La deputata reggina del M5S Federica Dieni (Foto Facebook)
2 minuti per la letturaCOSENZA – Il referendum da solo non basta. La vittoria del Sì, sin dalla formulazione del quesito referendario, era talmente scontata che nessuno dei dirigenti grillini calabresi sente di imputarsela. Dalle parti dei 5 Stelle il dopo elezioni è quasi tramautico con molti esponenti che si sono lasciati andare a lunghi sfoghi sui social. Come già accaduto in passato, alle tornare amministrative il Movimento evapora. Nelle comunali calabresi i dati sono disastrosi. A Reggio Calabria dove pure vive la deputata, da due legislature, Federica Dieni il movimento arriva ad uno striminzito 2%. A Crotone, città della senatrice Margherita Corrado e la deputata Elisabetta Barbuto, non si è arrivati al 5%. A San Giovanni in Fiore niente lista. A Castrovillari il partito è arrivato al 4,9% a cui va aggiunto l’altro punto percentuale della lista collegata. Insomma numeri davvero sconfortanti.
Il quadro però diventa ancora più complesso se si considera che il vero fenomeno di queste amministrative sono stati proprio i candidati anti-sistema, gli outsider. Pensiamo tanto per essere chiari a Voce, arrivato al ballottaggio a Crotone; a Barile, eretico di destra, che con una sola lista ha centrato la sfida al secondo turno e ad Angela Marcianò a Reggio Calabria che oscilla vicino al 14% nonostante lo spoglio sia ancora in corso. Tutto questo dimostra che l’antipolitica in Calabria non è affatto scomparsa, anzi. Viene confermato anche dal netto Sì dei calabresi al referendum.
Letto in questa ottica il problema allora ancora è più grave. Lo spiega in poche parole il deputato Francesco Sapia su Facebook: «La situazione in casa 5 Stelle è brutta: siamo in piena crisi identitaria. Ricordo a me stesso che siamo nati per cambiare il sistema, ma forse il sistema ci ha cambiato. Ancora riecheggiano nelle mie orecchie le parole di Beppe Grillo: “rovesceremo le piramidi”. Non mi piacciono i faraoni, del resto lo sanno anche i bambini: il sistema produce solo povertà. La sudditanza nei confronti del Pd non mi piace neanche un po’. Da vincitori siamo diventati sconfitti».
Sapia da un po’ mastica amaro, ma non è il solo. Questa tendenza più che calabrese è nazionale. Difatti ieri sera c’è stato un incontro del gruppo parlamentare grillino in cui è andata in scena la solita caccia alle streghe e alle responsabilità. Il problema è che la regola dell’uno vale uno si è trasformato in un boomerang politico. Nel movimento comandano tutti e quindi non comanda nessuno e nessuno si prende le responsabilità delle sconfitte. La folta deputazione calabrese composta da 18 parlamentari gioca a fare gli statisti senza avere però alcuna connessione col territorio, al massimo con la piattaforma Rousseau.
Così anche la Dieni si autoassolve: «Esistere per esistere non ha senso: occorre convocare al più presto gli stati generali, nella forma più partecipata possibile a tutti i livelli, per ripartire da una strutturazione e riprendere da alcune nostre idee di Paese». Nessun accenno al risultato di Reggio. Insomma la discussione è accesa e sembrano davvero i titoli di coda di un’esperienza unica nel nostro panorama politico.
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