: i medici devono farle e comunicarle in modo digitale. Ovviamente questo prevede che il professionista faccia il suo. Quando abbiamo iniziato abbiamo scoperto che le vaccinazioni erano segnate su un foglio di carta in una cartellina nello studio del medico. Occorreva prendere quel foglio e renderlo informazione. Il professionista, dunque, deve essere disponibile perché questi dati riportino la reale attività della Calabria e che arrivino più risorse. Se la regione è adempiente ha diritto a premialità. Ci vuole responsabilizzazione».
R. O. – «Un altro esempio. È cambiato il nomenclatore tariffario con molti codici mutati. Ai medici di medicina generale arriva il messaggio “aggiorna l’applicazione” ma non tutti lo fanno. Eppure, tutti dovrebbero remare nella stessa direzione».
V. P.- A proposito di Lea e ambulanze. Prendiamo l’allarme target e quello che abbiamo visto. Vale a dire le ambulanze nuove parcheggiate non solo all’Asp di Cosenza, il problema dei medici e quello degli autisti e gli infermieri, nonostante numeri a favore perché restano ferme?
R. O. – «Sugli infermieri non è così. Io sono rimasto stupito mentre lavoravamo al piano assunzioni. Potevo assumerne solo sette in tutta la Calabria. Perché ci sono più di mille che hanno mansioni negli uffici e non come infermieri. Stiamo mettendo mano anche su quello».
M. R. – Come quello che è successo a Vibo?
R. O. – «Spiegherà meglio Miserendino che in qualità di membro della commissione prefettizia dell’Asp ha fatto un ordine di servizio per mandare 8 infermieri al Pronto soccorso. Ebbene: dalle 17 alla mattina successiva ben 7 hanno prodotto certificati medici secondo i quali non potevano lavorare al pronto soccorso. Sull’emergenza qualche spazio per prendere infermieri c’è. Da marzo Azienda zero sarà a regime e avvieremo le procedure di selezione. Nei mesi passati è stata l’Asp di Cosenza ad occuparsene su delega, ed effettivamente qualche ritardo c’è stato».
G. M. – «Nel caso di Vibo ci siamo trovati davanti ad una situazione particolare. Il Dca 102 ridefiniva una sorta di distribuzione equa delle figure professionali sulle aziende sanitarie. Qui sono apparsi gli esuberi. È stata un’evidente dimostrazione di come l’azienda aveva dato un’informazione non perfetta sull’attività che svolgeva. Così sono risultati 81 esuberi sugli infermieri. Cos’era successo? A Vibo risultava una produzione minore rispetto a quella effettiva e quindi una necessità minore di organico. L’Azienda Zero si pone nell’ottica di verificare e ridefinire la reale produzione delle Asp. Reinserire queste informazioni ha permesso di rifare la valutazione e un nuovo decreto. Per esempio, il pronto soccorso aveva dichiarato accessi più bassi rispetto ai dati reali. Per quale motivo? Non venivano inseriti a sistema. Da qui l’esubero di personale in realtà inesistente.
Sul 118 l’azione fatta dall’Asp di Cosenza ha portato la definizione della centrale operativa unica e ad un coordinamento unico: 90 ambulanze da acquistare più l’assunzione di 163 autisti e circa 150 infermieri per mettere in movimento queste ambulanze. E abbiamo aperto 71 postazioni di emergenza territoriale rispetto alle 75 previste. Il target è raggiunto. Perché alcune aziende hanno atteso nell’assunzione di autisti e infermieri? Se l’ambulanza necessita di infermiere e autista è evidente che queste cose devono andare insieme. Questa regione partiva da 33 minuti come tempo di risposta delle ambulanze e la rilevazione adesso avviene con un software che tecnicamente non prevede errori. L’ambulanza comunica in tempo reale gli stati (partenza, arrivo, ripartenza), prima erano su carta. Il problema è che infermiere e autista devono viaggiare di pari passo. Se apro una postazione ma non ho queste due figure non ha senso aprirla».
M. R. – Su Vibo i cronisti hanno detto che “bastava andare all’ospedale e vedere” però c’è voluto un mese e mezzo o quasi. Come è possibile? Altra cosa a proposito dell’Assistenza domiciliare di Crotone. Le persone sono venute da noi a mostrare foto impossibili da pubblicare dei loro cari. Queste persone avevano avuto dai medici dell’Asp l’indicazione di un certo numero di ore di assistenza fornite dai privati perché il pubblico non ha i mezzi per l’ADI. A un certo punto, per giustificate questioni economiche, il commissario dell’Asp di Crotone, Brambilla (che è un bravissimo professionista), ha deciso un taglio lineare. Molte persone si sono trovate in condizioni disperate. Io ho chiesto a Brambilla “Ma come facevate in Emilia?”, mi ha detto “Lì il sistema di assistenza domiciliare è pubblico”. Neanch’io credo sia giusto dare tutti quei soldi ai privati per l’ADI. Cosa ci vorrebbe in termini di tempo e risorse per arrivare ad avere un sistema pubblico ADI che a Crotone oggi non c’è?
G. M.– «Brambilla ha la professionalità che serve. Penso che sia molto importante riuscire a capire la reale attività che oggi viene svolta. Alla domanda su Vibo “Non bastava fare un giro all’ospedale?” rispondo: “Bisognava farlo bene”. Perché se ci sono 20 infermieri che fanno gli amministrativi è un problema. Se io ho assunto una persona come infermiere deve fare l’infermiere e le dotazioni devono essere coerenti. La fotografia della pianta organica era errata, ecco perché ci abbiamo messo un mese e mezzo. Sull’Adi deve essere chiara la base di programmazione delle attività proprio per evitare che si verifichino situazioni di questo tipo».
R. O. – «Sono stato criticato quando dicevo che il sistema sanitario ha passato anni di caos, senza guida, dove si sono consolidati dei centri di potere amministrativo e a volte professionale-sanitario che hanno avuto uno sviluppo assolutamente sganciato da ogni logica di programmazione. Gli anni del commissariamento hanno indebolito il tessuto del sistema sanitario calabrese. Abbiamo messo mano al Cup regionale, ora abbiamo un cruscotto che ci dà le liste di attesa e i ritardi. Eppure molti medici non caricavano le loro agende sul Cup, forse perché volevano essere liberi di dedicarsi alle loro attività il venerdì oppure prendere le visite degli amici. Questo è un tema. Quando c’è un tessuto che viene lasciato degradare da anarchia generata durante il commissariamento, rimettere in moto sistema è complicato. Eppure una piccola rivoluzione culturale in questi anni c’è stata. Dubito che se avessi ascoltato i partiti mi avrebbero indicato Brambilla, che ha contribuito a scrivere il Dm 77, o Miserendino come professionisti. Anche le nomine apicali sono state oggetto di spartizioni e lottizzazione. Io ho fatto un cordone sanitario fra i commissari perché potessero ricostruire un tessuto dove il merito non venga mai messo da parte».
LA NOTIZIA
«Adesso voglio darvi una notizia. Sono assolutamente convinto che il commissariamento non sia una buona cosa per il governo della sanità in Calabria, lo ha anche detto la Corte costituzionale due volte. Ho lavorato nei mesi passati per ottenere dai ministeri affiancanti la possibilità di poter uscire dal commissariamento. Io ho maturato un’esperienza nei palazzi della politica romana e spesso faccio cose che vengono interpretate come strappi. Un esempio sono gli emendamenti. Volevo un’assunzione di responsabilità dei ministeri, che ci dessero i dati sul punteggio Lea e si esprimessero sulla chiusura dei bilanci e la loro certificazione. Gli emendamenti sono serviti a questo. Li farò ritirare stasera o domani perché ho avuto la rassicurazione da parte del governo che la sanità calabrese uscirà, da qui a qualche settimana, dal commissariamento. E io vorrei che uscisse non per una norma ma per una delibera del Consiglio dei ministri proposta dal Mef e dal ministero della Salute. Avendo finalmente il governo dei conti e i Lea in crescita, il commissariamento non ha più senso di esistere. Chiaramente rimarremo in piano di rientro, ma il mio obiettivo di medio periodo e quello di uscire anche da questo. Utilizzeremo parte della fiscalità aggiuntiva per colmare il deficit. Se noi riuscissimo con i Lea del 2024 ad essere verdi su tutti e tre gli aggregati (ospedaliero, prevenzione e distrettuale) potremmo chiedere l’uscita dal piano di rientro.
Altra cosa: ho chiesto al governo di darmi una mano per concludere i tre grandi ospedali. Sibari procede e sarà completato prima della fine della legislatura, a Vibo c’è stato un incontro con il concessionario e aggiorneremo il piano finanziario per accelerare i lavori. Sulla Piana il concessionario ha chiesto 190 milioni in più, noi siamo disponibili ad un aggiornamento del Pef. Mi sto assumendo tantissime responsabilità e rischio di essere rincorso dalla Corte dei conti per i prossimi decenni. Però l’ho fatto perché altrimenti non l’avremmo finito. Ho chiesto al governo poteri di Protezione civile per procedere più velocemente con gli adempimenti previsti. E questo per i tre ospedali più il Policlinico universitario di Cosenza e una parte dell’ospedale di Reggio. Ho fiducia».
MARIA FRANCESCA FORTUNATO – Quindi ritirerà anche l’emendamento dei rettori?
R. O. – «No, gli emendamenti erano due, quello del milleproroghe sull’uscita dal commissariamento e i poteri speciali. Quello dei rettori è a parte e non sarà ritirato».
M. F. F. – C’è da dire però che questo emendamento è legato in parte al commissariamento e al piano di rientro. Si è molto parlato di questo tentativo sui rettori anche come una ingerenza della politica. Ci spiega la ratio?
«In questa regione si alimentano dibattiti surreali. Il giorno prima il rettore Unical è il migliore della storia, il giorno dopo diventa un problema prorogarlo. Proroghiamo perché c’è un progetto, che è la facoltà di medicina. La facoltà a Cosenza è la leva principale per migliorare l’assistenza ospedaliera. Non sarebbero venuti la Melfi, Schmidt e altri medici e luminari che l’Università della Calabria sta cercando di acquisire. Ricordo che l’ospedale di Cosenza era indicato come il peggiore d’Italia, ora può diventare un luogo con eccellenze capaci anche di sviluppare mobilità attiva. Per ciò penso che questo emendamento abbia una sua ragione di essere. Perché tutte le interlocuzioni che Leone sta avendo con i luminari rischierebbero di ritardare se ci fosse una cesura dovuta alla fine della sua gestione».
M. F. F – Il testo però lega la proroga al fatto che la regione è commissariata e in piano di rientro. Se usciamo dal commissariamento mancherebbe il requisito?
R.O. – «Credo che ci sia una discussione per estendere il provvedimento a tutte le regioni in piano di rientro».
«Uno dei primi emendamenti che ho chiesto al Parlamento era la possibilità di fare una ricognizione delle pretese creditorie con l’ausilio della Finanza. Anche io temevo pretese che non avessero alcun titolo. Perlopiù nel sud della Calabria per la storia dei doppi e tripli pagamenti. Questo lavoro ha generato un po’ di deterrenza: molte delle pretese che erano iscritte all’atto dell’esposizione dei crediti non sono state poi presentate. Sulle società di factoring abbiamo fatto più di una riunione e all’epoca abbiamo detto che avremmo dato come Regione tutto il sostegno necessario per arrivare a chiusura. Avevamo anche detto che avremmo potuto gestire tutto con un unico tavolo regionale. Ci è stato detto che sarebbe stato più veloce procedere azienda per azienda. Abbiamo detto sì anche perché le aziende sono personalità giuridiche autonome. Ho detto in più di un’occasione che ho la massima fiducia nei direttori generali però se all’interno del sistema sanitario le inchieste dovessero accertare dipendenti o dirigenti infedeli è giusto che vengano perseguiti. Sul factoring c’è un’inchiesta che riguarda tutte le attività di questa banca. Vedremo quali saranno gli esiti, ma da quello che mi pare di capire sia il direttore generale dell’Asp di Cosenza che di quella di Reggio sono molto tranquilli».
V. P. Sulla questione dei vecchi bilanci, Kpmg dice che ci sono debiti che non sono quantificabili in maniera chiara.
«Noi abbiamo chiuso il bilancio consolidato, quello delle aziende e li abbiamo fatti certificare. Poi abbiamo utilizzato una norma, quando io dicevo che ho avuto poteri che gli altri non hanno avuto mi riferivo proprio a questa, che ci ha dato la possibilità di approvare il bilancio e adottarlo sulla base delle informazioni note. Questo in modo da chiudere i pregressi. Perché altrimenti sarebbe stato impossibile, nessun funzionario avrebbe potuto accertare alcunché su documenti del 2017 o prima. Questa norma ci dà la possibilità di chiuderli sulla base di quello che è noto. Abbiamo attivato le procedure che Kpmg ha sottolineato. Tutto il contenzioso è stato passato ai raggi X. Ora stiamo selezionando un’azienda di certificazione che faccia la valutazione su tutto il contenzioso che c’è. Se riscontreremo partite degne di essere segnalare all’autorità giudiziaria lo faremo».
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