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REGGIO CALABRIA – Ricorsi, esami, prove annullate, ripetizioni. La vicenda degli operatori informatici del Consiglio regionale ha i contorni grotteschi. Due prove effettuate, entrambe annullate dal Tar, gente che è entrata e uscita, e posti di lavoro sfumati dopo essere apparsi. Una vicenda complessa, sulla quale intervengono alcuni dei lavoratori che hanno vissuto sulla propria pelle ogni singolo passaggio. Il tutto, alimentando una guerra tra quanti avrebbero solo voluto un lavoro. Lo avevano anche trovato. Ma hanno dovuto fare i conti con l’infinita serie di ricorsi e la cancellazione di ben due risultati.
«Abbiamo assistito alla diffusione di un comunicato da parte di chi ha vinto la prima e la seconda prova (alcuni, invero, solo la seconda) – è scritto in una nota – ed ora lavora presso il Consiglio, e ad un comunicato dei sindacati alquanto ambiguo nella sua proposizione. Siamo qui a presentare un ulteriore legittimo punto di vista di persone che sono parti lese, essendo risultate vincitrici del primo ma non del secondo ed ora annullato concorso (alcune anche in causa con l’amministrazione su specifici punti). Spesso e volentieri le prese di posizione sulla correttezza delle prove non scaturiscono da un genuino convincimento ma sono solo strumentali alla posizione dei dichiaranti (chi è dentro sostiene che il concorso sia regolare, chi è fuori che sia irregolare)»
Per questo, hanno sottolineato di volere «evitare di sottolineare alcuni passaggi chiave della sentenza del TAR, sezione staccata di Reggio Calabria, come quando scrive: “Il Tribunale accoglie il ricorso in epigrafe […] essendo mancata ogni garanzia di imparzialità e trasparenza.” e semplicemente accettare che ad oggi una terza parte ha ritenuto la procedura non corretta. Allo stesso modo invitiamo anche a lasciare per un attimo da parte possibili legittimi sospetti di dolo nella gestione della prova che saranno eventualmente identificati dalla Procura della Repubblica a cui il TAR ha deciso di tramettere gli atti. Alla luce di questo approccio, che riteniamo equilibrato e scevro da personalismi, riteniamo impropri oltre che tendenziosi alcuni dei punti presentati dai cari ex-colleghi nel loro comunicato. È, invece, acclarata da tre diversi collegi (il TAR ed il Consiglio di Stato relativamente al primo annullamento della prova, il TAR in questo secondo annullamento) l’incompetenza della Cnipec, società che ha gestito la prova, della Commissione esaminatrice, che, come risulta dalla sentenza, diretta emanazione della stessa, e anche dei vertici del Consiglio regionale incapaci di vigilare sulla prova. Questi sono i veri soggetti che – scrivono i lavoratori – dovrebbero interrogarsi su quanto male ha fatto la loro incompetenza, per cui si spera che prima o poi pagheranno e si auspica che soprattutto ora si facciano carico di un problema generale che va al di là della sentenza del tribunale: tante, troppe famiglie stanno pagando un prezzo altissimo senza avere avuto alcuna colpa, diversa dall’aver vinto un concorso pubblico»
Secondo gli ex dipendenti del Consiglio, «è importante che accanto all’iter giudiziario che seguirà il suo corso, portando ad una terza esecuzione della prova, i vertici amministravi del Consiglio ma soprattutto i politici calabresi così attenti ai lavoratori (anche se certe volte solo a determinate classi e/o specifici soggetti) si facciano ora carico di questa situazione che non è più solo farsa, ma già tragedia! Da parte nostra, si faranno valere tutti i diritti scaturiti dalla sentenza del TAR e possiamo garantire che vigileremo affinché possibili soluzioni, che i politici nelle loro prerogative volessero trovare, interessino la maggior parte possibile di (ex) lavoratori, senza distinzione alcuna se non quella di avere cambiato le proprie vite (cioè essere risultati almeno una volta vincitori) per seguire il proprio sogno di restare a lavorare nella nostra amata Calabria. Se, come non auspichiamo ma come purtroppo abbiamo constatato nel passato, politici e amministratori non volessero adoperarsi per trovare una soluzione ma continuassero a farsi scudo della sentenza per non affrontare il problema, che è divenuto politico (stiamo parlando di decine di famiglie), ci permettiamo di suggerire a tutti, inclusi i nostri ex-colleghi ancora in servizio – concludono – che solo una rapida esecuzione della sentenza consentirà a tutti di avere una ulteriore chance, questa volta speriamo gestita in maniera professionale, per accedere al quel posto di lavoro che dovrebbe essere simbolo di stabilità ma che ad oggi è, invece, solo foriero di stress e precarietà».


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