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Enza Bruno Bossio

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FOSSE per lei, riavvolgerebbe il nastro degli ultimi vent’anni per rimetter mano alla riforma del Titolo V (pur approvata dalla maggioranza di centrosinistra) e lasciare alla competenza esclusiva dello Stato centrale alcune materie. «La sanità senz’altro. E non credo io debba argomentare: abbiamo visto tutti com’è andata durante la pandemia» dice Enza Bruno Bossio, componente della Direzione nazionale del Partito Democratico. Tuttavia, non sono questi i tempi né le maggioranze con cui vorrebbe veder affrontato un processo di revisione costituzionale.

Deduco quindi che lei sia contraria all’autonomia differenziata?

«Non mi piace, ma ho un approccio concreto: c’è una discussione ormai in campo sul tema per la sua attuazione e il nostro compito è cercare di curvare questo processo a vantaggio del Mezzogiorno».

Che tradotto in una lista di cose da fare diventa?

«Cancellare la spesa storica come criterio di divisione delle risorse, definire i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni, ndr), misurare i fabbisogni e istituire il fondo di perequazione per colmare il gap tra Nord e Sud. Fatto questo si può parlare di autonomia differenziata. Che era poi il percorso tracciato da Francesco Boccia, ministro degli Affari regionali durante il governo giallorosso. Boccia, peraltro, aveva anche escluso dal processo alcune materie, come l’istruzione. Quella che era la proposta Boccia oggi è per fortuna la posizione di tutto il Pd».

Lo è oggi?

«C’è sempre stata una parte del Pd che riteneva ci fosse una questione Nord da non trascurare».

Magari il fatto che siete all’opposizione – e non avete grandi margini di manovra, mettiamola così – aiuta.

«Sì, forse rende più facile ora trovare una quadra nel partito. Ma non era così scontato, mi creda. In direzione qualche settimana fa Piero Fassino, eletto parlamentare in Veneto, ha parlato a favore dell’autonomia differenziata, proprio come se per il Pd esistesse, come dicevo, una questione Nord. Il fatto è che non esiste una questione Nord e una questione Sud. Esiste una questione Italia che ha come obiettivo, da qui al 2026 o al massimo 2030, di colmare tutti i divari territoriali, generazionali e di genere. È l’impostazione del Pnrr ed è una rivoluzione: è quella che dobbiamo seguire».

Torniamo indietro di qualche anno. C’era il governo Gentiloni quando sono state firmate le preintese sull’autonomia con le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

«Sì, è vero. Ed è a quelle che si fa riferimento in queste settimane. Sa quanto costerebbe l’attuazione di quegli accordi? Una perdita per l’erario di 190 miliardi su 750 annui di gettito fiscale. È evidente dunque che il divario già oggi molto forte tra Nord e Sud si accentuerebbe. Già oggi se lo Stato volesse spendere la stessa cifra pro capite senza togliere risorse al Nord, dovrebbe mettere a bilancio circa 80 miliardi in più per il Sud. Queste risorse non sono state trovate finora, figuriamoci in uno scenario, come quello prefigurato dalle preintese, in cui lo Stato perderebbe quasi 200 miliardi».

Quindi lei condivide la posizione del governatore Occhiuto. Prima i Lep e poi l’autonomia.

«Semmai è Occhiuto che condivide la posizione del Pd, che è poi quella già espressa da Boccia ministro ed è anche l’impostazione del Pnrr. Ed è la posizione che ogni meridionale serio non può che condividere».

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