Una riunione della Conferenza Episcopale Calabra
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AD una settimana esatta dal voto per le elezioni regionali in Calabria, la Conferenza Episcopale calabra prende posizione con un lungo documento nel quale lancia «un appello corale al cambiamento».
Sono lontani gli anni della Democrazia Cristiana che accomunava i pensieri dei cattolici, per questo i vescovi ci tengono a precisare che non c’è alcuna volontà di «interferire sull’autonomo percorso» degli schieramenti partitici, «ma soltanto, com’è nostro dovere morale – affermano – richiamare l’attenzione di tutti sul futuro della nostra casa comune».
Nel documento diffuso lo scorso mese di agosto, ma assolutamente attuale negli ultimi giorni di campagna elettorale, quello dei vescovi calabresi appare un programma concreto e deciso nel richiamare l’attenzione su temi fondamentali per «la qualità di vita della Calabria».
La sanità e il clientelismo
Il primo tema è quello della sanità, consapevoli che occorra eliminare «promesse illudenti», con «assistenzialismi spacciati come “favore”», mentre «la piaga mai spenta del clientelismo si continua ad incrementare e offendere il ceto degli ultimi».
«La Calabria ha una storia da preservare – scrivono arcivescovi e vescovi – ma ne ha un’altra parallela e contingente da abbandonare. È la storia dei bilanci mal fatti, quando non sfacciatamente falsi, facendo registrare record negativi a Comuni e Aziende Sanitarie in insanabile dissesto. È la storia dell’assenteismo e della scarsa produttività, che restituisce l’immagine di un insufficiente e deplorevole senso del dovere e di vocazione al lavoro. È la storia di servizio sanitario paurosamente frodato, che ha seminato per anni vittime inconsapevoli e che attende di essere condannato senza appelli in chi ha sbagliato, o ha omesso. È la svendita della nostra terra, spesso alla connivenza falsata dal rispetto al malaffare, immiserendo e deturpando l’immenso suo bacino di bellezza, di energia e di risorse ambientali».
Dalla corruzione all’antindrangheta
Ed ancora, secondo la Conferenza Episcopale Calabria, «è la persistenza della corruzione in tanti, abito ordinario e sistema di condotta, sia nello svolgimento dei pubblici servizi, sia nella pessima prassi dell’assenteismo sul posto di lavoro. Fino a quando durerà lo sfruttamento del lavoro nero?».
Le parole chiavi pronunciate dai vescovi sono «bene comune», «competenza e responsabilità», «strategie collaborative lungimiranti», impegno antindrangheta, lotta al voto di scambio.
Per tutto questo, «una politica che ispira fiducia può rimotivare il dovere del ritorno al voto della nostra gente, perché ancora una volta non vinca il partito degli astenuti».
Il programma dei vescovi
In questa direzione, la Conferenza Episcopale Calabria ha tracciato un vero e proprio vademecum, indicando i temi principali che devono essere al centro del dibattito politico e dell’azione amministrativa.
«In primo luogo, il tema del lavoro, oggi in gravissima crisi – scrivono ancora i vescovi – quale effetto della pandemia sociale, seguita alla pandemia sanitaria; in particolare, occorrerà saper gestire il problema dei cassintegrati, favorire nuove opportunità lavorative, invertire il trend dell’inoccupazione giovanile, non far evaporare i finanziamenti europei per efficaci e duraturi piani di sviluppo, particolarmente nel campo della transizione ecologica».
«In secondo luogo, il tema della salute pubblica: la gestione della legislazione concorrente Stato-Regione ha mostrato distanze e voragini come effetto delle prassi immorali e amorali che hanno tenuto banco negli ultimi anni. Ci sono pieghe – afferma la CEC – che vanno disciolte e piaghe che vanno curate senza accontentarsi di pubbliche denunce, chiare, ma non risolutive, e neanche di giustizialismi detonanti».
Terzo aspetto «l’ambito ambientale, cioè della terra, delle risorse idriche ed energetiche, della qualità dell’aria, delle scelte produttive tecnologiche e industriali che evitino l’innalzamento della temperatura del pianeta, come stabilito dall’Unione Europea».
Nel programma anche «l’innovazione, tecnologica e digitale, verde e circolare, sociale ed economica. Oggi siamo protesi verso la “quinta rivoluzione industriale” ed ancor di più la Calabria non può fallire le sfide delle grandi transizioni, per implementare quel cambio di paradigma economico e sociale ispirato a criteri di vera ed autentica sostenibilità, anticipato da Papa Francesco nelle sue encicliche e nella prospettiva dell’economia di Francesco».
Punto cruciale è anche quello della «coesione sociale. Alla Calabria – sottolineano i vescovi – spesso è mancata la capacità di essere vera comunità. Invece di essere tutti per uno, spesso si è avuta l’impressione di essere stati tutti contro tutti, peraltro gettati nell’isolamento a seguito del distanziamento sociale. Nella politica, nelle istituzioni, nella scuola e nella cultura, nel mondo dell’imprenditoria, nelle professioni, nella società, è necessario riconoscere le nostre responsabilità, e andare oltre: oltre la cultura delle contrapposizioni e delle antinomie; oltre per costruire nuovo capitale relazionale e nuove dinamiche collaborative; oltre interessi di parte, dividendi politici, obiettivi di breve periodo, recuperando la capacità di esprimere visioni frutto di collaborazioni ampie, plurali e convergenti. Un nuovo, autentico e non fittizio patto di collaborazione è possibile».
Nell’azione amministrativa immaginata dai vescovi c’è anche «il bene dell’acqua. Si rilanci la campagna per salvare l’acqua in Calabria dalle minacce di privatizzazione contenute nel Pnrr del governo Draghi. Dopo le chiare parole di papa Francesco sull’acqua nella Laudato SI (30), anche noi come Conferenza Episcopale Calabra invitiamo tutte l comunità cristiane a difendere il più importante bene comune che abbiamo (insieme all’aria)».
In un vademecum assolutamente attuale, non poteva mancare il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (Pnrr): «Pur con i limiti di dotazione riservati al Sud Italia da più parti evidenziati – dichiara la Cec – potrà comunque essere un valido strumento a supporto di queste grandi sfide. Ma occorre avere piena consapevolezza che senza un vero cambiamento di capacità, competenza, coesione, armonia ed innovazione sia nella pubblica amministrazione che nell’impresa, nel mondo delle professioni e nella società civile, anche questa opportunità storica verrà colpevolmente ed irrimediabilmente vanificata».
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