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Agostino Miozzo

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CATANZARO – Nel destino di Agostino Miozzo c’era la Calabria. Dopo essere stato uno dei nomi che hanno preceduto la nomina di Guido Longo, da poco meno di un mese è il nuovo consulente alla sanità della Regione. Fortemente voluto dal presidente Occhiuto, si presenta motivato per la sfida del rilancio della sanità calabrese. Miozzo è stato coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico nazionale per 13 mesi. Nel corso della sua carriera, ha guidato per il Ministero degli Esteri programmi di emergenza umanitaria in Etiopia e di cooperazione in paesi dell’Africa sub sahariana. Miozzo, attualmente in attesa di guarire dal covid, si è raccontato da casa sua al Quotidiano del Sud, passando in rassegna obiettivi a breve, medio e lungo termine.

Dalla mancata nomina a commissario a quella di consulente in materia sanitaria e di protezione civile. Con quale spirito si approccia a questo nuovo percorso e come ha accolto la chiamata del presidente Occhiuto?

«Lo spirito è quello di dare il mio piccolo contributo ad una regione che merita ben altro che la distrazione di cui è stata vittima per decenni. Il presidente Occhiuto mi ha contattato e mi ha chiesto di aiutarlo. Ho avuto con lui più di un colloquio. Incontri cordiali, sereni e molto schietti. Devo confessarle che il suo approccio pragmatico, trasparente e innovatore mi è piaciuto molto, come mi è piaciuta la squadra di giovani di cui si è circondato. Ho visto negli uffici della Regione un clima entusiasta e positivo; queste sono le ragioni che mi hanno convinto ad accettare la proposta».

Facendo muovere l’inizio della nostra analisi dall’emergenza sanitaria, si fa sempre più strada la convinzione che quella che viviamo è una fase di transizione verso l’endemizzazione del covid. È d’accordo? Come pensa che possa cambiare e come sarà, lei che ha coordinato il Cts, la gestione di un virus endemico?

«Questa emergenza ci ha insegnato una cosa: l’evoluzione della pandemia è decisamente imprevedibile, ricca di incognite e variabili cui ci dobbiamo preparare. Con molta probabilità l’evoluzione sarà “benigna”, Omicron pare aver perso l’aggressività del ceppo originale e delle successive mutazioni. Purtroppo fa ancora molti danni, anche gravi, soprattutto sulle persone non vaccinate ma risparmia la maggior parte dei vaccinati. Io ne sono un testimone diretto, con tre dosi di vaccino ho preso il virus, mi sto facendo la mia bella “prigione” domestica con molti disturbi ma solo alle vie aeree superiori che sono durati tre giorni. Ora sto bene e attendo la negativizzazione del tampone. Tornando alla pandemia, tutti prevedono che entro pochi mesi gran parte della popolazione sarà stata toccata dal virus, ragione per cui dobbiamo continuare, con decisione, nella campagna vaccinale, nelle terze dosi, nelle vaccinazioni ai più piccoli. Supereremo presto questa nuova ondata e dobbiamo solo sperare che non emergano nuove varianti più aggressive. Questa ipotesi è assai improbabile ma, lo dico da protettore civile che si è abituato a lavorare descrivendo sempre gli scenari peggiori, dobbiamo predisporre in tempo di pace le nostre armi. Oggi sappiamo cosa si deve fare in caso di emergenza pandemica, sappiamo cos’è il tracciamento, la quarantena, il lockdown e quanto siano importanti letti di terapia intensiva o di reparto. Oggi abbiamo i vaccini, nel prossimo futuro ce ne saranno di nuovi e abbiamo nuove terapie. Le condizioni sono decisamente differenti dal febbraio del 2020. Dobbiamo imparare a convivere con un virus che resterà a lungo a farci compagnia. Probabilmente sarà solo una fastidiosa compagnia, né più né meno dell’influenza che ben conosciamo»

Fra i motivi per cui è stato chiamato qui in Calabria, c’è anche il percorso della telemedicina, avviato proprio in questi giorni. Gli interventi sanitari a distanza sono preziosi sia ora per diminuire la pressione del covid sugli ospedali e lo saranno a maggior ragione in futuro per abbandonare la logica “ospedalocentrica” che predomina in Calabria. Quanto è importante e quali risultati si attende ed auspica?

«Non è importante, è un salto di qualità fondamentale. Riproporre, adeguato ai tempi, il ruolo del medico di famiglia ed incentivare attraverso l’uso della tecnologia la telemedicina significa non solo decongestionare gli ospedali soprattutto in momenti acuti come quello attuale, ma dare più dignità al malato, rendergli più confortevole, umano e più accettabile il percorso della malattia. Quanti giorni di inutili ricoveri si passano in ospedale per fare esami, controlli e terapie che oggi possono essere fatti agevolmente presso il proprio domicilio?».

Telemedicina e non solo. La capillarità dell’offerta sanitaria passa anche dal territorio. E da questo punto di vista, la medicina territoriale calabrese ha mostrato in questi due anni di pandemia tutta la sua debolezza strutturale, la frammentarietà dei servizi ed i suoi atavici problemi si sono ampliati. Come si deve intervenire e quali misure sono necessarie?

«Regioni ben più ricche ed attrezzate della Calabria hanno dato evidenza della propria debolezza strutturale in merito all’assenza della medicina del territorio. Non credo sia utile per i calabresi continuare a piangersi addosso. Ho visto nella vostra regione delle eccellenze sanitarie totalmente sconosciute. Non sono molte ma ci sono. Come reali ed innegabili sono le carenze del sistema che impongono quell’insopportabile “turismo” sanitario che si deve interrompere a tutti i costi. I difetti atavici, come li chiama lei, sono stati evidenziati dal disastro Covid che ha messo il dito nella piaga di tutte le criticità del sistema; quasi fosse un supremo giudice che ha voluto evidenziare tutti gli errori da noi commessi nel passato. Ora c’è da rimboccarsi le maniche, valorizzando le competenze esistenti, creando sinergie con sistemi del paese che sono pronti ad aiutare. Abbiamo visto la Regione Lombardia che ci sta aiutando a costruire il sistema di emergenza 112/118 o l’Ospedale Gemelli di Roma che in nove giorni è riuscito a trasferire in Calabria un esperimento di monitoraggio a casa dei pazienti covid. I fondi del programma Pnrr, se ben investiti saranno uno splendido strumento di rinascita dell’intero sistema. Cerchiamo di essere ottimisti».

Guardando proprio al Pnrr, fra gli interventi vi rientrano quelli che puntano proprio alla medicina territoriale. Che prospettive ci sono?

«Il progetto che dovrebbe nascere grazie ai fondi del Pnrr vuole sostanzialmente mettere a fattore comune le esperienze vissute nel corso della pandemia. Comprendere che le strutture sanitarie servono sul territorio, che le chiusure di interi plessi sanitari decisi nel passato devono essere riviste. E’ però necessario rivedere la funzionalità della sanità del territorio pianificando la predisposizione di servizi razionali, evitando sprechi e duplicazioni inutili o la realizzazione di cattedrali nel deserto. Il Pnrr non dovrà essere l’occasione di nuove “speculazioni” immobiliari ma deve essere lo strumento di incentivazione di competenze professionali. I giovani emigrano se non trovano nella loro terra risposte alle loro aspettative e soprattutto soddisfazioni professionali. Se queste risposte le trovi dove sei nato, lì rimani e parti per altri motivi e non perché sei costretto. E questo vale anche per i medici, i tecnici e gli infermieri».

Altro importante compito che avrà e che prima citava riguarda la riorganizzazione del sistema regionale di emergenza urgenza. Anche qui, i problemi sono stati amplificati dalla pandemia. Da un lato carenza di personale, dall’altro strutturale. Qual è la ricetta per ripartire?

«Anzitutto essere consapevoli che non esistono bacchette magiche e che il mago Merlino esiste nella memoria delle favole della nostra infanzia. Ogni processo di riorganizzazione e ricostruzione vuole lavoro, dedizione, sacrifici. La creazione della nuova centrale di emergenza è una priorità della Regione e su questo il presidente Occhiuto si è impegnato trovando il pieno supporto della Regione Lombardia e della Agenzia delle emergenze di quella Regione, l’Areu. Se tutto andrà come auspichiamo entro l’estate anche in Calabria entrerà in funzione il nuovo sistema di chiamate di emergenza 112. Dopodiché si tratterà di concentrare l’attenzione sulla riorganizzazione del servizio di emergenza sanitaria, il 118. Processo più complesso che dovrà vedere la riorganizzazione del sistema del soccorso e del ricovero in ospedale».

Un’ultima domanda, sulla dotazione di personale del sistema sanitario regionale. Nei giorni scorsi sono state sbloccate 200 assunzioni a Cosenza. Saranno imminenti ulteriori interventi in tal senso? Si può pensare anche ad una collocazione per tutti i sanitari che sono stati preziosi e si sono formati affrontando in prima linea l’emergenza?

«Sono certo che i servizi della Regione stanno seguendo questo delicato dossier. Io sono appena arrivato e mi sto concentrando su alcuni temi relativi alle emergenze, non ho quindi elementi per rispondere a questa domanda. Posso solo immaginare che le risorse umane che sono state utili, spesso indispensabili, per affrontare questa drammatica emergenza saranno valorizzate, non possono essere perse».

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