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IL motto “aboliamo le province” negli ultimi anni è quasi diventato un mantra nel mondo politico, un punto di riferimento più o meno condiviso da tutti i partiti seppur con gli opportuni, e a tratti sostanziali, distinguo. Ma negli ultimi giorni, dopo che il ministro Graziano Delrio ha rilanciato l’urgenza di procedere, è cresciuta la polemica con diversi esponenti nazionali che criticano il disegno di legge ed evidenziano, a loro modo di vedere, la presunta inopportunità della riforma, quanto meno per come è stata congegnata nella proposta di Delrio. Riforma che per quanto concerne la Calabria prevede la cancellazione delle cinque province così come esistono oggi di Catanzaro, Crotone, Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria e la nascita della città metropolitana di Reggio Calabria affiancata dalle Province intese come enti di secondo livello sostanzialmente svuotate di ogni potere e i cui componenti sono eletti dai sindaci e non più dai cittadini.
Intanto un sondaggio condotto dall’Istituto Ispo e presentato da Renato Mannheimer su un campione di 150 sindaci del nord Italia nei comuni sotto i 15 mila abitanti fa emergere come il 42% dei primi cittadini considera “importante ma non prioritaria” l’abolizione delle Province mentre soltanto il 13% la considera “prioritaria”, e addirittura il 45% la giudica “non importante”. Secondo l’Ispo, i sindaci di Comuni sotto i 15.000 abitanti sono “preoccupati” di perdere centralità, «senza un consistente risparmio economico per lo Stato» e con una difficoltà complessiva a «garantire a livello comunale i servizi ora gestititi dalle Province». Oltretutto, il 55% degli intervistati ha sostenuto di essere favorevole a che le amministrazioni provinciali restino elettive.
Se al nord l’abolizione delle Province viene vista in modo negativo al Sud la situazione è vista in modo, se possibile, ancora peggiore come «atto di arroganza da parte del ministro e del Governo». In particolare per Antonio Pentangelo, presidente della Provincia di Napoli, «il ministro ha detto senza remore che le Province saranno tagliate per ragioni di cassa, dimostrando chiaramente quanto sia miope cancellare queste istituzioni senza ripensare globalmente un nuovo assetto dello Stato periferico che coinvolga anche le Regioni ed i Comuni. Insomma si continua a fare demagogia ed a parlare di una riforma che è un tremendo pastrocchio da cui i cittadini rischiano di uscire con le ossa rotte, con servizi per le scuole, i trasporti e l’ambiente seriamente compromessi. Aboliamo le Provincè è sempre più uno slogan privo di contenuti ma carico di arroganza. Lo ha confermato Delrio che ha detto chiaramente di non sapere che farsene del parere di 44 costituzionalisti che hanno affermato che il suo disegno di legge è chiaramente anticostituzionale». E intanto domani proprio a Napoli si aprirà l’assemblea delle Province del Mezzogiorno che, sotto l’egida dell’Upi, vedrà tutti gli amministratori del Sud Italia.
L’UNIONE DELLE PROVINCE ITALIANE LANCIA UNA CAMPAGNA DI CONFRONTO. «Vogliamo aprire un confronto vero con le Regioni e con i Comuni, lontano da Roma, dove le ragioni del buon governo sono sacrificate nel nome degli annunci e della propaganda e dove la voce delle preoccupazioni di chi amministra i territori non viene ascoltata». Così il presidente dell’Upi, Antonio Saitta, annuncia l’avvio di una campagna di iniziative sulle conseguenze del disegno di legge sulle Province e sulle città metropolitane varato dal governo. Per Saitta «questo disegno di legge non solo è incostituzionale, ma è pieno di incongruenze, con norme contradditorie e inattuabili che metteranno di fatto in ginocchio i piccoli comuni. Non è un caso se la richiesta di accelerarne l’attuazione venga solo dai grandi capoluoghi, che, alle prese con bilanci in rosso, sperano di fare cassa creando città metropolitane delle quali, per legge, sarebbero automaticamente i presidenti: senza nemmeno sentire il bisogno di chiedere a cittadini che non li hanno mai eletti se sono d’accordo ad essere governati da loro». Obiettivo dell’Unione delle Province è «denunciare le gravi conseguenze che subiranno le comunità con l’aumento della spesa pubblica e il crollo dei servizi, che diminuiranno e perderanno di efficienza, e lo faremo con incontri diretti con Regioni e Comuni in tutto il Paese. A Roma non hanno voluto nemmeno aprire un confronto sui nostri dati, respingendoli a priori e senza fornirci una analisi dettagliata di costi e benefici che potesse confutare i nostri studi».
Da parte dell’associazione dei Comuni, guidata dal sindaco di Torino, Piero Fassino, invece, è stato chiesto «un incontro urgente per poter approfondire i contenuti del ddl governativo Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni». Fassino auspica «che il provvedimento proposto dal governo e di cui si è deliberata la procedura d’urgenza, proceda rapidamente» ponendosi, quindi, in controtendenza rispetto ai colleghi amministratori delle Province.
I VERI RISPARMI SECONDO L’UPI. L’Unione delle Province sposta l’attenzione dall’abolizione degli enti intermedi ad un altro settore che costituirebbe il vero costo improduttivo dello Stato: «Ecco la grande zona grigia della spesa pubblica: 7.800 società ed enti strumentali, gestiti da nominati della politica, dove non c’è alcuna trasparenza o controllo sulla qualità nè sul costo dei servizi. Noi questo allarme lo avevamo lanciato lo scorso anno, inascoltati, al Governo Monti». Commenta ancora Saitta riguardo l’inchiesta pubblicata sul Sole 24 Ore che, riportando i dati del Ministero della P.A. «Ricordiamo che le Province, amministrate da persone elette dai cittadini e non nominate dalla politica, con personale assunto attraverso concorsi pubblici, per garantire oltre 5000 scuole sicure e accoglienti, più di 130 mila km di strade percorribili, per assicurare il trasporto extraurbano, i servizi per il lavoro e la formazione, gli interventi per la difesa del suolo e la gestione dei rifiuti, spendono non più di 10 miliardi. Il Governo, con il Disegno di Legge Delrio, vuole aggiungere a questa zona grigia anche le Province, trasformando queste istituzioni in altri 107 enti di nominati che andranno a sommarsi ai 7.800 esistenti, aumentando le spese nascoste. Non è così che si può riconquistare la fiducia dei cittadini, e certo non è così che si interviene sulla spesa pubblica. Se davvero si vuole riformare il Paese e tagliare gli sprechi della politica – conclude Saitta – si cominci cancellando questa zona grigia».
LA PRECISAZIONE DI DELRIO – Da parte sua il Ministro Graziano Delrio ha voluto precisare che «in tema di Province, autonomia e responsabilità sono importanti; noi non ce l’abbiamo con loro ma sottolineo che noi non vogliamo la scomparsa dell’area vasta, noi – ha aggiunto Delrio – vogliamo capire se la gestione dell’area vasta è funzionale al sistema amministrativo dei Comuni, come dice l’articolo 118 della Costituzione. E’ evidente che certe funzioni debbano essere gestite nel sistema di area vasta. Il federalismo in Italia non funziona – ha poi sottolineato – per un eccesso di sovrapposizioni di funzioni».
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