Il Ponte sullo Stretto
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Il progetto del Ponte sullo Stretto approda in Commissione parlamentare e tra dubbi e avvertimenti il costo sale a 13,5 miliardi
È iniziato nelle commissioni riunite Trasporti e Ambiente della Camera l’esame del decreto legge che fa ripartire l’iter di realizzazione del Ponte sullo Stretto. E le prime due giornate di audizioni – che hanno coinvolto ambientalisti, associazioni di categoria, comitati di cittadini, professori universitari, armatori – hanno già consegnato ai deputati una notevole mole di dati, accompagnati da conclusioni (circa la fattibilità e utilità dell’opera) discordanti. Nella seduta di ieri un sì convinto all’opera è arrivato dall’Anita (Associazione nazionale imprese trasporti automobilistici), da Pmia (Piccole e medie imprese autotrasporto), da Caronte & Tourist Spa e da Meridiano Lines Srl. Contrari all’opera Legambiente e il Comitato “Invece del ponte – cittadini per lo sviluppo sostenibile dell’area dello Stretto”.
Ma anche le relazioni dei docenti universitari, d’ambiti diversi, non convergevano verso un’unica conclusione. O meglio, se un filo conduttore si vuole proprio trovare negli interventi degli esperti è la palesata necessità di sottoporre il progetto del 2011 a una più o meno robusta revisione.
IL PONTE SULLO STRETTO IN COMMISSIONE: «OCCHIO AL COSTO E AI RACCORDI A TERRA»
L’indicazione arriva da Ennio Cascetta, professore ordinario di Pianificazione dei sistemi di trasporto presso l’Universitas Mercatorum di Roma. Da lui nessun dubbio sull’utilità di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina «più che provato dagli 11 milioni di persone e dall’oltre un milione di camion che ogni anno lo attraversano».
Cascetta suggerisce – posto che già il decreto legge dispone la revisione del piano economico e finanziario dell’opera che, come risulta ora dall’allegato Infrastrutture al Def costerà 13,5 miliardi (ancora da reperire) – di rivedere la soluzione del project financing, perché l’architettura prevista nel 2011, «oggi peserebbe troppo sui privati». Da ritoccare, dice il docente, anche le tariffe dei pedaggi. «Quelle previste all’epoca erano elevate e oggi risultano incompatibili. Se attraversare il Ponte costerà tanto, l’obiettivo di avvicinare la Sicilia al resto dell’Italia non si raggiungerà» spiega. Attenzione infine ai raccordi a terra. «Il progetto va rivisto nel suo complesso – dice – A Messina, ad esempio, si prevedeva un attraversamento profondo con cinque stazioni, oggi incompatibili con la rete tranviaria».
I raccordi ferroviari, che saranno oggetto di un contratto di programma con Rfi, avranno un costo stimato di 1 miliardo 100 milioni di euro (previsione Def). Per i collegamenti stradali, competenza di Anas, non è stata invece ancora definita la spesa.
«LA CAMPATA UNICA? UN AZZARDO»
Federico Massimo Mazzolani, professore emerito di Tecnica delle costruzioni presso l’Università Federico II di Napoli, boccia senz’appello la soluzione progettuale. «Il ponte che il Governo ha deciso di realizzare avrebbe una luce massima (3.300 metri di campata unica, ndr) e una snellezza (il rapporto tra l’altezza dell’impalcato e la luce della campata più lunga, ndr) entrambi superiori di circa due volte e mezzo quelle del più lungo ponte stradale e ferroviario fino ad oggi costruito» dice Mazzolani.
Un azzardo, a suo avviso, rispetto a quello che finora lo sviluppo delle costruzioni ha garantito. E cita il caso del Tacoma Bridge, inaugurato negli Stati Uniti il primo luglio del 1940 e durato appena 129 giorni. Tra i ponti sospesi (all’epoca) più lunghi al mondo, il Tacoma Bridge aveva una campata centrale di 853 metri di lunghezza e una snellezza di 1/355 (quella del futuro ponte sullo Stretto sarà di 1/702).
«Crollò a causa del vento – ricorda il professor – Ma non perché fosse particolarmente forte, tutt’altro. Collassò per un fenomeno fisico, il flutter, che fino a quel momento non era stato riscontrato. Costruire ora un ponte con una luce massima mai sperimentata può significare dover fare i conti con fenomeni fisici che oggi non si conoscono».
«IL PONTE RICHIEDE UNA VERA ALTA VELOCITÀ»
Professore ordinario di Ingegneria dei trasporti presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria E già vicepresidente della Giunta Oliverio, Francesco Russo avanza qualche dubbio sul fatto che l’opera superi la prova della sostenibilità finanziaria. Il nodo sono i treni. «Nel 2011, quando si approvava il progetto definitivo, erano entrate da poco in esercizio le linee Av Roma-Napoli e Napoli-Salerno. Si immaginava in capo a due anni di raggiungere la Calabria e, con il ponte, la Sicilia – spiega – Dieci anni dopo lo scenario è parecchio cambiato. Quello che troviamo nei piani di Rfi è una mezza Alta Velocità, che peraltro in Sicilia camminerà in alcuni tratti a singolo binario».
Nei piani di Rfi la distanza Roma-Palermo si coprirà, via ferrovia, in 6 ore e 33 minuti. Troppi, dice Russo, perché il treno risulti competitivo rispetto all’aereo. La sola tratta Catania-Palermo richiederà 2 ore per 200 chilometri, quando la stessa distanza tra Roma e Napoli Afragola si copre in 55 minuti. «I docenti universitari di Calabria e Sicilia hanno già chiesto a Rfi di rivedere i piani – continua Russo – È possibile coprire Roma-Palermo in 4 ore e 33 minuti. Questo favorirebbe la sostenibilità dell’opera».
Più ottimista il collega Giovanni Tesoriere, professore ordinario di Costruzioni di strade, ferrovie ed aeroporti presso l’Università Kore di Enna: «Forse sul futuro ponte non transiteranno Tgv e Frecciarossa, ma i traffici stimati sono già importanti».
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