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COSENZA – Un paziente malato di tumore arriva a spendere oltre 1800 euro all’anno per sostenere spese di cura e trasferimento in altre regioni o in istituti privati, lì dove il pubblico non riesce a garantire l’accesso se non dopo mastodontici tempi di attesa. Il dato emerge da uno studio presentato due giorni fa alla Camera dei Deputati e promosso dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo) e realizzata da datamining, in collaborazione con l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (Aimac) e l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e quello di Napoli (Fondazione Pascale).
Quello che emerge è un quadro, seppur riferito agli anni 2017 e 2018, estremamente fosco. La popolazione è letteralmente costretta a pagare centinaia di euro per alloggi, trasporti, accesso ad esami diagnostici ed altro. Le conclusioni sono affidate al “paper” pubblicato su “The European Journal of Health Economics”. Qui in sostanza si specifica che i pazienti con tumore, le famiglie e i caregiver spendono migliaia di euro l’anno per supplire ai servizi in teoria a carico del servizio sanitario nazionale. Ssn che dovrebbe invece dare la possibilità di curarsi il più vicino possibile alla propria residenza. E invece in Calabria non è così. La fuga di pazienti oncologici è in costante salita, come scritto pochi giorni fa dal Quotidiano. E si scappa soprattutto per le liste d’attesa interminabili dovute anche a macchinosi incartamenti burocratici.
Il caso sollevato pochi giorni fa è quello dell’acquisto degli acceleratori lineari di ultima generazione per la radioterapia in Calabria. Da un quinquennio se ne parla ma ci vorrà il 2024 per veder all’opera. Nel frattempo il numero dei trattamenti resta limitato da mezzi e personale. La spesa più alta è quella dei trasporti con 359,12 euro all’anno in media di spese per spostamenti. Seguono gli esami diagnostici (259,82) e alloggi (226,78). Poi ci sono gli interventi di chirurgia ricostruttiva che pesano per 149,62 euro in media, le visite specialistiche post diagnosi (126,12), l’accesso a farmaci non oncologici (124,26 euro l’anno), protesi e parrucche (122,2), assistenza domiciliare (84,27) e consulenze nutrizionali (82,36).
«I pazienti più vulnerabili sono anche coloro che più spesso mettono mano al proprio portafoglio per curarsi – spiega il presidente Favo Francesco De Lorenzo – è necessario rafforzare la medicina territoriale, anche in ambito oncologico. Le cure più avanzate è giusto che vengano svolte nei centri di riferimento. Ma una volta superata la fase acuta della malattia, il resto va fatto principalmente sul territorio. I pazienti con una malattia avanzata, anche quando non guariscono, hanno diritto a una vita dignitosa in linea con le opportunità terapeutiche attuali e alla migliore qualità della vita possibile».
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