Mario Oliverio
4 minuti per la lettura«A chi, come Amalia Bruni, sostiene che l’unico obiettivo per i progressisti calabresi debba essere quello di rimettere in piedi la Calabria, rispondiamo, senza se e senza ma, che questo dovrebbe essere per ciascuno di noi, tutti, nessuno escluso, la priorità delle priorità».
Nelle ore in cui fervono, frenetiche e sottotraccia, le trattative per addivenire ad una sintesi che permetta ad una parte del centrosinistra calabrese di serrare i ranghi e provare ad assaltare la corazzata guidata da Roberto Occhiuto il prossimo 3 e 4 ottobre, l’ex governatore Mario Oliverio lancia il sasso nello stagno e offre un’apertura agli altri esponenti dell’area progressista in corsa per la cittadella di Germaneto.
Dettando però una condizione ben precisa: disponibilità a fare un passo indietro solo se anche gli altri (Amalia Bruni e Luigi de Magistris) lo faranno per trovare una candidatura di superamento.
Nel suo intervento Oliverio rivendica l’obiettivo di “rimettere in piedi la Calabria” evocato dalla Bruni come «anima di tutte le mie dichiarazioni, assieme al carattere inclusivo, democratico e pluralistico su cui doveva, e comunque dovrà, poggiare l’unità del centrosinistra».
La candidatura a presidente nel centrosinistra, spiega, «doveva essere espressa ricorrendo alle elezioni primarie, come fortemente e inascoltatamente richiesto da più voci. Sottolineo – aggiunge -, come la mia decisione di scendere in campo e quindi affrontare, congiuntamente ad una vasta area del centrosinistra che condivide con me questa scelta, da protagonisti la competizione elettorale, è arrivata buon’ultima e distante nel tempo rispetto alle altre, dopo aver verificato che le mie parole rimanevano non solo senza risposta, ma addirittura senza interlocuzione».
Di de Magistris ricorda come l’ex pm «sostiene che non basta evitare la polverizzazione delle candidature ma occorre dare un carattere effettivamente alternativo al progetto progressista anche facendolo sostenere da persone credibili».
Quindi sintetizza: «malgrado tutto, voglio prendere positivamente ed estremamente sul serio le affermazioni di Amalia Bruni e di Luigi de Magistris. Per quanto mi riguarda sono pronto a ritirare la mia candidatura e sedermi attorno ad un tavolo con la Bruni e de Magistris, se loro faranno altrettanto, ricercando poi la candidatura capace di unire su basi pluralistiche e democratiche le diverse anime del centrosinistra e per mettere a disposizione ogni energia e progettualità per definire una strategia vincente rispetto al centrodestra».
Il tempo, lo sa bene l’ex governatore, stringe. «Il tutto – afferma – nello spazio di pochissimi giorni, in maniera da non concedere margini a furbizie o a tornaconti strumentali. In merito alle candidature, anche queste non vanno affidate all’arbitrio di nessuno ma ad un codice etico oggettivo, poggiante su regole e leggi applicabili in ogni stato di diritto, rifuggendo da fondamentalismi fuorvianti e liberticidi».
L’avviso di Aieta: «Fermiamoci o sarà un bagno di sangue»
Poche ore prima dell’apertura di Oliverio, era stato uno degli uomini a lui più vicini – Giuseppe Aieta – a lanciare un appello all’unità in un post dall’eloquente titolo: «Fermiamoci o sarà un bagno di sangue!».
Il consigliere regionale si è chiesto: «Cosa impedisce al centrosinistra calabrese di ritrovare le ragioni dell’unità? È la domanda che drammaticamente ci rivolgono i calabresi che non si rassegnano all’idea di una vittoria a tavolino della destra targata Spirlì. Quella destra che ignora Gino Strada e che ha prodotto macerie in un lasso di tempo assai breve, e cioè da quel drammatico 15 ottobre. Neanche un anno, per cui è davvero triste immaginare la Calabria dopo un’intera legislatura. In questo quadro il centrosinistra calabrese è ancora fermo allo schema fallimentare che portò alla scelta di Callipo. Anzi, quel quadro si è aggravato per via delle ulteriori divisioni che in due anni non sono state sanate. Né può essere gettata la croce sui commissari: così come in sanità, i commissari rappresentano l’alibi per la classe dirigente calabrese che non ha respiro, né visione, ma solo l’obiettivo di auto conservarsi mimetizzandosi e scaricando le proprie responsabilità».
Aieta ha poi ricordato come «In questi mesi abbiamo tentato sempre di agevolare dialogo, di contenere rancori, di mitigare risentimenti. Su questo non abbiamo registrato grandi entusiasmi, né abbiamo percepito la volontà di chiudere una fase ed aprirne una nuova su pochi punti che avrebbero definito l’azione politica dei riformisti calabresi. Il timore di perdere posizioni di privilegio personale, magari strappando con i denti un seggio in consiglio regionale, è prevalso sulle ragioni della politica. Nelle divisioni le colpe sono sempre a metà, nell’unità i successi appartengono a tutti».
Quindi ha ammesso: «Il campo del centrosinistra è a pezzi: tre autorevoli candidati votati ad una sonora sconfitta a tavolino che sarà un vero e proprio bagno di sangue con sullo sfondo la grave responsabilità di spalancare le porte ad un modello di governo già sperimentato, drammaticamente, in pochissimo tempo.
Nelle sezioni che abbiamo frequentato da giovanissimi vigeva la regola aurea della “pari dignità”, espressione geniale, che aveva un valore morale riferito all’etica della reciprocità. Se solo riuscissimo e recuperare questa semplice regola probabilmente troveremmo le ragioni dello stare assieme, ragioni che i calabresi apprezzerebbero perché afferenti alla responsabilità che ogni dirigente politico dovrebbe assumere. Serve una mossa, non lo stallo, serve audacia e sagacia, responsabilità e serenità. Personalmente coltivo ancora la speranza di rivedere uniti i riformisti calabresi».
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