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Il baciamani al boss Giuseppe Giorgi

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ABBIAMO bisogno ancora di simboli e di immagini, di episodi in qualche modo emblematici per prendere coscienza che esiste la ’ndrangheta e che la Calabria ne è soffocata?

ABBIAMO bisogno ancora di simboli e di immagini, di episodi in qualche modo emblematici per prendere coscienza che esiste la ’ndrangheta e che la Calabria ne è soffocata, molto di più di quanto non lo siano tutti i territori, in Italia e nel mondo, in cui – investigatori ed esperti ci insegnano – la ‘ndrangheta gestisce grandi business, dai profitti infinitamente più rilevanti di quelli che potrebbe ricavare nella sola, povera terra d’origine?

Il video che documenta l’uscita di Giuseppe Giorgi, da casa sua, a San Luca, dove era stato scovato qualche ora prima dai carabinieri dopo quasi un quarto di secolo di latitanza, con i saluti affettuosi di alcuni parenti/vicini che nel caso di uno di loro si sono sostanziati in un bacio alla mano del boss, ha scatenato il putiferio mediatico.

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Tra qualche giorno, quando quel fotogramma avrà esaurito il suo potenziale televisivo, o se si dovesse venire a sapere che l’autore del baciamano è un parente di Giorgi e che quel bacio, visto che tra i due c’era un muretto e una siepe, solo alla mano avrebbe potuto darlo per un gesto di familiare affetto, le domande di oggi, al netto di polemiche e clamore per quell’immagine alla quale è stata attribuita una forte carica simbolica che, in alcuni casi con molta superficialità, coinvolge i calabresi tutti, resterebbero le medesime.

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Spenta la Tv, cambiata pagina web, dimenticate le critiche di massa e le difese d’ufficio dei calabresi, cose che lasciano tutte il tempo che trovano, rimarranno valide e attuali alcune considerazioni. Intanto, fa un certo effetto che una persona (in questo caso Giorgi) sia stata arrestata dopo 23 anni di ricerche vane, a casa sua. Questo, e non c’è certo bisogno di simboli, vuol dire che ha goduto per chissà quanto tempo di complicità diffuse e di silenzi. “San Luca non è solo quella dei baciamano”, ha scritto la Cgil facendo riferimento a iniziative recenti sulla legalità con i giovani. Infatti è così: San Luca e la Calabria non sono solo ‘ndrangheta (i baciamano per il momento lasciamoli da parte), ma sono anche quello. Ed è giusto invocare una rivoluzione culturale per poter sperare di intaccare condizioni di assoggettamento, connivenze, indifferenza della gente verso capi e affiliati alle ‘ndrine. Giustissimo.

Accanto a questa, però, la politica e lo Stato facciano meglio la loro parte. A San Luca il Comune è commissariato. Quante volte, da queste parti, non si sono presentati candidati per fare il sindaco? Troppe. La politica lasci stare gli spot e in silenzio faccia la sua. Lo Stato? Non si può certo liquidare la pratica dicendo che lo Stato c’è perché i carabinieri sono riusciti a prendere uno dei cinque superlatitanti ritenuti più pericolosi. E questo, ovviamente, non per sminuire il loro lavoro, ma semplicemente perché se da sole le forze dell’ordine e la magistratura fossero considerate “lo Stato”, allora significherebbe che c’è qualcosa che in Italia non va. Le polemiche non hanno risparmiato gli investigatori perché il latitante catturato è stato portato via senza le manette ai polsi. Avranno avuto le loro ragioni e comunque lo hanno fatto in condizioni di sicurezza. Hanno esternato gioia dopo l’arresto?

Hanno fatto bene e chi è dalla parte dello Stato ne ha pienamente condiviso il senso, perché se uno si sottrae per venti anni e passa alla giustizia ha davvero ben poco – persino al di là dei reati gravissimi che gli vengono attribuiti – per essere civilmente rispettato. Lo Stato, quello più complessivo. Ma non è una vergogna lasciare interi territori letteralmente abbandonati? Ma non è una vergogna scoprire – e qui San Luca e men che meno i baciamano non c’entrano – come ha fatto di recente la Procura antimafia di Catanzaro che la ‘ndrangheta pare si fosse impossessata della gestione di uno dei più grandi centri migranti d’Europa? E lo Stato? Secondo le ipotesi, in buona sostanza, ha foraggiato le cosche. E in quel caso di che simboli c’era bisogno? Hanno arrestato anche un prete e magari nessuno degli indagati usa la coppola. La metastasi mafiosa che soffoca questa regione è avanzata ed è evidente che si nutre qui di complicità, connivenze, rapporti di reciproci benefici con pezzi della società, ma anche di difficoltà di fasce di popolazione indebolite da condizioni di colpevole abbandono.

La debolezza socio-economica difficilmente può essere una giustificazione a scelte di campo sbagliate, ma di fatto c’è anche questo. Lo sviluppo e il lavoro, è vero, forse aiuterebbero quella svolta culturale in chi, anche senza mai baciare mani, contribuisce più o meno volontariamente a far ingrassare i delinquenti a scapito di chi delinquente non è. C’è in quel video un’immagine che è passata un po’ in secondo piano, ma che fa venire i brividi molto più di quello che tira la mano di Giorgi per baciarla. Sono quei pacchetti di banconote (150mila euro e passa) trovate nell’intercapedine in cui il superlatitante viveva in casa sua. A San Luca. Ma poteva accadere in un qualsiasi altro paese disperato di una Calabria che continuerà a soffrire anche quando il frame del baciamano si sarà dissolto.

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