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COSENZA – Con le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo la Calabria rischia il default a causa della mole indefinita (le prime stime sono intorno i due miliardi), di debiti contratti da enti, Comuni e società partecipate nei confronti dei privati. Le decisioni della Cedu che condannano il Governo italiano a liquidare i debiti accumulati dalle pubbliche amministrazioni nei confronti di terzi può diventare un problema gigantesco. I ricorsi, per come spiegato dall’avvocato Verri sul Quotidiano in una intervista pochi giorni fa, sono tanti e nei prossimi mesi ci saranno altre pronunce. In altre parole viene condannato lo Stato a risarcire i crediti non soddisfatti dalle amministrazioni locali. E questa procedura rischia di scoperchiare almeno trent’anni di pessima gestione del denaro pubblico in Calabria.
Non c’è soltanto la quantità ancora indefinita di debito verso i fornitori della sanità calabrese, ci sono Comuni in dissesto e predissesto, enti e società partecipate della Regione che hanno lasciato dietro di sé una lunga scia di questioni economiche insolute. La vera novità è il coniglio tirato fuori dal cilindro del commissario Profiti. Un emendamento che punta ad azzerare il debito calabrese in sanità. Non si sa in che tempi e modi. In termini numerici è difficile da quantificare, abbastanza più chiaro capirne le conseguenze. Una su tutte riguarderà i rapporti con il Governo Meloni: cosa faranno da Roma a fronte già delle prime liquidazioni per crediti non soddisfatti da parte di Comuni e Asp di Crotone?
Le cose rischiano di diventare complicate perché la decisione di Strasburgo sta agitando le previsioni dello stesso Governo sul Def. Il problema prima o poi si sarebbe palesato, sulla sanità per esempio è da tempo che si chiede allo Stato di mettere mano sul buco miliardario generato durante gli anni commissariali, ma le questioni sono troppe e riguardano in primo luogo una generale incapacità amministrativa soprattutto nelle partecipate regionali. La sola Arsac per esempio ha in pancia solo nel 2022 quasi 200mila euro di fatture non pagate, il Corap ha incamerato debiti per 50 milioni dalle vecchie Ato mentre i Consorzi di bonifica navigano in acque profondissime, uno su tutti quello di Trebisacce oggi commissariato, e con lo spettro dell’accorpamento complessivo con nascita di una nuova società che andrebbe a cancellare i soldi “bruciati” in passato.
Poi ci sono i Comuni in dissesto e predissesto. Anche qui le transazioni, stando a Strasburgo, andranno soddisfatte al 100% e non al 40% come prassi degli organi straordinari di liquidazione. Questo vuol dire che anche i piani pluriennali di predissesto dovranno essere gestiti con velocità e certezza. E poi ci sono i debiti contratti sui quali va fatta giustizia, sia in termini di recupero che individuazione dei responsabili. Il caso più importante in Calabria è quello della fondazione Campanella con il suo debito di 97 milioni di euro che è stato trasferito in maniera illegittima sul bilancio dell’Azienda ospedaliera Mater Domini.
Dunque adesso chi pagherà i debiti contratti? Se lo Stato è chiamato a farlo bisognerà trovare chi glieli restituirà e le necessarie responsabilità. In altre parole la Regione e gli enti locali saranno portati alla rovina e non si sa per quanti miliardi di euro. E questo senza tenere conto della sanità. La ricognizione del debito, estremamente parziale, supera il miliardo ma ci sono ancora enti che non hanno un bilancio pubblicato ormai da anni. Una disorganizzazione complessiva che non ha consentito neanche la chiusura del rendiconto 2022. Basterà al presidente Occhiuto intervenire politicamente? Magari chiedendo al Parlamento come evitare il disastro senza replicare l’errore dei mutui promossi all’epoca da Renzi.
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