Dalila Nesci con Luigi Di Maio
3 minuti per la letturaCOSENZA – Eran 18, erano giovani e forti e sono (politicamente) morti. Stiamo parlando del M5s che alle Politiche del 2018 in Calabria aveva fatto davvero all in, riuscendo ad eleggere tutti i candidati o quasi. Una pattuglia di 18 persone fra deputati e senatori eletti con consensi bulgari. Nei collegi uninominali oltre il 50% dei calabresi aveva barrato sul simbolo dei pentastellati mentre il dato finale parlava del 43,36% per il MoVimento una cifra enorme. Erano i tempi in cui i grillini promettevano di aprire il Parlamento come una scatola di tonno.
Dopo quattro anni e tre governi dopo (nei quali i 5 Stelle sono stati sempre presenti), di quell’idea è rimasto poco o nulla. Sembra al contrario che sia stato il sistema ad aprire il MoVimento. Pronti via e subito si è verificata la prima defezione con Silvia Vono, senatrice catanzarese che è passata prima ad ItaliaViva e adesso è approdata in Forza Italia.
Ma la scissione più rilevante si è verificata con il varo del Governo Draghi. Una circostanza che ha creato una profonda scissione nel gruppo con la nascita del nuovo gruppo parlamentare “L’Alternativa c’è”. Un gruppo a cui hanno aderito i deputati Forciniti e Sapia e i senatori Abate, Corrado, Granato. Più sfumata la posizione di Nicola Morra, il presidente dell’Antimafia infatti ha scelto di aderire al gruppo Misto anche se i punti di contatto con Alternativa sono molti.
Ieri poi c’è stata la nuova scissione guidata dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che ha avviato la raccolta firme necessarie per fondare in Parlamento un nuovo gruppo che si chiamerà “Insieme per il futuro”. Per il momento fra i calabresi hanno firmato i deputati Dieni e d’Ippolito e soprattutto il Sottosegretario per il Sud Dalila Nesci.
Tutti gli altri sono rimasti per il momento nel M5s di Conte. Fra questi c’è naturalmente il coordinatore regionale del movimento Massimo Misiti, l’ex sottosegretario Orrico, e ancora Parentela, Scutellà, Tucci. Fra i senatori è rimasto invece il solo Auddino. Resta invece un mistero la posizione dei due consiglieri regionali Davide Tavernise e Francesco Afflitto che per il momento non hanno preso posizione in attesa di eventuali eventi.
In effetti a ben guardare l’ennesima crisi dei 5 Stelle le ragioni politiche sfuggono ai più e quello che sembra guidare comportamenti e decisioni sono meri calcoli elettorali in funzione delle elezioni che si svolgeranno il prossimo anno.
D’altronde qual è il motivo della rottura di Di Maio se non il terzo mandato. Insomma l’impressione è che il sistema abbia completamente fagocitato il MoVimento i cui componenti si comportano come un qualsiasi politico a caccia di una riconferma per una seggiola o un semplice strapuntino. Il punto vero però è che per essere eletti servono i voti. Molti ex parlamentari difficilmente riusciranno nell’impresa di una riconferma visto l’anonimato in cui sono piombati subito dopo le elezioni.
Insomma è la fine del M5s per come l’abbiamo conosciuto. Non c’è più la democrazia diretta, semmai vi sia stata (come sono stati selezionati i candidati dei collegi uninominali? Attraverso curriculum? ma valutati da chi?).
È finita l’idea della supremazia morale del partito fra scandali veri o presunti. E infine la democrazia dell’uno vale uno è andata a farsi friggere fra espulsioni, diniego a candidature, liste di proscritti. Cosa resta di un movimento che comunque ha prodotto una innovazione nel sistema politico italiano lo scopriremo fra qualche mese.
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