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VIBO VALENTIA – Tutto come ieri. Né più né meno. Il Comune rimane in stato dissesto finanziario, l’amministrazione resterà in carica per la gestione ordinaria e a breve arriverà a Palazzo Luigi Razza la terna commissariale, indicata dal ministero dell’Interno, che dovrà lavorare per risanare il debito di 36 milioni di euro accumulato dalle varie amministrazioni che si sono passate il testimone alla guida dell’ente. Il Consiglio di Stato ha, infatti, respinto nella seduta di giovedì scorso il ricorso presentato dall’amministrazione comunale contro la decisione del Tar Calabria che, a sua volta, lo scorso 21 giugno, aveva bocciato l’istanza antidefault con la quale il Comune chiedeva l’annullamento della diffida della Prefettura. Nota che imponeva all’amministrazione del sindaco Nicola D’Agostino di dichiarare proprio lo stato di dissesto finanziario dell’ente. Questo per via della mancata approvazione da parte del consiglio comunale del Piano di risanamento economico del debito. 

Chiare le motivazioni con le quali i giudici di appello di Roma hanno detto no al ricorso presentato dai legali di Palazzo Razza Giuseppe Pitaro, del foro di Catanzaro, e Vincenzo Cerulli Irelli, di Roma. Innanzitutto nell’ordinanza viene chiarito subito che «il Comune di Vibo Valentia ha omesso di approvare entro il termine perentorio del 25 marzo scorso il Piano di riequilibrio finanziario pluriennale, e neppure ha adempiuto alle misure correttive disposte dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti». Non solo: la suddetta sezione di controllo, con pronuncia del 18 aprile scorso, ha pertanto accertato «l’inadempimento delle misure correttive disposte a carico del Comune di Vibo Valentia e la sussistenza delle condizioni dello stato di dissesto finanziario (articolo 244 del Testo unico degli enti locali)». Pertanto, sempre a parere dei giudici di appello della capitale, la diffida rivolta dalla locale Prefettura al Comune di Vibo Valentia, affinché il consiglio comunale dichiarasse il dissesto entro 20 giorni dalla mancata approvazione del Piano di risanamento dei conti pubblici, si configura – si legge nell’ordinanza – «come atto dovuto meramente esecutivo dell’accertamento compiuto dalla Sezione di controllo regionale della Corte dei conti».
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