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Comunque la metti la coperta è corta.
La sospensione della rata di giugno dell’IMU è una bella notizia per i cittadini ma pessima per i Sindaci alle prese con la scadenza di bilancio entro il 30 giugno.
Prima il taglio del DL 78 che è ammontato complessivamente in Calabria a 71,2 milioni di euro; poi la spending rewiev che ha tagliato altri 18,6 milioni di euro; adesso la sospensione della rata dell’IMU che significa un mancato incasso complessivo per i comuni calabresi di 88,6 milioni di euro. Aggiungiamo il sempre vincolante patto di stabilità, da quest’anno esteso anche ai comuni minori, e il combinato disposto produce la sostanziale paralisi dell’attività amministrativa, la non sottovalutabile immagine dei primi cittadini che quasi quasi sono chiamati a difendere la tassazione e un sistema istituzionale che nel suo complesso non riesce a proporsi con una sola faccia e a parlare con una sola voce.
Soprattutto per i piccoli comuni l’Imu è fondamentale per il funzionamento della macchina amministrativa e lo scarto dei servizi nei comuni calabresi sarà ancora più elevato. Ciò produrrà un possibile effetto domino nel comportamento dei residenti che già oggi, visto l’enorme ammontare dei residui attivi nei municipi, non pagano o fanno fatica a pagare il dovuto: “non pago le tasse visto che non arrivano i servizi” è già un comportamento attuale che rischia di accentuarsi e a innescare un meccanismo che si autoriproduce.
Si apre, inoltre, un serio problema di liquidità per i Comuni – come ha dovuto ammettere lo stesso Ministro del Rio, fino a ieri presidente nazionale Anci – anche perché le anticipazioni di cassa hanno anch’essi stringenti vincoli.
Nei soli sei più grandi comuni della Calabria il mancato incasso per le municipalità ammonta a 22,5 milioni di euro che, giusto per dare un’idea della misura, rappresenta il 13% del totale delle entrate tributarie che, a loro volta, incidono per il 63% delle entrate correnti.
In ogni caso un primato i Comuni calabresi lo hanno raggiunto. Dalla prima elaborazione dei bilanci consuntivi 2011  risulta che il grado di rigidità strutturale della spesa comunale nei comuni calabresi è il più elevato d’Italia, 61,2% a fronte di una media nazionale del 40,7%.
Anni di discussione sul federalismo fiscale, modifiche continue sul sistema della fiscalità locale hanno avuto un risultato certo: una estrema fumosità sul versante delle entrate dei Comuni, bilanci cartacei sempre più incerti e la mancata risposta su questioni aperte da troppo tempo.
Certo il numero delle persone e delle famiglie in difficoltà va man mano crescendo e non si può pensare di rispondere con una stretta sulla tassazione locale. Tuttavia, permanendo questo stato di cose, non si capisce nemmeno chi è o dovrebbe essere il soggetto istituzionale chiamato a realizzare politiche attive di sostegno per i cittadini che oggi stentano.
Continuando ad agire così si provoca solo una smobilitazione istituzionale che riguarda tutti i livelli.
In realtà quanto continua ad accadere su questo versante ci fa capire che siamo in presenza di un antico e mai risolto problema, più volte evidenziato da osservatori e studiosi, ossia la contrapposizione fra la dimensione verticale delle decisioni e delle dinamiche politiche e quella orizzontale garantita dai soggetti operanti sul territorio.

COMUNQUE la metti la coperta è corta. La sospensione della rata di giugno dell’Imu è una bella notizia per i cittadini ma pessima per i sindaci alle prese con la scadenza di bilancio entro il 30 giugno. Prima il taglio del decreto legge 78 che è ammontato complessivamente in Calabria a 71,2 milioni di euro; poi la spending rewiev che ha tagliato altri 18,6 milioni di euro; adesso la sospensione della rata dell’Imu che significa un mancato incasso complessivo per i comuni calabresi di 88,6 milioni di euro. 

Aggiungiamo il sempre vincolante patto di stabilità, da quest’anno esteso anche ai comuni minori, e il combinato disposto produce la sostanziale paralisi dell’attività amministrativa, la non sottovalutabile immagine dei primi cittadini che quasi quasi sono chiamati a difendere la tassazione e un sistema istituzionale che nel suo complesso non riesce a proporsi con una sola faccia e a parlare con una sola voce. Soprattutto per i piccoli comuni l’Imu è fondamentale per il funzionamento della macchina amministrativa e lo scarto dei servizi nei comuni calabresi sarà ancora più elevato. Ciò produrrà un possibile effetto domino nel comportamento dei residenti che già oggi, visto l’enorme ammontare dei residui attivi nei municipi, non pagano o fanno fatica a pagare il dovuto: “non pago le tasse visto che non arrivano i servizi” è già un comportamento attuale che rischia di accentuarsi e a innescare un meccanismo che si autoriproduce.Si apre, inoltre, un serio problema di liquidità per i Comuni – come ha dovuto ammettere lo stesso Ministro del Rio, fino a ieri presidente nazionale Anci – anche perché le anticipazioni di cassa hanno anch’essi stringenti vincoli. 

Nei soli sei più grandi comuni della Calabria il mancato incasso per le municipalità ammonta a 22,5 milioni di euro che, giusto per dare un’idea della misura, rappresenta il 13% del totale delle entrate tributarie che, a loro volta, incidono per il 63% delle entrate correnti. In ogni caso un primato i Comuni calabresi lo hanno raggiunto. Dalla prima elaborazione dei bilanci consuntivi 2011  risulta che il grado di rigidità strutturale della spesa comunale nei comuni calabresi è il più elevato d’Italia, 61,2% a fronte di una media nazionale del 40,7%. Anni di discussione sul federalismo fiscale, modifiche continue sul sistema della fiscalità locale hanno avuto un risultato certo: una estrema fumosità sul versante delle entrate dei Comuni, bilanci cartacei sempre più incerti e la mancata risposta su questioni aperte da troppo tempo.

Certo il numero delle persone e delle famiglie in difficoltà va man mano crescendo e non si può pensare di rispondere con una stretta sulla tassazione locale. Tuttavia, permanendo questo stato di cose, non si capisce nemmeno chi è o dovrebbe essere il soggetto istituzionale chiamato a realizzare politiche attive di sostegno per i cittadini che oggi stentano. Continuando ad agire così si provoca solo una smobilitazione istituzionale che riguarda tutti i livelli. In realtà quanto continua ad accadere su questo versante ci fa capire che siamo in presenza di un antico e mai risolto problema, più volte evidenziato da osservatori e studiosi, ossia la contrapposizione fra la dimensione verticale delle decisioni e delle dinamiche politiche e quella orizzontale garantita dai soggetti operanti sul territorio.

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