CATANZARO – Ci vorranno almeno altri 15 giorni per conoscere il destino della Fondazione “Tommaso Campanella” e dei suoi 257 dipendenti, che rischiano di rimanere senza lavoro se i due soci fondatori, Regione e università di Catanzaro, non riusciranno a trovare un’intesa per salvare il polo oncologico ospitato nel campus di Germaneto. L’ennesima fumata nera è arrivata nella notte di mercoledì, quando al termine di una lunghissima ed estenuante riunione nel dipartimento regionale alla Sanità, alla presenza del sub commissario, Luciano Pezzi, il governatore Giuseppe Scopelliti e il rettore Aldo Quattrone non sono riusciti a trovare il tanto sospirato accordo che deve dare attuazione alla legge regionale n. 63 del 2012, cioè a quella norma che ha salvato, in teoria, la Fondazione dalla chiusura ma che, senza un accordo tra le parti, rischia nella pratica di rimanere lettera morta. Quest’intesa, rimasta senza firma dopo ormai infinite riunioni, tavoli tecnici e promesse mancate, prevede la riduzione a 35 posti letto della Fondazione, che diventerebbe un ente privato, e il passaggio delle unità non oncologiche della Fondazione all’azienda ospedaliera universitaria “Mater Domini”.
Una commissione di tecnici paritetica tra Regione e università dovrà valutare in tempi brevissimi, due settimane appunto, il costo complessivo dell’operazione e la possibilità di salvare il personale della Fondazione dal licenziamento collettivo, un rischio concreto denunciato ieri anche dai sindacati, che hanno lanciato l’allarme sull’avvio delle procedure di messa in mobilità. Il problema è rappresentato dalle modalità operative con cui queste unità dovranno essere trasferite, a partire dalla questione del budget necessario per la loro attivazione.
Su questo il rettore Quattrone è stato categorico sia durante l’ultimo incontro che ieri, nel corso della conferenza stampa che ha convocato nella sede dell’ateneo per chiarire le ragioni che lo hanno spinto a non firmare l’accordo. “L’università non deve mendicare risorse né intese arrangiate – ha tuonato – è un concetto elementare che l’attivazione di queste unità debba essere sostenuta da un budget, soprattutto per un’azienda, come la Mater Domini, che già perde 10 milioni di euro”. La preoccupazione del rettore è forte: se non ci sono soldi e le unità non riescono a partire, a pagarne le spese sarà l’università, gli studenti della facoltà di Medicina e gli specializzandi, a cui non sarà assicurato il corretto svolgimento dei percorsi formativi che l’ateneo deve necessariamente garantire. “Io come rettore devo essere il garante della formazione dei medici di domani – ha continuato Quattrone – è la legge che lo impone”. E se ciò non avviene il rischio è che il ministero possa chiudere alcune scuole di specializzazione, come è già successo, se è vero che negli ultimi anni quelle dell’ateneo sono passate da 30 ad appena 17. “Perderne altre – ha avvertito il rettore – sarebbe un danno gravissimo per un’università già fortemente penalizzata dalla drastica riduzione dei posti letto”. Qui, sotto traccia, c’è un altro pericolo che Quattrone vuole scongiurare, e cioè che un ulteriore indebolimento dell’università possa portare alla nascita di una seconda facoltà di Medicina a Cosenza, “dove si raccolgono le firme e tutta la città, compresa la classe politica, dal presidente della provincia al sindaco, sostiene quello che ritiene un potenziamento del suo sistema universitario”. L’altro nodo centrale è la forma con cui dovrebbe avvenire il trasferimento dei dipendenti dalla Fondazione all’azienda Mater Domini. Trattandosi di personale assunto senza concorso pubblico, il passaggio all’interno di un’azienda pubblica non può avvenire direttamente. L’università ha proposto che venga stipulata una convenzione tra le due aziende in modo che i dipendenti restino incardinati nella Fondazione ma lavorino presso la Mater Domini, che effettuerà i pagamenti per le prestazioni erogate. Anche perché, a causa del Piano di rientro, l’azienda universitaria non può acquisire nuovo personale. Anche in questo caso, però, non è ancora chiaro quale sarà la forma tecnica per attuare la convenzione né quali saranno i suoi costi. Intanto, nei giorni scorsi, i nuovi ricoveri sono stati bloccati sulla scorta di un parere dei revisori dei conti che ha invitato la fondazione a non fare più spese senza l’assegnazione del budget per il 2013. I decreti ingiuntivi dei fornitori continuano ad arrivare. “Gli ultimi due proprio ieri” ha ribadito ieri il presidente Falzea, che ha definito “paradossale” il duro attacco del governatore Scopelliti che aveva criticato l’atteggiamento del management, “che crea allarmismo tra i dipendenti”. La partita si riapre lunedì, in Consiglio regionale, dove dovrebbe essere approvata una “leggina” che servirà a dare una boccata d’ossigeno alla Fondazione. “Ci permetterà di andare avanti qualche altro giorno – ha avvertito Falzea – ma di certo non è la soluzione”.