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REGGIO CALABRIA – E’ stato depositato presso la segreteria del Tar del Lazio il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla Regione Calabria – informa una nota dell’Ufficio stampa della Giunta regionale – per ottenere l’annullamento del decreto del Ministro dell’Ambiente n. 115, del 5 aprile 2013, con il quale è stata dichiarata la compatibilità ambientale e concessa l’autorizzazione integrata ambientale per il progetto della centrale di 1320 Mw, alimentata a carbone, di Saline Joniche (Reggio Calabria). 

Il ricorso per motivi aggiunti, prosegue la nota, si ricollega direttamente ed immediatamente a quello già proposto dalla Regione dinnanzi al medesimo Tar del Lazio per impugnare il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che, decidendo sul contrasto tra ministero dei Beni Culturali, che aveva espresso parere negativo, e ministero dell’Ambiente, aveva dichiarato la compatibilità ambientale dell’intervento proposto dalla società Sei Spa. Quest’ultimo decreto, in particolare, era stato trasmesso per la registrazione alla Corte dei Conti che, sospendendo l’iter della registrazione, ha richiesto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri numerosi chiarimenti in ordine alla legittimità del provvedimento. Tra i punti di criticità evidenziati nella richiesta della Corte dei Conti assume specifico rilievo quello relativo alla mancata intesa con la Regione che, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e la normativa che disciplina la concessione dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti della potenza come quella prevista per la centrale di Saline, costituisce un presupposto essenziale per potersi far luogo all’autorizzazione. Nel caso della centrale di Saline tale intesa è mancata del tutto per la ferma opposizione della Regione che ha sempre ribadito, in tutti gli atti e provvedimenti ufficiali adottati da suoi organi di governo, di non potere assentire la costruzione sul proprio territorio di centrali a carbone giusto quanto previsto nel Piano Energetico Regionale, approvato dal Consiglio nel 2005 ed in corso di aggiornamento, che esplicitamente dispone un divieto in tal senso, per puntare invece su una produzione energetica da fonti rinnovabili e sostenibili sotto il profilo ambientale e territoriale, anche perchè, come attestano gli stessi dati del Piano Energetico, la Calabria produce già più energia elettrica di quanta ne consumi. 
La Regione, è scritto nella nota, è impegnata quindi ad impedire la realizzazione di un’opera che inciderebbe in maniera irreversibile sull’assetto ambientale di una zona di particolare pregio, dichiarata Sito di Interesse Comunitario e che lo stesso ministero dei Beni Culturali, nell’esprimere il proprio parere negativo sulla realizzazione della centrale, ritiene dover tutelare anche per la presenza di significative giacenze archeologiche. Il ricorso per motivi aggiunti della Regione contro il decreto ministeriale n. 115, che dichiara la compatibilità ambientale dell’intervento, è diretto ad evidenziare la illegittimità di un atto che non poteva essere adottato considerato che ancora oggi non risulta ufficialmente concluso il sub-procedimento di registrazione presso la Corte dei Conti del precedente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2012, che viene assunto quale atto presupposto per la prosecuzione dell’iter. Su tali aspetti la difesa della Regione, affidata agli avvocati regionali Paolo Arillotta e Benito Spanti, richiama la stessa nota della Corte dei Conti di richiesta di chiarimenti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla necessità imprescindibile di una intesa ”forte” con l’Ente territoriale e sul difetto di motivazione, che non consente di superare l’orientamento espresso dalla Regione. Il successivo decreto ministeriale n. 115/2013 è quindi viziato sia per illegittimità derivata sia per vizi propri considerato che pretende fondare la propria giustificazione sulla asserita possibilità di risolvere la mancata intesa con la Regione ricorrendo all’articolo 5, comma 2, lettera c bis, della legge n. 400/1988, fattispecie questa che la difesa della Regione contesta decisamente. 
Sotto altro profilo la Regione insiste per la dichiarazione di illegittimità del parere rilasciato dalla Commissione Via Vas n. 599/2010 e che il decreto ministeriale n. 115/2013 assume quale atto presupposto, eccependo che detto parere, tra l’altro già impugnato dalla Regione con ricorso principale tutt’ora pendente innanzi al Tar del Lazio, atteso che detto parere utilizza la norma di cui 27 della legge n. 99/2009 che deve ritenersi applicabile alla ipotesi di riconversione verso forme meno inquinanti degli impianti di produzione di energia già esistenti e non per quelle di costruzione ex novo di centrali a carbone, com’è nel caso di Saline. Per evitare ogni potenziale pregiudizio derivante dalla sua esecuzione, conclude la nota, viene chiesta la sospensione del provvedimento impugnato evidenziandosi, al riguardo, le numerose lacune ed irregolarità di un iter rispetto censurato innanzi al Tar del Lazio oltre che dalla Regione, dagli altri enti locali interessati, associazioni ambientaliste, associazioni di produttori agricoli, che hanno proposto ricorsi autonomi ed anche interventi adesivi a quello proposto già dalla Regione.
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