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SONO 59 i progetti in Calabria per la valorizzazione e il riutilizzo dei beni confiscati alle mafie che erano stati ammessi a finanziamento sul Pnrr e che ora restano ‘congelati’. Il definanziamento della misura – che al momento non era partita, avendo tutte le scadenza fissate a partire dal 2024 – costa alla regione quasi 60 milioni di euro.
Un bel gruzzolo sui 300 circa assegnati alla misura: del resto il maggior numero dei progetti era concentrato tra Calabria, Campania e Sicilia. E a livello regionale il grosso dei progetti (41) arrivava dalla provincia di Reggio.
Nelle intenzioni dei Comuni, molti dei beni su cui si intende intervenire diventerebbero centri antiviolenza, per dare assistenza alle donne, o anche case rifugio per ospitarle. Più d’uno ha optato invece per asili nido o per centri d’aggregazione giovanile. Non manca il social housing o progetti finalizzati all’inclusione dei migranti.
«Un ingenuo “sogno” in una notte di mezza estate» commenta amara la consigliera dem Amalia Bruni, che ormai questi progetti li dà per persi. «Disillusioni come queste non fanno altro che alimentare sfiducia e rassegnazione. Si dia priorità assoluta. È urgente dare certezza di finanziamenti ai progetti ammessi e continuità alle procedure amministrative. Pensare che questa sia una delle tante vicende sarebbe un grave errore che, in parte si è già consumato con la soppressione del fondo. Anche la presidenza della Regione non può continuare a girarsi dall’altra parte ma deve assumere una iniziativa adeguata.
Troppi silenzi, da parte di chi ha fatto della comunicazione la prima attività non si giustificherebbe soprattutto in questo contesto» commenta. La risposta a stretto giro arriva dall’assessore ai Beni confiscati della Regione Calabria, Filippo Pietropaolo: «È forse opportuno chiarire per l’ennesima volta – dopo i chiarimenti del ministro Raffaele Fitto e del sottosegretario all’Interno con delega ai beni confiscati Wanda Ferro – che non c’è alcun definanziamento, ma è prevista la sostituzione delle fonti di finanziamento, spostandole sulle politiche di coesione, proprio per salvare e consentire l’effettiva realizzazione dei progetti inseriti nel Pnrr».
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