3 minuti per la lettura
CATANZARO – «Non ho firmato il maxiemendamento che conteneva le norme sulla grande distribuzione perché non sono stato né l’estensore, nè il proponente e né l’ideatore. Nell’ultima pagina del maxiemendamento c’era il nome e la firma del presidente della commissione regionale Bilancio, Demetrio Naccari Carlizzi, mentre era stato scritto solo il mio nome senza la firma». E’ quanto ha affermato l’ex vice presidente della Regione Calabria della Giunta di centrosinistra in carica nel 2005, Nicola Adamo, nel corso del processo Why Not su presunti illeciti nella gestione di fondi pubblici. Adamo è imputato nel processo insieme ad altre 26 persone tra esponenti politici, imprenditori e professionisti. Stamane l’ex vicepresidente della Regione, che non era mai stato sentito nel corso dell’inchiesta ed a sei anni dall’indagine, ha deciso di rompere il silenzio ed ha fatto dichiarazioni spontanee ai giudici del tribunale di Catanzaro. Durante il suo intervento, durato circa mezz’ora, ha prodotto una nutrita documentazione relativa alle vicende che lo vedono coinvolto. Nella gran parte del suo intervento Adamo ha descritto quanto avvenne relativamente all’approvazione di un maxiemendamento al bilancio nel quale c’erano norme sulla grande distribuzione.
Secondo l’ipotesi accusatoria, il provvedimento sarebbe stato approvato per favorire l’imprenditore Antonino Gatto. «Dopo la vittoria nelle elezioni regionali del 2005 – ha raccontato Adamo – divenni vicepresidente con la delega al Bilancio. Mi concentrai subito per fare in modo di poter approvare il bilancio di previsione entro il 31 dicembre, una cosa che non era mai avvenuta nella storia della Regione in Calabria. Con l’ansia del cambiamento il primo obiettivo era quello di dimostrare ai calabresi che si poteva approvare il bilancio entro quella data. Chiesi allora al Presidente Loiero ed ai consiglieri di approvare un bilancio senza emendamenti. Da una riunione con i consiglieri, però, emerse da parte loro la volontà di presentare emendamenti. Incaricammo allora il presidente della commissione bilancio, Demetrio Naccari Carlizzi, di fare un collage per un maxiemendamento. Dopo quella riunione Naccari si mise a lavorare con i capigruppo e venne fuori il maxiemendamento che lo stesso Naccari presentò». Adamo ha quindi mostrato ai giudici una copia del maxiemendamento firmato da Naccari Carlizzi. «Quando voglio fare una cosa ci metto la faccia – ha aggiunto – e lo dimostra il maxiemendamento ad un bilancio successivo, che conteneva altre norme, che ho firmato in tutte le pagine e trasmesso con un’apposita lettera. Su quello precedente, invece, mi riferisco a quello con le norme della grande distribuzione, non c’è la mia firma e non ci sono lettere di trasmissioni. E francamente, se avessi voluto fare un provvedimento in favore dell’imprenditore Gatto, lo avrei fatto approvare in giunta regionale considerato che potevo contare su otto degli 11 assessori, che erano tutti cosentini». Adamo ha poi aggiunto che «la mia firma non fu apposta non perché non ero a Reggio Calabria, cosa che invece è dimostrata dal verbale della commissione bilancio, ma semplicemente perché non ero io il proponente». Su un secondo capo d’imputazione, relativo alla vicenda Tesi, Adamo ha affermato che «su questa vicenda all’epoca c’era una forte tensione sociale perché i lavoratori non percepivano lo stipendio. Il mio assessorato si occupava di tutte le crisi aziendali ma erano tutti incontri ufficiali. Ricordo però che in quel periodo i sindacati continuavano a sostenere che io non ero amico di Tesi. Ed un sindacalista della Cgil, addirittura, in una riunione lo sostenne pubblicamente».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA