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IL governo impugna la legge “salvaprecari” della sanità approvata dal Consiglio regionale calabrese su iniziativa del centrodestra. E sulla vicenda infuria la polemica politica. Il presidente del Consiglio regionale, Francesco Talarico, afferma che la norma è stata «vagliata positivamente» perché «autorizza l’espletamento delle procedure concorsuali con una grossa quota, 40%, riservata ai precari in servizio presso le strutture sanitarie regionali». Di avviso opposto l’esponente Pd Carlo Guccione, che fa notare come, secondo i tecnici romani «il testo normativo dcontiene alcune disposizioni in contrasto con i principi statali in materia di coordinamento della finanza pubblica e, pertanto, viola lla Costituzione».
LE MOTIVAZIONI DELLA BOCCIATURA – Il nodo è legato alle motivazioni dell’impugnativa. Talarico sottolinea il giudizio positivo per il comma 4 del primo articolo, quello, cioè, in cui si sottolinea che le Asp possono «avviare procedure di reclutamento, anche per personale con qualifica dirigenziale» ma sottomettendolo al «parere vincolante dei Ministeri vigilanti». Ad essere impugnati, però sono i restanti commi dell’articolo 1, quelli, cioè, che sanciscono che «le Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Calabria procedono alla stabilizzazione attraverso prove selettive» e che stabiliscono chi è che può accedere a questa opportunità. In particolare, è stato ritenuto che la norma violi le regole per superare il blocco del turnover. Nel dettaglio, il testo del governo argomenta che le disposizioni della legge regionale «interferiscono con l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario». Inoltre, per violare il tetto del 15 per cento fissato nel turnover sarebbe necessario presentare una relazione esplicativa «che documenta la necessità di assumere personale sanitario, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, per garantire i livelli essenziali di assistenza». E questo in Calabria non è stato fatto.
Infine, sottolineano i tecnici, «le disposizioni regionali in questione, prevedendo procedure selettive totalmente riservate al personale interno», contrastano con le norme secondo le quale «nelle procedure di reclutamento mediante concorso pubblico la riserva dei posti disponibili per il personale interno con contratto di lavoro a tempo determinato può avvenire solo entro limiti determinati» ma anche con la costante giurisprudenza costituzionale secondo la quale «le procedure per l’accesso al pubblico impiego devono essere aperte a soggetti esterni alla pubblica amministrazione».
L’ACCUSA DI DEMAGOGIA – «Avevamo detto con chiarezza – sostiene Guccione – che non bisognava assolutamente illudere e prendere in giro questi lavoratori, ma si è voluto andare avanti lo stesso, con fretta e caparbietà perchè qualcuno forse ha pensato più a trarre da questo provvedimento qualche beneficio personale di tipo elettorale, che a garantire il diritto sacrosanto di tanti lavoratori precari ad essere stabilizzati. Ora dobbiamo ora ripartire da zero per ricercare soluzioni legislative che possano veramente ed in modo definitivo avviare a soluzione il problema delle stabilizzazioni. Siamo pronti a ricercare tutte le soluzioni possibili e comuni in grado di garantire i diritti di questi lavoratori, senza fare demagogia, procedendo con responsabilità, attivando anche una interlocuzione istituzionale con il Ministro della salute».
Di parere opposto il senatore Antonio Gentile: «Purtroppo – dichiara – il ministro Delrio ha preso una cantonata, perchè le disposizioni dei commi impugnati riguardano il personale in possesso dei requisiti di cui alla legge 296/06. Si tratta, quindi, di persone in possesso dei vecchi requisiti di legge tra le quali ci sono discrasie». Per cui, assicura il senatore, basta intervenire sul testo nella prossima seduta del Consiglio regionale.
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