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Luigi Incarnato

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COSENZA – Coalizione ampia di centrosinistra? Sempre più difficile. A prendere le distanze da un «gioco nominalistico con veti ed un logorante tatticismo con proposte di candidature e nomi detti e non detti» è il segretario regionale del Psi, Luigi Incarnato, che precisa: «Le forze riformiste del centrosinistra non possono dare sostegno a nessuna scelta programmatica e di candidature su cui PD e pentastellati possano convergere solo per gestire le tensioni e le competizioni correntizie interne alle loro stesse formazioni».

«Le evidenti fibrillazioni che si manifestano a livello nazionale all’interno del PD oltre che nei rapporti con il Movimento 5 stelle – afferma Incarnato – aggravano la difficile condizione del Centrosinistra Calabrese. Il Tavolo della Coalizione, aperto alle forze civiche, soltanto qualche giorno addietro aveva affermato due elementi fondamentali: la necessità di definire un progetto riformista e la designazione di un candidato a Presidente della giunta regionale dal profilo autenticamente politico. Le ultime vicende hanno completamente stravolto questa impostazione».

«È facile così – precisa il segretario regionale del Psi – che si possa aprire una fase nella quale primeggiano egoismi e frammentazioni che, di fatto, fanno emergere un gioco nominalistico con veti ed un logorante tatticismo con proposte di candidature e nomi detti e non detti. Questo modo di procedere, sta compromettendo ogni possibilità di successo del centrosinistra, sia alla Regione che nella Città di Cosenza. Le ragioni che hanno indotto Nicola Irto al ritiro manifestano una dolosa incapacità di tenere unita la coalizione e di mettere in campo una proposta politica credibile e vincente. Abbiamo condiviso l’idea di una coalizione ampia che ovviamente avrebbe dovuto essere, però, l’esatto opposto di un dualismo PD-M5S, che conduce inevitabilmente verso l’autoisolamento o una dannosa autosufficienza».

«Il Candidato alla presidenza della Regione in Calabria – prosegue Incarnato – e la scelta per la guida della città di Cosenza, è bene precisare, devono essere fatte sulla base di motivazioni che nulla hanno a che fare con l’idea di chi pensa di utilizzare la Calabria come merce di scambio nelle dinamiche politiche nazionali. Non si può continuare con tavoli che parlano un linguaggio a Cosenza, un altro a Lamezia e un altro ancora a Roma. Non è ammissibile che impunemente o in maniera autoreferenziale e immotivata si possa azzerare il pronunciamento che le forze riformiste del centrosinistra hanno consegnato, con condivisione unanime, a Francesco Boccia e Stefano Graziano. Né queste forze possono essere ignorate o escluse dal confronto che quasi in maniera carbonara il commissario provinciale del PD di Cosenza avrebbe avviato per la costruzione di una indefinita e improbabile coalizione cosiddetta “sociale”».

«È, pertanto, persino ovvio – conclude Incarnato – che stante così le cose, pur non avendo mai posto veti o dinieghi ad una alleanza con il M5S, le forze riformiste del centrosinistra non possono dare sostegno a nessuna scelta programmatica e di candidature su cui PD e pentastellati possano convergere solo per gestire le tensioni e le competizioni correntizie interne alle loro stesse formazioni. Per quanto ci riguarda la sfida su cui vogliamo misurarci è ben altra: quella di fare affermare un governo capace di interpretare la domanda di cambiamento che la maggioranza degli elettori invoca sia per la Calabria che per la città di Cosenza».

ITALIA IN COMUNE: PER RINCORRERE I 5 STELLE SI PERDE IDENTITÀ

Rifiuta di finire schiacciato dal dualismo Pd-M5S anche Italia in Comune, una delle formazioni politiche che hanno partecipato al tavolo di Lamezia con l’ex ministro Boccia. «Il nostro timore – scrivono in una nota il coordinatore regionale Serafino Tangari e il presidente Pietro Francesco Spadafora – era che tanto il candidato designato quanto la Calabria, venissero sacrificati in nome di un’alleanza che ha senso di esistere solo in un’ottica di governo nazionale».

«In Calabria – spiegano – si è deciso di imporre, ancora una volta, una scelta avulsa del territorio e delle sue volontà. A quale scopo? Per rincorrere un partito che prima accetta il candidato e poi rifugge il confronto preferendo incontrarsi in separate sedi? Per un partito politico che preferirebbe idiosincraticamente un candidato “civico” etichettando di fatto la militanza partitica come un qualcosa di cui vergognarsi? Auspicavamo che con la guida di Enrico Letta, il PD ritrovasse se stesso, tornando così ad essere la forza politica trainante del centrosinistra, con una linea chiara e non negoziabile. Purtroppo così non è stato preferendo continuare sulla fallimentare falsariga degli ultimi tempi».

«Tutt’ora non sono stati resi noti dai pentastellati i reali motivi del no alla figura di Nicola Irto – affermano in conclusione – il che è sintomatico di come questa sia solo una prova di forza, nel goffo tentativo di recuperare un sorta di “verginità politica” e di raccattare qualche centinaio di voti “militanti”».

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Fabio Grandinetti

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