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La sede della cittadella regionale a Germaneto

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COSENZA – È la legge, bellezza. Anzi per meglio dire la burocrazia che spesso non brilla per flessibilità. Così anche se nessuno ancora sa quando si voterà per il rinnovo del consiglio regionale, ieri sono stati affissi i manifesti che indicono i comizi elettorali. Non solo ma il Viminale ha diramato una circolare ai prefetti con cui li invita a sensibilizzare i sindaci a trovare sedi alternativi alle scuole come seggi elettorali. Il Gruppo di lavoro, istituito al ministero dell’Interno – su indicazione del ministro Lamorgese – e composto da rappresentanti del ministero dell’Istruzione, Anci e Upi per l’individuazione degli immobili alternativi ha approvato il documento che indica i requisiti che devono essere osservati per la costituzione della “sala delle elezioni” (cioè dei locali all’interno dei quali sono costituiti i seggi) e per l’individuazione dei fabbricati che ospitano i seggi, allo scopo di assicurare un agevole accesso e deflusso degli elettori, l’adeguato allestimento delle cabine e la vigilanza da parte delle Forze dell’ordine.

Si tratta, però, di atti dovuti che di certo non suggellano la conferma della data dell’11 aprile perché un decreto di rinvio delle elezioni sembra essere dietro l’angolo. Non è la prima volta, infatti, che in Calabria vengono affissi i manifesti dei comizi. Era già accaduto nel gennaio scorso quando la data fissata per le elezioni era quella di San Valentino. Manifesti poi ricoperti in fretta dalle pubblicità dei saldi.

Andrà a vuoto anche questa affissione? Al momento anche se manca una quindicina di giorni dalla presentazione delle liste, nessuno lo sa. La risposta ovvia è che tutto dipende dall’andamento della pandemia, ma soprattutto tutto è nelle mani dalle decisioni del Governo. La Regione ormai non ha più voce in capitolo. Il presidente f. f., Nino Spirlì, ha indicato l’11 aprile che è l’ultima domenica utile della finestra allora a suo tempo fissata dal governo Conte. Ora quindi la palla è al Viminale.

I soliti rumors dicono che lo slittamento è più che scontato. Basti pensare che il Governo ha mantenuto lo stato di emergenza fino al 30 aprile, ben oltre la data del voto calabrese, e che le notizie che arrivano sul fronte del virus non sono affatto buone tant’è che alcuni virologi parlano già di una terza ondata scaturita dalle famose varianti.

Se il rinvio appare certo non così la nuova data. Il Viminale potrebbe accorpare le regionali alle amministrative di primavera, ma neanche quelle è certo che si terranno in maggio/giugno. In molti pensano che si potrebbe più plausibilmente avere un election day in autunno fra settembre e ottobre. Tutto questo non è senza conseguenze per la Calabria che si trova con un consiglio regionale formalmente sciolto e che quindi non può legiferare. In una situazione come quella calabrese dalle mille emergenze però non potremmo permetterci di stare fermi un anno e non solo per arrivare con proposte chiare all’appuntamento del Recovery, ma anche per avviare quelle riforme necessarie per modernizzare il territorio.

Invece ci troviamo nel bel mezzo di una pandemia con una situazione istituzionale assolutamente inedita e un facente funzione che si troverà a governare più del presidente eletto. In realtà le norme dicono che il consiglio potrebbe riunirsi per situazioni di straordinarietà ed urgenza. Niente è più straordinario di questa pandemia. Il consiglio quindi potrebbe riunirsi per legiferare sulle misure anti-covid e sulla vaccinazione, ma nessuno sembra curarsene. Insomma siamo di fronte a questioni delicatissime di rilievo costituzionale rispetto alle quali anche il Governo nazionale dovrebbe dare delle indicazioni precise e magari straordinarie come la situazione in atto.

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