Il ministro Roberto Calderoli insieme al presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto
3 minuti per la letturaLA BOZZA del ddl d’attuazione dell’autonomia differenziata non è un totem per Calderoli. Il ministro, dopo la rivolta delle regioni del sud e la frenata richiesta da Meloni e parte della maggioranza, dice di esser pronto a rivedere la bozza. Anche a riscriverla tutta, se necessario. Il ministro per gli Affari regionali e l’Autonomia lo ha confermato ieri in un’intervista a Repubblica. E nel corso della chiacchierata – come già fatto in altre occasioni – ha tirato di nuovo in ballo la Calabria, strizzando l’occhio al governatore Occhiuto. Quasi un modo per dire che al Sud non c’è una chiusura totale sull’autonomia differenziata e che non va raccontata come un tentativo di secessione.
L’autonomia, sostiene Calderoli, non rompe il Paese. «È l’occasione d’oro per sviluppare le potenzialità di ogni Regione. Il governatore della Calabria, Roberto Occhiuto, forzista, ha detto che se avesse la competenza sulla gestione dell’energia verde, dal momento che la sua regione ne produce più di quanto ne consumi, i cittadini calabresi potrebbero addirittura non pagare l’energia elettrica» spiega a Repubblica, (ri)citando un esempio caro al presidente. Calderoli, però, non riporta il resto del ragionamento che il governatore calabrese ha più volte proposto in questi giorni: bene l’autonomia, ma prima si cancelli il criterio (iniquo) della spesa storica, fin qui usato per finanziare i servizi nelle regioni, e si ristabiliscano pari diritti per tutti, da nord a sud. «Quello che però non funziona nella bozza Calderoli – dice Occhiuto – è il finanziamento dei diritti sociali e civili secondo l’ingiusto criterio della spesa storica. La Costituzione dice che i diritti vanno garantiti a tutti a prescindere dal luogo in cui si nasce. Oggi non è così. Quindi occorre attuare la Costituzione prima nella parte dei diritti e poi nella parte che riguarda le possibilità offerte alle Regioni dall’autonomia differenziata»
L’intervista comunque arriva a valle della riunione di maggioranza e Calderoli riporta in auge i Lep (Livelli essenziali di prestazione) che dovranno diventare riferimento per l’assegnazione di risorse destinate a determinati servizi, da garantire a tutti i cittadini, a prescindere dalla residenza. «I diritti sociali e civili uguali vanno garantiti – dice il ministro a Repubblica – È la volta buona. Nessuna materia potrà essere trasferita se prima non sono stati definiti i relativi Lep».
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Dunque, la proposta discussa in questi giorni, è basata su «appunti di lavoro che sono stati utili. Ma sono disponibile anche a riscrivere tutta la bozza, avendo avviato il confronto. Ascolto i suggerimenti dei governatori e le richieste di buonsenso. Ma se mi attaccano sostenendo che spacco l’Italia, allora rispondo: vai fare il comizio da un’altra parte. Se mi dicono che il reddito medio al Sud è più basso che nel resto d’Italia e che c’è un maggiore calo della popolazione o un deficit di strade e ferrovie, è colpa dello Stato centrale».
Per Calderoli «l’autonomia consentirà alle Regioni che vanno meno veloci di mettersi al passo con quelle che corrono. Nessuno pensa a 20 scuole, ma a funzioni che creeranno maggiore efficienza. È lo Stato centrale – dice ancora – che ha fallito finora accentuando le disparità. Il gap tra le varie aree del Paese c’è ora. L’autonomia è una opportunità per dimostrare di sapere amministrare meglio di come fa lo Stato e portare maggiori risorse ai propri territori. A chi dice che questo progetto è anticostituzionale – continua la difesa di Calderoli – replico che non attuare la Costituzione è incostituzionale».
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