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IL primo no, ampiamente atteso, alla fine è arrivato formalmente: le Regioni hanno bocciato il decreto sanità, esprimendo un parere negativo, con la richiesta del recepimento di alcuni principi «irrinunciabili», che passano in primis per la riscrittura della riforma della medicina territoriale e, in seconda battuta ma con la stessa rilevanza (se non maggiore) per la modifica dei criteri per le nomine dei manager in sanità.    Il parere negativo (anche perchè, ha spiegato Romano Colozzi, coordinatore degli assessori al Bilancio della Conferenza, alcune parti del decreto non hanno copertura) era stato preannunciato dai rappresentanti delle Regioni ai deputati della Commissione Affari sociali, alle prese con l’iter di conversione del decreto, raccogliendo però fin da subito la disponibilità dei relatori a cercare un punto di mediazione, perchè, come ha spiegato Lucio Barani (Pdl) non si cerca lo scontro ma il confronto istituzionale. 

La linea, aggiunge Livia Turco (Pd) è quella di «lavorare per arrivare a un’intesa con tutti gli attori, le Regioni ma anche i professionisti». Linea condivisa peraltro dal ministero che, si fa notare, non ha mai chiuso la porta al dialogo. Oggi il ministro Renato Balduzzi, si spiega, ha preso atto della posizione delle Regioni, assicurandosi che il lavoro su questi due punti possa portare a un cambiamento del giudizio delle Regioni. Fermo restando che il punto di caduta è ancora tutto da trovare, e che per farlo bisogna tener conto anche della volontà del Parlamento. Di certo, assicura Turco «l’articolo 1 (quello sulle cure primarie, ndr) andrà riscritto».    Così come è probabile un intervento sui criteri di nomina dei direttori di struttura complessa (gli ex primari), che, per come è stato annunciato nei giorni scorsi, accoglie, ma solo in parte le richieste delle Regioni. Sulla questione, in realtà, il braccio di ferro tra autonomie e Parlamento va avanti da anni, visto che la commissione aveva già affrontato il nodo con il provvedimento sul governo clinico, poi assorbito in parte dal decreto, scontrandosi di continuo con le autonomie. L’ipotesi di correzione ventilata da Barani (e chiesta a gran voce dai rappresentanti dei camici bianchi) è di far presiedere la commissione che deve valutare le candidature al direttore sanitario (così come chiesto anche dalle Regioni), mantenendo però l’albo nazionale da cui sorteggiare la commissione che dovrà stilare una graduatoria dalla quale sarà nominato il primo (mentre le Regioni chiedono albi regionali e una terna ‘motivatà senza graduatoria nè punteggi).    Terminato il ciclo di audizioni, ora ci sarà qualche giorno ‘di riflessionè per vagliare le numerose richieste avanzate da tutti gli interlocutori, visto che la scadenza per presentare gli emendamenti è fissata a lunedì prossimo. 

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