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La bandiera dell'Anpi

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I famosi partigiani filo-ungheresi. O l’Associazione Nazionale Putiniani d’Italia, come ha scritto ripetutamente il Corriere della Sera e tutta la grande stampa nazionale.

Da quando è cominciata la guerra in Ucraina e l’Anpi si è schierata – coerentemente con l’articolo 7 del suo statuto – su posizioni pacifiste non passa giorno senza che le uscite dell’associazione dei partigiani non debbano subire una radiografia per stanare il dettaglio stonato, l’errorino, la parola sbagliata che la collocherebbe senza dubbio alcuno dalla parte di Putin. Ovviamente non c’è niente di vero: l’Anpi ha sin da subito condannato l’invasione russa.

Su Amazon, dov’è adesso è quasi esaurita, informano che solitamente è venduta con la bandiera degli Stati Uniti. La non popolarissima bandiera della Nato sta vivendo invece solo ora il suo momento di gloria, almeno qui da noi dov’è diventata argomento di polemica e di provocazione. Già sventola nelle dichiarazioni di chi vuole portarsela al 25 aprile, non per sé ma contro gli altri. Come nelle peggiori curve, o nelle arene, si agitano i vessilli non tanto per celebrarsi quanto per istigare una reazione. Le volete le bandiere della Nato al corteo per la Liberazione? Chiedono due o tre volte al presidente nazionale ANPI? Domanda inutile e speciosa.

Non di rado, nelle occasioni commemorative ufficiali, il più noto e straordinario discorso di Piero Calamandrei sulla Costituzione tenuto il 26 gennaio 1955 a Milano nel Salone degli affreschi della Società Umanitaria a giovani studenti, è stato utilizzato e piegato alle necessità di quella retorica celebrativa che nel corso degli anni anziché valorizzare ha finito per depotenziare la rappresentazione della lotta partigiana. Tuttavia quelle parole ritrovano tutto il loro profondo significato storico, politico e civile (quello cioè inteso da Calamandrei) ogni volta che vengono associate alla biografia di una donna o di un uomo della Resistenza, mostrando il loro vero valore e significato: quello della comprensione. “Di questi tempi non c’è giorno che l’Anpi e la mia persona non siano attaccate da qualcuno”, dice il presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo.

“Sostengono che si va divisi al 25 aprile in particolare per quello che ho detto lo scorso 15 aprile, quando ho affermato testualmente “Oggi rilanciamo la nostra proposta di dialogo e di unità. Sappiamo bene che la guerra tra i tanti disastri divide. Noi vogliamo contrastare questa deriva, pur nelle opinioni diverse, perché sono convinto che in ultima analisi l’obiettivo comune è quello della pace”, e ho aggiunto “Da ciò l’urgenza di un rafforzamento dell’unità di tutte le forze di pace del nostro Paese e del dialogo fra tutte le forze antifasciste per abbassare la tensione e ricercare la via del negoziato. La diversità di opinioni su singoli punti non deve impedire questo dialogo e la ricerca dell’unità a cominciare dalle più grandi forze democratiche presenti nel governo”.

Ecco la tecnica: far dire al bersaglio della polemica esattamente il contrario di quello che ha detto. Ha parlato di unità, e scopre che le sue parole sono di divisione.

Poi Pagliarulo alla vigilia della giornata di oggi 25 aprile parla a Bari e dice: “Tutto è nato dall’invasione russa, moralmente e giuridicamente da condannare e condannata, senza se e senza ma, a cui hanno fatto e stanno facendo seguito uno scempio di umanità e di vita del popolo ucraino e una legittima resistenza armata. Oggi il punto è: come arrivare a una pace vera” (fonte ANSA). Cioè quello che in sostanza aveva sempre detto e i giornaloni titolano però a tutta pagina: l’ANPI fa marcia indietro.

Poveri noi. Miserie del nostro tempo e buon 25 aprile a tutti.

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