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Doris Lo Moro

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Nella nostra testata si è alimentato un dibattito molto intenso sullo stato delle cose in Calabria. Lo ha molto vivacizzato Agazio Loiero, soprattutto con un secondo intervento che ha chiamato in causa il suo ex assessore Doris Lo Moro (LEGGI). Una protagonista della scena pubblica calabrese, oggi ritornata alla magistratura con importanti funzioni nazionali. Abbiamo ritenuto importante chiarire con lei, fatti del recente passato che riguardano l’oggi che prepara il prossimo futuro soprattutto per la martoriata sanità calabrese.

Dottoressa Lo Moro, la ringrazio di aver aderito al mio invito di rispondere a delle domande scaturite da un dibattito sulla Calabria

«Si figuri. Sono a sua disposizione».

L’ex governatore Agazio Loiero l’ha chiamata in causa nel suo ruolo di assessore alla Sanità della sua giunta. Io ho sostenuto che lei fu defenestrata, per aver presentato un Piano sanitario riformatore della sanità calabrese che non piaceva al Pd. Tesi contestata da Loiero che invece dice: “Doris Lo Moro è uscita dalla giunta perché non era riuscita a tenere sotto controllo i conti della Sanità”. Qual è la sua versione?

«Mi sorprende la ricostruzione di Loiero. Parlando con me ha sempre sostenuto che a voler il mio allontanamento dalla Sanità erano stati alcuni esponenti del Pd, probabilmente gli stessi che erano stati contrari alla mia nomina. Diceva anche che alcune scelte del mio assessorato, che lavorava per rafforzare la sanità pubblica, mettevano a rischio il consenso di settori che si erano riconosciuti nel centro sinistra».

Possiamo parlare di conti della Sanità calabrese?

«Quanto ai conti, per invertire la rotta su disservizi e spese fuori controllo nell’agosto del 2005, a soli tre mesi dall’insediamento della nuova Giunta, commissariammo tutte le aziende sanitarie, con una procedura che non è stata neanche contestata dai manager sostituiti. E non c’è dubbio che il cambio comportò un maggiore controllo della spesa ma anche purtroppo l’emersione di un forte disordine amministrativo. Negli anni che cercavamo di lasciarci alle spalle in Calabria si commissionavano farmaci con una semplice sigla e le aziende sanitarie non si difendevano neanche in giudizio».

Mi scusi ma tutti i soldi venivano spesi?

«Trovammo in giacenza somme ingenti non impegnate. Parlo dei fondi per l’edilizia sanitaria di cui all’art. 20 L. 67/88, di cui ci occupammo con una delibera di Giunta del 2006, posta poi a base dell’accordo di programma per la realizzazione di quattro nuovi ospedali, ma anche di altri fondi, come per esempio quelli per l’attuazione degli screening per la diagnosi precoce dei tumori femminili, con i quali finanziammo progetti innovativi fin dal giugno 2005. Riuscimmo anche ad incidere sui criteri per la ripartizione del fondo sanitario. Nel novembre 2006 per la prima volta la Calabria ottenne un’assegnazione pro capite superiore a quella nazionale. Riuscimmo anche a farci riconoscere, fuori termine, i soldi per la mobilità attiva di anni precedenti che nessuno aveva mai reclamato. Insomma, mentre ai commissari veniva dato mandato per una gestione oculata io mi occupavo di programmare la spesa di fondi non utilizzati e di recuperare più risorse».

Il clima politico in Calabria di quel periodo non era dei migliori…

«Non era certo tranquillo. Il 16 ottobre 2005 fu ucciso Francesco Fortugno, Vice Presidente del Consiglio Regionale, e a seguire cominciarono a pervenire le prime note riservate che avrebbero presto portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose di alcune aziende sanitarie. E, intanto, io viaggiavo sotto tutela, su una macchina blindata.
Senza dimenticare le tragedie della perdita di giovani vite, Federica Monteleone, Eva Ruscio e Flavio Scutellà, che, sul piano personale, mi costarono molto di più delle pretestuose polemiche che imperversavano quotidianamente sui giornali».

Loiero sostiene che lei era tranquilla sui bilanci e che non aveva ravvisato disavanzi e che questo sarebbe pesato sul contrasto politico che la vide perdente. Loiero dice il vero su questo punto?

«Credo che nessuno potesse essere all’epoca consapevole dell’entità del debito accumulato e non risultante dai bilanci. Del resto sembra che dopo oltre dieci anni di commissariamento non se ne conosca ancora l’esatta entità».

E le responsabilità di chi sono?

«Sia chiaro, la politica in questa storia ha fortissime responsabilità perché, nel sistema tuttora vigente per la nomina dei direttori generali, può succedere che i manager, che hanno la piena responsabilità della gestione, eseguono direttive dei politici di turno, dai quali si sentono garantiti. Non escludo, pertanto, che anche allora qualcuno cercasse di interferire nella gestione del settore come era successo negli anni precedenti».

E lei come assessore come operava?

«Intanto, io cercavo di interrompere l’andazzo. Sono quegli gli anni dello scandalo del Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, dei contrasti con il Rettore dell’Università Magna Grecia per il pagamento di spese sostenute dalla Fondazione Campanella. E l’elenco, che trova riscontro in varie inchieste giudiziarie, potrebbe continuare. Non vedo poi come potessi essere tranquilla sui bilanci, visto che contestualmente al progetto di piano sanitario portai in giunta una delibera sul disavanzo. Io cercavo solo di portare avanti con determinazione un progetto che aveva bisogno di tempo per dare risultati».

Invece il senatore Morra, ha sostenuto recentemente in televisione, che lei sarebbe stata dimissionata per il suo no a Loiero per il pagamento di una retta ad un imprenditore privato della sanità. Tesi smentita da Loiero. Possiamo chiarire anche questo aspetto?

«Guardi, la storia dei 200 milioni reclamati dalla sanità privata ha riscontri scritti che resistono al tempo. La verità è che la sanità privata insisteva nel chiedere il pagamento di prestazioni extra budget. Nel corso della trattativa che avevamo attivato per dare una risposta definitiva a tali richieste è però intervenuta una decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che ha tolto ogni incertezza sulla impossibilità di pagare prestazioni non concordate. Nell’ottobre 2006 la posizione della Giunta fu comunicata in un incontro con una delegazione dell’Aiop».

Quindi tutto regolare?

«La corrispondenza tra l’Aiop e il Presidente della Giunta racconta un’altra storia. L’Aiop insiste nella richiesta di pagamento, l’assessorato chiarisce i termini del problema e dà direttive alle aziende di non pagare e il clima si surriscalda. La cosa non trascurabile è che tutto questo avveniva a ridosso della formazione della nuova Giunta in cui io non entrai perché non mi interessava restare assessore con deleghe diverse dalla sanità. Mi fu chiesto con insistenza di restare in Giunta “con qualsiasi altra delega”».

Sempre Loiero, ha affermato, nell’intervento pubblicato dal nostro giornale, che per poterla investire del ruolo di assessore alla Sanità ha dovuto lottare contro i maggiorenti del Partito Democratico. Era tanto scomoda Doris Lo Moro?

«Quello che tutti sapevano è che mi sarei impegnata molto per cambiare le cose. Sapevo quanto era difficile farlo e non avendo esperienza nel settore avevo chiesto un’altra delega. Poi, entrata nel ruolo, non avrei lasciato la sanità per nessun motivo. Del resto mi rifiutai di essere candidata al Parlamento nel 2006 e dopo la vittoria di Prodi restai in Calabria volentieri pur sapendo che il Presidente del Consiglio mi aveva richiesto come Ministro. Ricordo che incontrai Fassino, allora Segretario del Pd, a Reggio Calabria e fummo d’accordo sulla necessità di continuare il lavoro avviato in Regione».

Quindi aveva il sostegno dei big nazionali?

«Prodi era intervenuto per convincermi ad accettare la sanità ma poi mi aveva comunicato di volermi nel suo Governo e, dopo qualche mese, mi aveva proposto di entrare nel Comitato promotore del Partito Democratico. Anche tale nomina non è andata a buon fine anche se fino alla sera prima i giornali nazionali riportavano il mio nome. Non so quanto tutto questo abbia inciso sul mio rapporto con i dirigenti calabresi che non è stato mai straordinario».

Posso chiederle invece io, se nel vostro dissidio, pesò anche la decisione di Loiero di sopprimere l’Asl di Lamezia, che era il suo territorio di riferimento?

«Direi che la soppressione dell’Asl di Lamezia sia stata un tentativo di delegittimarmi. In molti si chiesero perché non mi sono dimessa all’indomani della votazione in Consiglio Regionale della Legge che ha accorpato le aziende sanitarie, nel maggio 2007».

Perché? Lo puoi chiarire adesso.

«Un’operazione del genere mentre si stava concludendo un lungo lavoro di programmazione che prevedeva otto (e non cinque) aziende sanitarie non aveva senso. Non poteva che essere frutto di un accordo per farmi fuori. Io restai fino all’approvazione in Giunta del Piano nel novembre 2007 per uscire da questa storia con dignità e per evitare che si tentasse di veicolare il messaggio che non ero stata in grado di fare il Piano (cosa che qualche politico cominciava già a sussurrare)».

Il suo Piano quindi fu approvato?

«La mia proposta di Piano passò in Giunta tenendo conto dell’accorpamento che io però non ho né accettato né tanto meno condiviso. Conservo ancora tra le mie carte un documento che ho scritto nel novembre 2007, quando oramai c’era all’orizzonte la nuova Giunta, insistendo sulla necessità di correggere l’errore in Consiglio Regionale in sede di approvazione del piano sanitario».

Queste vicende secondo Loiero “lontane nel tempo non interessano ai calabresi”. Io invece ritengo di sì, considerato il disastro attuale della sanità calabrese. Perché siamo caduti così in basso? Lo chiedo ad un ex assessore alla Sanità ma anche alla cittadina Lo Moro.

«La situazione attuale è veramente allarmante e il commissariamento per come sono andate le cose non ha certo giovato. Non sono stati realizzati i nuovi ospedali. Non è migliorata la risposta alla richiesta di servizi e continua a tenere banco il debito. Anche nella fase di pandemia e di vaccinazione la Calabria non ha brillato. E i tanti operatori sanitari che lavorano con grande professionalità si sentono isolati e delusi».

Che rimedi si sente di suggerire?

«Alla vigilia delle elezioni regionali, mi limito ad augurarmi che il futuro Presidente affronti sul serio il problema della sanità, tenendola lontana dalla ricerca del consenso che alla sanità crea solo danni. Penso che tutti debbano fare di più, a partire dal Governo. Non è accettabile, per esempio, che i debiti riconducibili ad interferenze della criminalità organizzata debbano essere pagati con i fondi della Sanità».

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