Roberto Occhiuto (a sinistra) ai tempi in cui era consigliere di circoscrizione a Cosenza
3 minuti per la letturaCOSENZA – Ha vinto il centrodestra o forse ha vinto Roberto Occhiuto. L’ex (ormai) capogruppo di Forza Italia ha saputo pazientemente tessere la sua candidatura superando le frizioni di due anni or sono, quando il Cavaliere scelse Jole Santelli come candidato in luogo del fratello Mario.
Minacciarono lo strappo i due fratelli, pronti a scendere in campo in maniera autonoma rispetto al centrodestra. Poi il rientro nei ranghi, in vista proprio della giornata di oggi.
Un momento che è il coronamento di una lunga carriera politica, partita dai banchi di Palazzo dei Bruzi dove un giovanissimo Roberto Occhiuto si metteva da subito in mostra arrivando a sfidare apertamente un gigante della politica calabrese come Giacomo Mancini, allora sindaco della città. Ne occupò le stanze, il giovane Occhiuto quando al vecchio leone socialista era arrivata la sospensiva da sindaco per la bolla giudiziaria di Palmi. Forse unico atto di “eversione” di un politico moderato il cui successo politico è molto legato al mondo cattolico.
Poi è stato tutto un crescendo per il neo governatore che ha scalato tutti i gradini della politica uno dopo l’altro. Consigliere provinciale, consigliere regionale, poi a lungo deputato prima nell’Udc e poi in Forza Italia. Oggi all’apice della maturità politica ha deciso di giocarsi quello che lui stesso definisce una sorta di “All in” pokeristico. Una sfida in cui si gioca tutto, ma che ha saputo raccontare ai calabresi proprio occhieggiando alla sua carriera, al suo essere partito dal basso, da un papà che era grossista di frutta e non un esponente politico e da una piccola città di provincia come Cosenza per arrivare ai vertici della politica nazionale.
Proprio il suo volto pulito e rassicurante è uno dei motivi della schiacciante vittoria di ieri. Grazie alla sua esperienza politica, Occhiuto sapendosi in netto vantaggio ha tenuto un profilo basso, non è mai andato fuori le righe. Basti pensare al caso Lucano. Mentre i suoi alleati si davano a dichiarazioni puntute sulla condanna a tredici anni e due mesi, lui ha preferito non commentare. Con il suo stile, insomma, è riuscito a tenere a bada i rissosi competitor interni, ovvero Lega e Fratelli d’Italia, e a mascherare le contraddizioni di una alleanza compatta in Calabria e divisa a Roma nei confronti del Governo. Due partiti che Occhiuto ha di fatto schiantato confermando il primato di Forza Italia sulla coalizione e relegando gli altri due partiti a ruoli minoritari. La Lega in Calabria è andata giù come prevedibile, Fratelli d’Italia invece non è esplosa. E questo prevedibile non lo era affatto.
Allora se proprio si deve dare una lettura più politica a questa vittoria sta nell’ulteriore conferma che il centrodestra vince se scommette più sulla moderazione che sull’estremismo, vince se è un po’ più simile a Mario Draghi che a Salvini o alla Meloni.
Un teorema dimostrato anche dal lungo governo del fratello Mario della città di Cosenza che dura da nove anni e che potrebbe conoscere un’appendice di altri cinque anni (dipende dal risultato delle amministrative cosentine). Chi li conosce bene dice che la vera mente politica della famiglia è proprio Mario anche se Roberto ci tiene molto alla sua autonomia. Non a caso in questa sua avventura elettorale non ha ripreso nulla del vecchio programma elettorale del fratello. Ma c’è comunque un tratto comune fra i due. Mario ha governato Cosenza al motto del “bello è buono”. Ha convinto i cosentini che una città di provincia può proiettarsi e primeggiare sui palcoscenici nazionali. Con un mix di estetica e bon vivant. Roberto dice che la Calabria ha tutte le potenzialità per stupire il Paese. In parte lo ha già fatto con un risultato elettorale in controtendenza rispetto al resto d’Italia. E chissà che questo lembo d’Italia non diventi un laboratorio politico che anticipi la fine del sovranismo. Si vedrà. Intanto ora viene la parte più difficile. Rivendicare attenzione verso il Governo nazionale e governare una regione che tutti danno per ingestibile.
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